mercoledì 4 luglio 2007

Viaggio ad Atene (giorno terzo)

Lunedì 31 maggio 2004



Ore 8,00. Sibilla e Patty aprono gli occhi sonnolenti e trovano la loro compagna di stanza in febbricitante attività già da un'ora e mezza.
"Ma tu, dormire, mai?"
"Che volete farci, sono un po' emozionata. Ho compilato qualche pagina del nostro diario di viaggio. Siete pronte per la colazione?"
COME NO?!

Ore 9,00. Si ripete come su un nastro la scena dell'assalto al buffet. In pochi istanti il loro tavolo intonso si riempie di piatti ricolmi di fette di pane, focacce, marmellate di tutti i colori e come per magia compaiono coppette traboccanti yogurt, latte coi cereali. Un'orgia di gusto alla quale si abbandonano i tre bidoni ambulanti.
"Assaggia un biscottino!"
"Che buoni questi Corn Flakes.."
SLURP, SCROK, SCRIK, e di nuovo la loro trincea bellica si svuota magicamente di tutte quelle meraviglie che vanno ora ad intasare ora il loro stomaco delicato. Patty non si smentisce e, sotto lo sguardo schifato delle altre, si alza con aria solenne e si dirige verso il tavolo dei panini che, dopo il suo passaggio, sembra stato assaltato da Attila in persona.
Ma presto anche Sibilla e Tania si alzano per rifornirsi. Sì, perché si prospetta il problema del pranzo, abilmente risolto sul nascere da Sibilla che propone di sottrarre illecitamente dal buffet dei panini imbottiti con prosciutto e formaggio. E così, detto e fatto, mentre Sibilla tenta inutilmente l'assalto al WC, le altre si armano di coraggio e, preparati due panini, li nascondono abilmente e tornano in camera.

Ore 10,33. Partenza per Micene. Il problema che si presenta immediatamente riguarda la direzione da prendere per raggiungere l'Istmo di Corinto.

Ore 11,03. Finalmente riescono ad uscire dalla città.
BRRAVISSSIME!
Il tragitto è per lo più in collina, per usare un eufemismo, e a tratti scende vertiginosamente a toccare le rive del mare. Ed proprio presso l'antico porto di Kegchras (Kenchiras) che la vettura sterza bruscamente a sinistra per lanciarsi, apparentemente priva di controllo, nel parcheggio della spiaggetta.
“Porca vacca! Quel sedile orrendo è scomodissimo, c’ho un mal di schiena!” Prima di Pat, spuntano i suoi gentili insulti rivolti al sedile posteriore.”
“Hei, signorina!” La richiama Tania “Sibilla sta riprendendo la scena con la telecamera!”
“Embeh?”
Manco avessero mai visto il mare in vita loro, le povere, in stato di esaltazione, saltellano con i piedi in ammollo nell'acqua del mar Egeo.


Sempre incline a pensieri cupi, Pat mette le amiche al corrente delle sue preoccupazioni. “Stavo pensando... e se ci fossero le siringhe dei droghini, qui sotto la sabbia? Perché io sprofondo in una maniera incredibile…”
“Già, perché i droghini sono venuti qui stamattina sapendo che saremmo passate di qua e hanno piantato le siringhe con la punta rivolta verso l’alto. Brava! Pensavo di essere pessimista, io che penso sempre a cosa potrebbe nascondersi sotto la sabbia, ma tu mi batti di brutto!!” La prende bonariamente in giro Sibilla.
Ma il richiamo delle chiare fresche e dolci acque è più forte della paura e, trovato un sasso affiorante, Patty ci si incolla su a mo’ di pattella.
"Yuhu! Io rimango qui mentre andate a Micene." Patty la butta lì tentando di sottrarsi alla penosa visita della città preistorica.
Ma Sibilla colpisce ancora.
"Mi scappa la pipì.."
DI NUOVO?
"Facciamola lì, dietro a quella casupola diroccata di dubbio gusto." Propone Tania.
"Sì, il fico ci proteggerà da sguardi indiscreti dalla strada. Dal mare non credo arriverà nessuno." Sibilla è d'accordo. "Ecco qua, un velo di fazzoletto di carta a testa. E fatene buon uso!"
Così, prima Sibilla e poi Tania, si accucciano col sedere rivolto verso il fico. Per ultima, arriva Patty, riuscita a staccarsi dal sasso su cui si era seduta in meditazione. Le altre si allontanano per lasciarle la privacy necessaria per l'operazione, ma con la coda dell'occhio vedono spuntare un culo bianco da dietro il muro della casetta.
"Tania, ma Patty sta facendo la pipì nel verso sbagliato!"
"PAATTY! Non con il culo rivolto al mare, ché se passa qualcuno.."
"Ma chi vuoi che nuoti, in questa stagione?" Grida una vocina da dentro il fico.
In quel preciso istante, mentre il sedere di Patty ammira la distesa celeste del mare, due natanti solitari ammirano il candido sedere chiedendosi che razza di bestia possa essere.
"Dai, allontaniamoci, ne abbiamo fatta una delle nostre!" Commenta la sventurata padrona del culo curioso.
"Beh, se proprio volete che ve ne metta al corrente, abbiamo appena lasciato i nostri scarichi personali nell'antico porto greco Kegchras (Kenchiras) del V secolo a.C.!" Annuncia gaiamente Tania, dopo aver letto il cartello informativo. “Dai, andiamo a farci curare dal dio Asclepio, che ne abbiamo bisogno. Speriamo abbia su di noi un effetto migliore di quello che Lourdes ha avuto su Sibilla!”
Ripartono per fermarsi, poco dopo, in uno strano luogo. In mezzo al nulla più assoluto trovano una stazione di servizio.. anzi, le stazioni sono due, una di fronte all'altra.
"Ma se di qua non passa nessuno?" è il loro commento.
In realtà, il loro intento è di rifornirsi d'acqua fresca, ed escono dal bugigattolo armate di 6 bottiglie d'acqua. Il venditore, in siesta con la sua famigliola, le osserva assonnato riempire le bozze con una strana polverina gialla e poi shakerare il tutto affinché, come suggerisce genialmente Tania, le bolle d'aria cozzino contro gli gnocchi di polvere formatisi all'interno delle bottiglie. Uno spettacolo assai singolare.. Ma andiamo oltre!

Ore 12.12. La strada da percorrere verso Micene è diritta e lineare e, grazie alla guida di Tania che, ormai l'hanno capito anche gli ateniesi, è completamente priva di senso dell'orientamento, raggiungono in sole due ore il sito di Epidauro, ubicato in aperta montagna.
Lungo il tragitto Sibilla si chiede ingenuamente: "Come facevano i malati, secondo voi, a raggiungere indenni il santuario che doveva dargli la guarigione, se erano ridotti male? Morivano per strada? Secondo me, chi sopravviveva al viaggio doveva guarire per forza!"

Ore 12.56. Beh, ragazze, da qualche parte siamo pur arrivate, no? Che importa se si tratta di Micene o Epidauro? Tanto qui dovevamo pur farci un salto, data l'importanza del luogo!"
Accampatesi sotto un albero, sgranocchiano i loro biscotti Digestiv e i panini rubati e si apprestano all'ormai famigerata scena delle tessere universitarie. Ma il dio Asclepio, il protettore di Epidauro e il curatore dei malati provenienti da ogni dove, decide di guardare in giù e di evitare loro un'altra figura da chiodi.
All'entrata del sito biancheggia un foglio di carta scritto in greco che dice più o meno così: Il 31 maggio l'entrata è libera.
"Ma che fortuna abbiamo? (Grazie, dio Asclepio!)" Tania, munita di telecamera e fotocamera entrambe accese e pronte all'uso -bisogna vedere però come farà a svolgere le due funzioni in contemporanea-, si fionda senza esitare seguendo le insegne come un'ape incazzata insegue l'incauto passante. Pochi gradini portano dalla viuzza tortuosa alla meraviglia delle meraviglie: il teatro di Epidauro! Trattasi di un'opera unica nel suo genere per l'inspiegabile perfezione acustica di cui è dotato. Nessun teatro, dopo questo, ha mai raggiunto un'acustica così perfetta. Lo stato di conservazione è stupefacente, il chiacchiericcio dei visitatori seduti sulle gradinate rimbomba creando un effetto indescrivibile.
Tania e Sibilla salgono le gradinate mentre Patty, al centro dell'enorme costruzione, lascia cadere a terra una moneta per verificare la veridicità dell'affermazione che "lasciando cadere una moneta al centro esatto del teatro, il suono del metallo verrà udito in modo chiaro anche dagli spettatori seduti nella fila più alta di tutte". Ed è proprio così! La moneta rimbalza e Tania e sibilla si scambiano uno sguardo stupito. Dalla base sabbiosa del teatro Patty comunica con le altre senza dover alzare la voce: loro la sentono benissimo. Qualche scatto qui e lì, una bella ripresa dalle gradinate ("Oh, si è schiavellato un bimbo!") e le nostre amiche lasciano questo luogo meraviglioso per raggiungere la loro seconda meta: Micene.

Ore 14,21. Lasciata l’antica Epidauro, la puff-mobile si dirige ad ovest lungo la statale che porta a Nauplia. La rocca arcaica della città si trova appollaiata sulla cima di un monte come una fortezza inespugnabile. L’importante sito successivo è la città di Tirinto. Coeva a Micene, fu anticamente fondata e popolata dal popolo degli Achei. Una foto è d’obbligo e, lasciate le compagne a bordo del folle veicolo, Sibilla si arma di fotocamera e telecamera per fissare il fortuito incontro.
“La prossima città sul nostro tragitto è Argo.” Annuncia Sibi entrata in pieno nel suo ruolo di navigatore. E infatti, sulla cima di un monte elevato si erige la città fortezza di Argo, anch’essa di età micenea. Nonostante i chiari cartelli indicanti la direzione esatta, ciè Corinto, Tania sbaglia clamorosamente strada ed in breve si ritrovano a vagare per vicoli strettissimi ed occlusi da veicoli parcheggiati in modo obbrobrioso. Patty, cui non sfugge nulla, nota una vetrina nella quale una sfilza interminabile di magliette fa sfoggio di sé e del proprio bigliettino del prezzo su cui spicca l’incredibbbile scritta: 2 Euro.
“Accosta! Accosta!” Grida Pat in preda alla febbre dello shopping –morbo questo, si sa, che colpisce le fanciulle in età compresa tra i 6 ed i 90 anni togliendo loro ogni capacità di autocontrollo davanti ad una vetrina- e Tania è costretta ad un atterraggio di fortuna nel primo vicolo accessibile. Ma, ahimè, il luogo infausto è più intricato del labirinto dove visse il mitico Minotauro e, parcheggiata la vettura, le tre temerarie si aggirano invano alla ricerca del negozio fantasma.
“Comunque, mi sa proprio che qui è tutto chiuso!” Non c’è infatti segno alcuno di vita umana, l’unico argivo solitario da loro incrociato risponde con un grugnito sospetto alla domanda di Sibilla “Do you speak English?”
“Torniamo alla macchina, và, prima che ci perdiamo e ci tocchi chiamare il soccorso stradale!”
Così risalgono sulla sfig-mobile e ripartono sgommando per infilarsi nell’ennesimo angusto vicolo. Già da lungi si scorge la trasversale, l’hanno quasi raggiunta, ma… una macchina con a bordo dei simpatici argivi svolta nel vicolo avvicinandosi a sostenuta velocità al veicolo blu. Si trovano muso contro muso. Tania non cede.
“Ma cosa vogliono? Non ci passiamo tutti due contemporaneamente! Spostatevi!”
“Tà, hai imboccato un vicolo a senso unico..” comincia Patty.
“Embeh? Lo so ben! Dillo alle tre macchine che abbiamo di fronte!”
“Sì” Continua paziente Pat “Ma l’hai imboccato nel verso sbagliato!”
“Oodddio!! Che faccio ora? Vado avanti? Vado indietro? Ci si passa con gli specchietti? Che hanno da ridere quei tipi al bar?”
In sole 34 manovre riesce ad uscire dal vicolo cieco in cui si è infilata, sotto lo sguardo divertito dell’intera gioventù argiva cazzeggiante nell’unico bar aperto della cittadina.
“Speriamo non ci succeda altro!” Commenta esausta Sibilla “Io sto in ansia con ‘sta storia degli specchietti e delle ruote non assicurati. Speriamo davvero di riportare la macchina intera! A proposito, l’hai letto il contratto di noleggio che hai firmato? Dice…

“Per me si va nelle città dolenti,
per me si va ne l’etterna sfiga,
per me si va ad atterrir le elleniche genti.

Delle sciagurate muovono il mio povero volante;
e seco mi trascinano su sentieri perigliosi:
Patrizia la trangugiante, Sibilla la scoreggiante,
Tania la rompicoglioni .

Dinnanzi a loro non sopravvivono cose dall’uom create
Neppur i distributori; loro tutto distruggono.
Lasciate ogni speranza voi che le incontrate!”

Queste parole di colore oscuro
Videro scritte sul libretto di circolazione;
ma al momento il senso lor gli è duro.[1]




[1] E’ stata qui inserita una fantasiosa ed adattata citazione dantesca (Inferno, canto III).




“Che simpatico! Parla di noi, sembra una specie di presagio oscuro.”
“Parla anche di distributori.. Chissà che significa?”
“A proposito, ragazze, siamo quasi a corto di benzina. Ci fermiamo qui?”

Ore 15,02. Pochi metri più avanti verdeggia l’insegna di un distributore. Tania ferma la puff-mobile davanti alla pompa e scende al volo indicando all’ellenico benzinaro di fare il pieno. Lui sembra aver capito. Miss sventura si guarda attorno con aria distratta, ma viene immediatamente richiamata dalla voce di Sibilla proveniente dall’interno del veicolo.
“Tania! Ti sta facendo segno di andare un po’ avanti!”
In effetti, il benzina man si sbracciava come un vigile urbano che sta dirigendo il traffico il venerdì pomeriggio. Tania gli lancia un “OK”, sale in macchina, mette in moto intenzionata a spostarla alla pompa successiva, ma viene fermata da urla convulse di terrore provenienti dall’esterno della vettura. Si tratta solo di un attimo. Un breve attimo destinato a sconvolgere in modo irrimediabile l’animo di un poveruomo. Aggrappato al finestrino come fosse l’unico appiglio a salvarlo dal baratro della morte, il disgraziato grida “NO, NO, NOOOO!” Per un attimo le tre pensano che sia imprevedibilmente impazzito. Poi lo guardano meglio e lo spettacolo che si offre al loro sguardo è dei più terrificanti: a giudicare dagli occhi lucidi e sbarrati l’ellenico si vede passare davanti tutta la propria vita –nemmeno troppo breve, finora- e cerca inutilmente di inalare aria vitale; i suoi fluenti capelli ricordano vagamente il manto di un peluches lavato per errore a 90 ° e centrifugato innumerevoli volte; la bocca, storta in modo innaturale in una smorfia di dolore, emette una bavetta poco attraente. Un uomo sull’orlo di una crisi di nervi.
“Ah, c’è ancora la pompa infilata.” Informa rilassata Patty. Poi lo osserva meglio. “Ma cos’ha, sta bene?”
“No, noo!” Continua il poveraccio.
“Eh, ma me l’ha detto lei di andare avanti!” Comincia a scusarsi Tania senza rendersi veramente conto che anche una piccola scintilla poteva essere loro letale. Ed accompagna l’affermazione imitando il gesto compiuto poco prima dal benzinaro.
“EEEH… Perilabo... direwko...” le risponde l’uomo dando segni di lieve ripresa.
“EEEH UN CACCHIO!” S’innervosisce Tania pensando che ora la colpa della scampata esplosione della stazione di servizio verrà attribuita a lei.
Il benzina man, incazzato come un argivo, indica loro il furgone che poco prima era parcheggiato dietro a loro in attesa di rifornirsi.
“Aaaah! Ecco a chi faceva cenno di spostarsi!” Patty la sa veramente lunga.
“Paga che ce ne andiamo, ti prego!” Insiste Sibilla presa da un attacco di ridarella irrefrenabile e completamente riversa su se stessa.
Fanno pochi metri ma devono fermarsi per poter sfogare la crisi di riso isterico. E’ vero, sono tre sciagurate perseguitate dalla nuvoletta di Fantozzi, ma hanno la fortuna di riuscire a sopravvivere e a riderci pure su. Di certo questa vacanza non la scorderanno facilmente! E ora..
…“Micene, arriviamo!”
Non c’è possibilità di scampo per te, oh millenaria città sopravvissuta nel corso dei secoli agli innumerevoli attacchi di crudeli eserciti venuti per distruggerti. Questa volta la prova è terribile ed è improbabile che tu ne esca intatta. Dì addio, possente città, alle tue incrollabili mura ciclopiche, alle tue tombe regali, alla tua fama mondiale. Raccomanda la tua salvezza al cielo.. LORO stanno arrivando!


Ore 15,22. L’impresa di uscire da Argo si rivela più complicata del previsto non essendoci cartelli che indichino la direzione per Micene. Si ritrovano così a girare senza orientamento nei dintorni della città.
“Che strano” Sibilla cerca in tutte le direzioni un’insegna utile “E’ pieno di cartelli con la scritta Corinto, cartelli che evitiamo da stamattina..”
“Ma Corinto non è ad ovest come Micene?” Patty s’illumina improvvisamente.
“Oddio! E’ vero! All’andata dovevamo allontanarci da Corinto in direzione Epidauro, ma al ritorno quella è la direzione giusta da prendere.”
Finalmente escono dal circolo vizioso in cui si sono cacciate ed in breve cominciano ad apparire anche i cartelli indicanti Micene. Lungo la strada ci sono moltissime botteghe di artigiani vasai e le tre compagne di sventura fanno una breve sosta per comprare dei souvenir.
Ad un tratto, davanti a loro, acciambellati su una bassa collina, appaiono loro i resti di Micene. La vista della città fortificata, completamente circondata dalla natura, è emozionante, soprattutto per Tania che aspetta da anni di poterla ammirare. Lo stato di conservazione non è dei migliori, ma si riesce chiaramente a distinguere l’assetto dell’urbanizzazione.
L’entrata, come nel caso di Epidauro, è libera – GRAZIE ANCORA, Dio Asclepio!_ e le tre, armate di taniche di the, zampettano leggiadre in direzione della porta d’accesso.
La Porta dei Leoni dà loro il benvenuto nella città che diede i natali a re Agamennone, fratello di Menelao, partito con la spedizione organizzata dal re di Sparta per riportare a casa la bellissima Elena, innamoratasi del principe troiano Paride. Agamennone trovò la morte proprio a Micene per mano della moglie Clitennestra, e lì fu sepolto con la maschera d’oro che riproduce il suo volto. Varcata la porta, sulla destra si trovano le grandi tombe regali a pianta circolare e, salendo lungo la via principale, si raggiunge la sommità della fortezza.
Lungo il tragitto, le tre sgabinate danno sfoggio della loro limitata maturità sparando cavolate spaventose. Mentre infatti Sibilla si ferma qui e là per marcare il territorio, Tania e Patty si cimentano in discussioni poco edificanti in lingua francese inventando le parole che non conoscono. Sfortunatamente, attorno a loro si aggira una comitiva di francesi, i quali non credono alla loro buona fede e si convincono che le due folli fanciulle li stiano allegramente prendendo per il culo.
“Maintenont nous mangeons les gateux au chocolait ..” Scherza Tania con l’amica.
Ma dietro a lei un giapponese, senza staccare gli occhi dalla pietra che sta ammirando, commenta lapidario “Ce ne dis pas Gateux, mais gateaux!”
“Merci!” cinguetta allegramente Tania, senza rendersi conto che il tale se l’è un po’ presa.
“Tania, posso fare delle fotografie con la tua macchina digitale?” Interviene Sibilla, per cambiare discorso.
“Certo che puoi, anzi, DEVI!”
“Sì, tanto poi quando ti giri te le cancella tutte!” Scherza Patty. Poi torna terribilmente seria. “Facciamo merenda?”
E così, sul cucuzzolo dell’acropoli micenea, si consuma l’empio banchetto a base di biscotti tarocchi tipo Choco Leibniz in preoccupante stato di colamento, e di Digestiv, gli squisiti biscotti di nonna Sibilla. Una fila indiana di francesi –difficile a credersi- passa lì accanto e Sibi, sventolando il cartoccio, gli offre dei gateaux. Fortunatamente i francesi non accettano biscotti sciolti da delle sconosciute.
Tania allora accende la fotocamera per registrare qualche vaccata ispirata dal luogo ameno.
“Allora Sibilla, dove andiamo più tardi, al monte…?”
Sibilla s’impegna a fondo nella pronuncia della collina ateniese. “Aaaandiamo al mooonte..” prende la rincorsa “…Berretto! No… Colibetto!” E si ripete la scena dei giorni precedenti, quando Tania e Patty cercavano inutilmente di insegnarle il nome del monticello. “…Libetto.. no, nemmeno questo è giusto.. ah! Ci sono! Licabetto, ecco come si chiama!” Uno scroscio di applausi rimbomba per il sito. BRRAVISSSIMA!
Dopo una breve tappa al WC delle signore, i tre carrarmati si dirigono al Museo dove, con loro immensa sorpresa, possono ammirare la maschera d’oro funebre di Agamennone, in precedenza conservata al Museo Archeologico di Atene, trovato chiuso il giorno precedente.
“Guardate, è meravigliosa! Vi rendete conto? La maschera di Agamennone..” Tania osserva rapita l’importante reperto preparando la fotocamera.
“Ma è piatta, guarda che orecchie a sventola!” Commenta Patty. “Fufù! Fufù!” E imita il noto comico di Zelig, James Tont.
“Maddai! Và che questo è il ritrovamento più importante, non offenderlo!” Tania è scandalizzata, così decide di erudire l’amica senza criterio. “…se è così piatta è perché, mentre prima aderiva al volto del re, è stata poi aperta dagli archeologi.. perché si sa che… ma… ragazze? Dove siete?”
Le due allieve se la sono squagliata, esasperate dalla noiosa lezione, e l’improvvisata maestra deve recuperarle nelle sale dedicate ai reperti ceramici.

Ore 18,04. “Allora, pronte per ammirare Atene dalla cima del Licabetto? Andiamo!” Tania guida il gruppo verso la macchina. “Patty, mi sacrifico, Sali tu davanti chè stai più comoda.”
“Grazie, amica mia!”
Nemmeno il tempo di abbandonare il parcheggio e Tania già ronfa beatamente sul sedile posteriore lasciando la propria salvezza nelle mani di Sibilla, alla guida, tormentata da micidiali colpi di sonno, e di Patty, armata di cartina, ma poco convinta. Ed infatti le loro menti sconvolte riescono a portarle nuovamente fuori strada.
“Chissà da che parte si andrà per Atene??

Ore 20,07. Giunte in città, si trovano immediatamente invischiate nel traffico allucinante e, distratta da un uomo sulla carrozzella che chiede loro l’elemosina, a momenti Sibilla imbocca una strada contromano.
“C’è uno piegato in due” Tania richiama l’attenzione delle amiche su un povero handicappato che cerca di ottenere qualche soldo dagli automobilisti incolonnati.
“Perché? Mica faceva tanto ridere!” Patty è perplessa.
Oddio!
E ripartono alla ricerca di nuove disgrazie. Pochi metri dopo si ritrovano incolonnate e,
dopo una lunga attesa, finalmente raggiungono il semaforo rosso –il verde dura solo 7 secondi!
“Tania, ci mangiamo l’ultimo biscotto?”
“Magari lo teniamo per dopo, dai!”
Sibilla, voltatasi per passare il pacchetto all’amica seduta dietro, si rigira a guardare la strada e nota un movimento sospetto davanti al cofano.
“Ma..”
Una donna sta pulendo il cofano dell’Opel in attesa che il semaforo torni verde. Sibilla non sa se ridere o iniziare a preoccuparsi.
“Ma che fa? Non mi starà mica rovinando la macchina, vero?”
Ma in pochi istanti, la donna ha passato lo straccetto sul cofano ed è passata alla vettura successiva. Vabbeh!
Le tre sgabinuz ripartono alla ricerca di un punto fermo con il quale orientarsi per poter raggiungere il monte… “Sibilla..?”… “Il monte Licabetto!” Brava! Ormai l’ha imparato perfettamente.
“Bene, amiche, ora vi guiderò fin sul cucuzzolo. Pat, cartina!”
“Eccola, toh!”
“Sibi, pronta per l’ascesa?”
“Yesss!”
“E allora, viaaa!”
E la pazz-mobil parte a razzo saettando tra le vie trafficate della capitale, guidata dalle indicazioni di Tania trincerata sul sedile posteriore e armata di cartina spalancata.
“Scusa, non riesco a vedere nulla di ciò che accade dietro, puoi piegare la cartina che comunque non ti serve tutta aperta?” Nella mente di Sibilla comincia ad insinuarsi il dubbio che l’amica non sia affatto in grado di orientarsi.
“Ok! Se riesco a chiuderla e ad orientarla.. Ecco fatto! Ora percorri per un po’ questa via lunga... ok… e a quel semaforo svolta a sinistra, così. Bene, dovremmo iniziare a salire, ti risulta?”
“In effetti qui inizia la salita. Bene, è la giusta direzione!”
La strada si trasforma in breve in una via tortuosa delimitata su entrambi i lati da macchine parcheggiate in colonna. L’Opel si muove insicura, temendo di perdere per strada uno specchietto, ma sale imperterrita, decisa a raggiungere la cima.
“Ecco, siamo arrivate sulla cima. Ora parcheggia ché cerchiamo il tempio.” Patty si guarda in giro alla ricerca del tempietto.
Sibilla però sembra poco convinta.
“A me sinceramente il Licabetto da lontano sembrava privo di abitazioni, forse dobbiamo salire ancora.”

Ore 20,30. Improvvisamente, prodigio prodigioso, nello scorcio fra due case scorgono una veduta della città di Atene. Sibilla dà un’occhiata distratta al paesaggio e torna a fissare la strada. Ma con uno scatto repentino riporta lo sguardo in direzione dello scorcio e la consapevolezza del terribile errore le crolla addosso come un masso.
“Ma! Cos’è quello laggiù?”
Riesce a mettere ancora in dubbio ciò che si rivela ai suoi occhi increduli. Le altre seguono il suo sguardo incuriosite. Cosa mai potrà esserci di tanto interessante?
“Ragazze, se quello laggiù è il monte Licabetto, noi dove cavolo siamo finite???”

Ore 20,33. L’auto, sconquassata da movimenti convulsi, è ancora ferma nel luogo della raccapricciante scoperta. Le tre occupanti si lasciano andare ad un riso irrefrenabile ripensando alle indicazioni date con sicurezza da Tania.
“Non capisco proprio dove stia l’errore.. Devo aver orientato male la cartina..”
FOSSE SOLO QUESTO IL PROBLEMA!!

Ore 20.35. L’Opel riprende il suo viaggio errabondo zigzagando per i vicoli pericolosamente ripidi ed evitando accuratamente gli specchietti altrui. Quando si trovano in fondo alla discesa, Sibilla è in un bagno di sudore e, rivolta ad una bimba che sta attraversando la strada, sventolando le mani fa un cenno come per dire “Miiiiiiii ccche robba!” La bimba fraintende e sorridendo la saluta.
Ah, ‘sti Elleni!

Ore 20.45. Abbandonata l’idea di salire sul monte Licabetto (“Sennò facciamo notte!”), Sibilla s’immette nel traffico, se possibile, ancora più intricato di quello delle 20.00. Nonostante sia la più posata e controllata del gruppo, trovandosi in mezzo ad un siffatto casino, Sibi subisce un drastico crollo del sistema nervoso. Gli occhi le si iniettano di sangue, la bocca si contorce in una smorfia di dolore ed una serie interminabile di parolacce escono in fila indiana come i nanetti di Biancaneve: una attaccata all’altra. Patty cerca invano di calmare l’amica, ma il processo di pazzia, ormai in atto, è irrefrenabile.
“Porca vacca! Ma proprio ora dovevano incastrarsi tutti?” In effetti l’ingorgo sembra un beffardo tetris di pezzi che s’insultano pesantemente uno con l’altro. Ma potrebbe andare peggio…
“Cos’è ‘sta sirena? Nooo! Pure l’ambulanza? Cos’abbiamo fatto di male??? COOOSAAA???”
“Poveretta..”

Ore 21,00. Attaccati con lo scotch i nervi a pezzi di Sibilla e trovato per pura fatalità il cartello indicante il quartiere Plaka dove avevano in precedenza deciso di cenare, le tre sciagurate parcheggiano in un vicolo strettissimo a senso unico –tanto per cambiare- e tirano un sospiro di sollievo.
“Vi giuro che non ce la facevo più, la prossima volta prendiamo la metropolitana perché io mi rifiuto di riimmettermi in quel casino anche se solo per pochi minuti!”
“Dai, dopo guido io, se vuoi. Intanto però cerchiamo di renderci presentabili, sembriamo appena scese da un gommone.” Tania cerca di sollevare il morale dell’amica ormai appiccicato all’asfalto come un adesivo.
Preso il cambio dal bagagliaio, si fondano in macchina e ne escono poco dopo completamente trasformate. Sono spariti i pantaloncini lerci di polvere e sudore e, con i pantaloni della tuta e le scarpe da ginnastica, risultano quasi decenti. Brave!
“T’immagini se passava di qua qualcuno e ci vedeva in macchina in mutande? Che ridere!”
“Patty, mi meraviglio di te! Non eri tu quella pudica?”
Il malumore è già passato ed il richiamo dello stomaco tritatutto di Patty si fa sentire prepotentemente. La capacità contenitiva dello stomachino di Pat rimane tuttora un mistero insondabile. Potrebbe essere paragonato ad un buco nero nell’universo, che attira a sé la materia interstellare per poi assorbirla rapidamente senza lasciare traccia alcuna. Per definizione scientifica “Un buco nero implode, ma non esplode”. In parole povere, tutto ciò che viene “ingurgitato” dal buco nero sparisce e non è possibile vederne gli effetti. Così è anche lo stomaco di Patty: ingurgita quantità impressionanti di materia solida e liquida che però non ricompaiono, come nel caso degli altri comuni mortali, in cuscinetti di grasso, ma.. -puff!- spariscono semplicemente. Boh… Ma torniamo alle nostre eroine!
Il quartiere di Plaka è costellato di taverne e negozietti deliziosi, ed è proprio in uno di questi che s’infila Tania, attratta dalla moltitudine di quadri colorati. In realtà le ragazze stanno cercando delle magliette da portare come Souvenir ai loro cari. La signora Antonia, la proprietaria del negozio, è molto simpatica e disponibile, ed in breve le braccia delle tre amiche si riempiono di magliette con la scritta Greece. Sibilla per prima nota la straordinaria bellezza dei quadri ad olio appesi a decine sui muri del negozio tanto che non c’è un solo spazio bianco in tutti i tre piani. Pile di tele di tutti i colori e dimensioni coprono ogni angolo del negozio. Antonia è una pittrice di estrema bravura e mostra loro con soddisfazione le sue creazioni. Sibilla osserva con interesse gli scorci di mare al tramonto, Patty sbircia tra le tele raffiguranti le onde marine, Tania rimane estasiata di fronte ai dipinti dell’Acropoli. Antonia corre su e giù per le scale per esaudire le loro richieste e compare dopo poco sommersa da tele dai colori sgargianti. La scelta è davvero tra le più ardue, essendo i quadri molto belli ed uno diverso dall’altro, ma dopo mezzora di rovistamento le tre escono dal negozio armate di rotoli contenenti i quadri scelti. Sibilla ha scelto una vista meravigliosa del mare al tramonto sull’isola di Santorini, mentre la scelta di Tania è ricaduta su un dipinto del Partenone; Patty ha invece comprato due spiagge per fare dei regali. Inoltre, come Souvenir personale, portano con sé due regali di Antonia: un ciondolo con l’occhio azzurro simbolo della dea Atena ed un cd di fotografie della Grecia. Al loro commiato Antonia, entrata ormai in intimità con le clienti, le accompagna alla porta del negozio salutandole con calore.



Ore 21,43. Nemmeno il tempo di mettere il piede fuori dal negozio e le tre vengono placcate da un distinto signore che le convince, con parole suadenti, a prendere posto ad un tavolo del suo ristorante. Tania non si lascia trarre in inganno e si informa sul menu.
“Avete il mussaka?”
Il cameriere annuisce prontamente.
“…e il baklavas?”
“Certo, abbiamo anche quello!”
Patty, ancora in cerca della sua salsina greca, si fa coraggio e, tutta soddisfatta per la risposta affermativa ricevuta, si siede giuliva al tavolo all’aperto. Il menu è davvero ricco di ogni prelibatezza, ma la loro scelta è rapida e decisa: Sibi e Tà scelgono il mussaka (pasticcio di carne, patate, melanzane e besciamella) e Patty ordina un piatto di carne condita con la sua famosa salsa introvabile.
“Care signorine…”

Il signore che le ha praticamente obbligate a fermarsi a mangiare si avvicina al loro tavolo sorridendo beato, e si presenta loro parlando di sé. Dimitri, questo è il suo nome, ha 77 anni, è greco di nascita ma ha girato letteralmente il mondo imparando ben 12 lingue ed ottenendo due lauree. Sibi, Pat e Tà guardano ammirate quest’uomo d’altri tempi che racconta loro degli aneddoti divertenti della sua vita e che parla della sua patria col cuore in mano. Ogni tanto le lascia per tornare a sedersi al suo tavolino, ma regolarmente torna da loro con qualche perla di saggezza. Si rendono conto di avere davanti un uomo davvero saggio quando lo sentono recitare con naturalezza, come se non avesse mai fatto altro in tutta la vita, qualche verso tratto dalla Divina Commedia oppure, in greco antico, i motti dei filosofi greci come Socrate e Platone. E’ un momento meraviglioso e magico e, per un momento, a Tania sembra di essere tornata indietro nel tempo, all’epoca della classicità. Dimitri è per lei la possibilità di sentirsi, anche solo per pochi minuti, nella vera Atene del passato.
E’ difficile descrivere le sensazioni provate dalle ragazze di fronte a questo nonno così colmo di sapienza e dolcezza; per chi non l’ha provato è impossibile spiegare che cosa le abbia così profondamente toccate e commosse. Forse, semplicemente, non capita più tanto spesso di ascoltare discorsi che parlino dei veri valori della vita, dell’importanza delle cose apparentemente insignificanti. Quel che è certo è che Dimitri parla come un uomo di altri tempi, avendo fatti suoi i pensieri di uomini così lontani dal nostro modo di vedere la vita.
Mentre le tre cenano ascoltando i racconti di Dimitri, passa di là Antonia che, chiuso il negozio, torna finalmente a casa, e lascia loro in dono tre rose.
“Ma può un fiore sollevare un altro fiore?” Chiede Dimitri alla donna.
Ah, che romantici questi Elleni!

Ore 23,36. Durante il tragitto verso l’hotel, chiusa la parentesi Dimitri, le tre menti geniali tornano freneticamente ad elaborare discorsi senza senso e a cercare febbrilmente di ritrovare, dopo la rotonda, la giusta via.
“Allora, sappiamo ormai che non è la prima, bensì la seconda stradina!” Sibilla fa mente locale, o almeno ci prova.
Nonostante conoscano lo stradario come le loro tasche, anzi meglio, riescono a svoltare nella via sbagliata e si trovano nuovamente a percorrere l’odiata Odos Acileos ( Via Achileos). Sibi a questo punto si spazientisce.
“Ma io dico: sabato sera abbiamo girato a vuoto per ore senza trovare la strada giusta, ieri sera, se vogliamo, è andata ancora peggio perché avremmo dovuto conoscere la strada, ma stasera stiamo superando ogni limite!”
Poi guarda le altre due e scoppia a ridere. Sorridi che la vita ti sorride!

Ore 24,00. EVVIVA!
“Miticche! Stavolta ci abbiamo messo solo mezzora! Ma quanto brave siamo?” Patty si esalta per la riuscita operazione di ritorno a “casa”. Nessuna di loro, infatti, avrebbe messo la mano sul fuoco pensando ad un rientro senza traumi.
“Oh, finalmente un bel sonno ristoratore!” Pat si getta sul letto con un triplo carpiato ed affonda nel cuscino perdendo istantaneamente i sensi.
“Beata lei!” S’incupisce la povera Sibilla. “Io devo assolutamente trovare un bagno DESERTO ED INUTILIZZATO dove potermi ambientare…”
“Vai e torna vincitrice!” Tania la saluta poco convinta della riuscita dell’ormai battezzata mission impossible.
La povera Caccofora (dal greco Caccos/kakkos = cacca, Fore/forh = portatrice) torna dopo mezzora, affranta e con il carico intatto.
“Ma perché? Io ce l’ho messa tutta! Ho finto anche di essere a casa mia, per trovare la giusta ispirazione! Mi dicevo: ecco, lì c’è il mio affezionato bidè, laggiù la mia cara lavatrice.. ma, nulla!”
E Tania, imperterrita. “Domani andrà meglio, non te la riporterai mica a Bolzano!”
BUONANOTTE, sciagurate fanciulle!

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