mercoledì 4 luglio 2007

Viaggio ad Atene (giorno quarto)

Martedì 1 giugno 2004


Ore 8,00. BI-BIP BI-BIP!!
“Ohhhh! Meno male che alle 5 di stamattina mi sono impasticcata per bene! Finalmente sono riuscita a dormire fino al suono della sveglia!” Tania è già pimpante e salta giù dal letto come un grillo.
“Noo, è già ora di alzarsi?” Pat, come ogni mattina, si gira dall’altra. Necessita di almeno 10 minuti di tempo per smaltire lo shok del risveglio.
“Alzatevi, miei prodi! Oggi, vedrete, riusciremo a partire in orario ,alle 10 in punto!” Tania non vuole sentir ragioni.
Sibilla, rassegnata, inizia con impegno il mattutino spalmamento di anticellulite e, per convincere Patty, le offre un po’ della sua crema. Il ghiro abbuffino si sveglia dal letargo e, con un occhio chiuso e l’altro gonfio di sonno, cerca di non spalmarsi la crema nei capelli. Ma…
“Oddio!” Urla all’improvviso Pat in preda al terrore. “Ho un’enorme macchia rossa sulla gamba, proprio lì dove ho spalmato la crema!”
“Ma va là!” La prende in giro Tania.
“Sì, ve lo giuro! Ho la gamba in surriscaldamento..”
“Cavolo, è vero, ma a me non è successo.” Sibilla confronta la sua pelle con quella di Pat. “Speriamo che non ti vada in autocombustione!”
“Eh, ridete pure, voi, tanto sono io che sembro un’enorme fragola!” Pat sembra risentita, ma le altre non la prendono troppo sul serio.

Ore 9,00. Al buffet, dopo la consueta corsa all’accaparramento del cibo –solite scene da morte di fame- si svolge l’operazione ruba il panino senza farti vedere. Sibilla, fallito ogni precedente tentativo di svuotamento della panciotta (“Sembro incinta di cinque mesi!”), si reca sconsolata al bagno degli handicappati, mentre le altre svuotano i vassoi di prosciutti e formaggi per farcire i panini. Ma la cameriera, sempre in agguato, le vede e le fulmina!

Ore 10,30. Partenza! Tania alla guida, Sibilla nel ruolo di navigatore, Patty, sul sedile posteriore, nel ruolo di lamentatrice.
“Certo che ‘sto sedile è di una scomodità!”
“Tieni duro Pat!” La incoraggia l’ottimista Tania. “Il tragitto Atene-Delfi è più breve di quello Atene-Epidauro.”
“Ma prendiamo la superstrada?” Sibilla, cartina alla mano, sta valutando il tragitto più veloce.
“Ma no, ci porta troppo a nord! Io direi di prendere la statale che, in linea quasi retta, collega Atene con Delfi, passando per Tebe. Come chilometraggio, secondo me è lo stesso. In due orette saremo lì, vedrai!”
Sibilla non è troppo convinta dalle parole di Tania. “Sarà…”
Meglio farsi venire qualche sano dubbio!!

Ore 11,00. Dopo soli 30 minuti, a regime di traffico normale, riescono finalmente ad uscire dalla città.
“Beh dai! Vorrà dire che saremo lì per l’una!” Nonostante le numerose esperienze negative degli ultimi giorni, l’ottimismo a bordo della sfig-mobile non viene meno.
Ma il viaggio si rivela tutt’altro che rapido e agevole, infatti…
“Dalla cartina non si nota che l’Attica è montuosa!” Tania si stupisce del continuo salire della strada che s’inerpica tortuosa sulla cima di alti monti.
“Secondo te, perché avrebbero costruito una superstrada, altrimenti?” Sibilla comincia a rendersi conto.
“Vabbeh, dai, almeno ci facciamo un giro sui monti greci!” Cerca di salvarsi Tania.
“Sì, ma non ci stai mica tu su questo sedile terrificante!” Rincara Pat imbestialita.
Il viaggio continua in salita, la strada non accenna a smettere di attorcigliarsi in modo innaturale su se stessa, tanto che alle tre sembra di girare sempre in tondo. Ma, dietro una curva, spunta una casa.
“Oh!” Patty si accende di entusiasmo. “Che bella villetta! Ma… ci vedo male o si sta muovendo?”
Ed infatti la casupola, come il guscio di una lumaca –anche la velocità di spostamento ricorda in effetti quella del viscido esserino cornuto- si sposta seguendo la linea zigzagante della strada. La lentezza esasperante di movimento del piccolo condominio diventa motivo di ridarella per le tre entusiaste della vita, che estraggono la videocamera per riprendere la scenetta comica. Patty fa una ripresa con tanto di commento divertito, senza però premere il pulsante di registrazione, tanto che dell’avvenimento non rimane alcuna traccia. Comunque, ignare della mancata registrazione, le tre continuano a sghignazzare e a farsi burla della casa ambulante.
“Sai che ridere se si capotta in curva? Gli tocca lasciarla qui, chi la tira più sù? Ah ah ah!”
Ma, si sa, un bel gioco dura poco, e dopo qualche minuto…
“Scusi, signora casetta, lei è molto simpatica, ma lo sarebbe di più se si spostasse e ci lasciasse continuare il nostro già lungo viaggio ad una velocità superiore a quella che stiamo percorrendo ora (25 km/h). Sennò a Delfi ci avviviamo quest’inverno!”
Niente!
1 km dopo…
“Ma non vede che siamo qui dietro?” Tà ha smesso di ridere e si sta incazzando. “Allora, porca vacca?”
Anche Pat, sul sedile anteriore vicino all’imbestialita conducente, s’impegna negli insulti rivolti alla casetta che, poco prima, le faceva tanto ridere.
Dopo 10 km di incazzatura allo stato puro, durante la percorrenza dei quali Tania, Pat e Sibilla hanno chiamato a raccolta tutti gli dèi dell’Olimpo, finalmente l’ingombrante veicolo si sposta e le lascia passare.
“Ci arriveremo a Delfi?” Si chiedono comprensibilmente.

Ore 12,50. Percorsi numerosi chilometri all’esasperante velocità di un bradipo con la narcolessia, giungono in vista di un paesino mooolto simpatico. Sibilla, caduta in coma subito dopo il sorpasso della casa vagante, si sveglia e si fa sentire immediatamente.
“Quando puoi, fermati che devo fare la pipì!”
“Ah, già, dimenticavo l’incontinente! Appena usciamo dal paese mi fermo e cerchiamo un posto, tieni duro!” In effetti, il discorso suona un po’ paradossale. Di solito si cerca un luogo abitato per usufruire del bagno di qualche bar, non si cerca a tutti i costi di scampare i centri urbani. Ma loro tre no! Loro sono diverse! La loro parola d’ordine è W la natura, la loro missione: marcare il territorio in modo indelebile. E così, qualche centinaia di metri dopo il villaggio, accostano sul ciglio della strada.

Ore 12,53. Sibi si lancia fuori dalla vettura armata di fazzoletti di carta e tenta di introdursi a fatica nella giungla di arbusti e canne di bambù che incornicia la strada. Ne esce poco dopo, a mo’ di figlia dei fiori, adorna di fogliame di diversa fattezza che le si è infilato dappertutto.
“Di là non si passa.” Annuncia alle altre.
“Però il verde ti dona...” Osservano beffarde le amiche.
“Ho un’idea!” La lampadina nel cervello di Tania si accende psicadelica. “Sapete che facciamo? Apriamo le portiere della macchina dal lato passeggero e facciamo la pipì protette da sguardi indiscreti, tra le due sbardelle parallele. MA QUANTE NE SO?”
L’idea sembra buona e Patty la mette subito in atto.
“Mi sembra di farla in macchina, col culo rivolto verso l’interno!”
Poi tocca a Sibilla che, palesemente impedita dalla scomoda posizione, rischia di farsela sui piedi.
“No, io cerco un albero e mi ci metto dietro. Vado un po’ in su, voi seguitemi tra qualche minuto.” E si avvia lungo il ciglio della strada accompagnata dallo strombazzamento degli automobilisti di passaggio.
Tania riesce nell’impresa meglio dell’amica e, nell’attesa, cerca il panino nello zaino.
“Strano, dovrebbe esserci..” Poi s’illumina. “NO! L’ho lasciato in albergo, sul letto! Chissà cosa penseranno le cameriere? Meno male è l’ultimo giorno ,perché secondo me ci vieterebbero la colazione!” E si rassegna a mangiare biscotti al cioccolato. “Che poi sono meglio del panino!” W l’ottimismo!
“Andiamo a raccattare Sibilla? Avrà finito?”
“Sì che avrà finito, Pat, pur considerando il flusso torrenziale che è capace di espellere!”
Salgono in macchina e l’avviano lentamente cercando con lo sguardo l’amica per caricarla sul veicolo. Pat si gira in tutte le direzioni cercando di scorgere un segno di movimento.
“Ma dove sarà? Tu la vedi? Io non la ved…oooh!”
Improvvisamente si volta di scatto a guardare diritto davanti a sé. Paralizzata sul sedile, balbetta parole incomprensibile.
“OMM…IODD…IO! L’hai vista? Io l’ho vista benissimo! Oddio.. sì che l’ho vista!”
“Sì, purtroppo l’ho vista pure io.”
Vorrebbero ridere, ma nel contempo la scena che si offre ai loro occhi è surreale. In mezzo ad un uliveto, perfettamente in mezzo a due ulivi distanti fra loro almeno 3 metri, brilla infatti un sedere bianco risplendende di luce solare. Una luna piena. E, attaccata al suddetto culo, Sibilla, in posizione da pipì, si gode l’attimo di intimità con madre natura, ignara dello spettacolo cui assiste chiunque percorra la strada in quell’istante. L’Opel prosegue titubante e parcheggia un po’ più avanti per dare modo a Sibi di portare a termine l’operazione mal riuscita. Le due si guardano allibite.
“Questa poi! Ma l’hai vista? Non mi sembra mica tanto riparata come posizione!”
Patty rimane a bocca aperta cercando di comprendere il perché di tanta scelleratezza.
“Che le sarà saltato in mente? Proprio in mezzo a due ulivi doveva piazzarsi? Oh, si vedeva tutto! Ecco perché tutti strombazzavano selvaggiamente! E’ già tanto che non si siano fermati per incitarla! Andiamo a dirle che siamo qui.”
Escono e si avviano in direzione, ormai in preda al riso irrefrenabile.
“SIBILLA! Ma sei impazzita?” La chiama Patty.
“Certo che sei peggio di me!” Commenta Tania piegata in due dal ridere.
Dal retro della collinetta sabbiosa provengono delle risate strozzate e spunta la scellerata a caccia di ulivi, con un sorriso sornione.
“Quando mi sono accucciata e mi sono resa conto che mi vedevano tutti, ormai era tardi, non potevo più interrompere il flusso…”
“Certo che, se sei in cerca di materiale per il nostro diario ti dico subito che ne abbiamo abbastanza, non ce ne serve altro. Non sforzarti, per favore!” Tania deve ancora riprendersi dallo shock, ma trova la forza per trascinarsi alla macchina, seguita da una sconvolta Patty e da una Sibilla ancora incosciente dell’insano gesto appena compiuto.

Ore 13,15. Il viaggio riprende normalmente –ma cos’è per queste tre la normalità?- all’insegna delle risate. La vettura rimbomba di aneddoti raccontati dalle protagoniste di un viaggio fuori dall’ordinario durante il quale terrificanti casualità si intrecciano pericolosamente con l’imbranataggine delle giovini fino a creare un mix esplosivo. Per tre quarti d’ora riescono miracolosamente a non combinare danni.

Ore 14,02. Giunta a fatica sulla sommità di un colle che ospita un paesino molto grazioso, l’Opel parcheggia davanti ad una bottega di souvenir e le occupanti scendono per sgranchirsi le gambe. Sono infatti in viaggio da 3 ore e mezza e, a parte l’infausta parentesi degli ulivi, sono rimaste sempre sedute in macchina. Il piccolo borgo è semideserto, ma ciò che attira l’attenzione di Sibilla sono i capi di abbigliamento appesi fuori dai negozi. In questa stagione e per di più in Grecia ci si aspetterebbe di ammirare come minimo delle t-shirt colorate, se non dei costumi da bagno. Invece la merce in vendita è costituita da maglioni di lana -spessi almeno 5 cm- di tipo peruviano e da berretti di pelliccia con tanto di coda del povero animale scuoiato.
“Ma dove cavolo siamo finite?” Pat si guarda intorno spaesata mentre in testa le affiora il dubbio di essere vittima di una candid camera. “In Perù? In Bolivia? Dove?”
“Non mi ero accorta fossimo salite ad una quota tanto elevata!” La conducente è esterrefatta. “Non credo proprio che troverai qui le magliette che cerchi, Pat!”

Ore 14,14. Conclusa la breve visita, si riparte alla volta di Delfi…
“Anche perché sarebbe giusto ora che mettessimo fine a questo viaggio interminabile!”

Ore 14,15. “Siamo arrivate?”
“Pat, abbiamo or ora lasciato il borgo peruviano!”

Ore 14,21. “E ora? Ci siamo?”

Ore 14,34. Finalmente si scorgono da lungi segni di presenza umana.
“Ecco, ora ci siamo!”
“Armiamoci di scorte di liquidi, imberrettiamoci per bene e andiamo!” Sibi è già pronta per l’avventura.
Dopo una breve visita al museo monosala per ammirare il celebre Auriga di Delfi in bronzo le tre si mettono alla ricerca della biglietteria pronte a mettere in atto l’ormai consueto piano Frega lo strappabiglietti. Tania consegna al bigliettaro i documenti universitari che vengono analizzati con minuzia dall’Elleno il quale, infine, le consegna l’ambito biglietto Free Entry. Pat, certa della buona riuscita, consegna la sua tessera scaduta, ma…
“Signorina, la tessera è del 1996, non è un po’ vecchia?”
“Ma quello è l’anno d’iscrizione.” Risponde Patty lasciando in sospeso la possibilità che effettivamente debba ancora concludere gli studi.
“No, mi dispiace, ci vuole un documento più recente. E lei?” Rivolto a Sibilla, tende la mano per ricevere il documento, senz’altro valido, della giovane. Lo gira e lo rimira, poi sbotta infastidito.
“Niente, non validi! Voi paga!”
Vabbè, almeno ci hanno provato.
Così inizia la loro ascesa al santuario. La via Sacra che conduce al tempio di Apollo, dove anticamente la sacerdotessa (Pizia) dava gli oracoli per bocca del dio, è costeggiata da monumenti eretti dagli abitanti delle polis che usufruivano dell’oracolo prima di intraprendere qualsiasi missione. Il tempio, del quale rimangono in piedi solo poche colonne, tra l’altro ricostruite, è maestoso ed in posizione elevata rispetto al resto del santuario. Le ragazze lo aggirano ammirate, fotografando i blocchi di roccia circolari appartenenti alle colonne non ricostruite, posti uno accanto all’altro. All’improvviso Patty scorge un cunicolo fra due cubi di roccia e, non resistendo alla curiosità, v’infila la testa fino alle spalle.
“Cosa fa Patty col didietro per aria?”
All’improvviso la giovincella si alza in piedi con uno scatto e scappa a gambe levate nella direzione opposta.
“Che c’è? Cos’hai visto di così tremendo?” Sibi si spaventa.
“UN’APE! AIUTO!”
“Ma cosa fai? Vieni qui che se n’è andata,dai!”
“Tra poco raggiungeremo il teatro e poi lo stadio, sono proprio curiosa di vederli.”
Lo stadio dove anticamente di svolgevano, ogni 4 anni, i giochi pitici in onore di Apollo, è ubicato nell’area più elevata del santuario. Si tratta di una semplicissima striscia di terra contornata da gradinate fungenti da tribune. Tania si arma immediatamente di videocamera ed esorta le compagne a fare un po’ di spettacolo.
“Dai, fate vedere a cos’era adibito lo stadio. Fate una corsa!”
Sibilla si posiziona sulla linea di partenza commentando la scomodità della posizione.
“Ma come facevano a partire piegati in questo modo? Sai se ti scappava una scoreggia?”
Benissimo!
Patty si mette in posizione accanto a Sibilla e Tania dà il via.
“Tre… due… uno… pum!”
Le due scattano in piedi e iniziano a correre sotto lo sguardo allibito –e anche un po’ divertito- di due visitatori solitari. La scena è davvero simpatica e, non fosse per i loro sghignazzamenti, potrebbero essere scambiate per due velociste di età classica: Sibillide e Pattistra. Ripreso un minimo di controllo di sé, cominciano la discesa lungo la via Sacra per raggiungere l’area di epoca romana. Ma prima, giusto per evitare di dover evacuare proprio sulla tholos, una breve sosta alla toilette è d’obbligo, soprattutto per Sibilla.
“A voi non scappa?”
“No, vai pure, noi facciamo la guardia al tuo zaino.”
Ma Tà ha qualcosa di speciale in serbo per l’amica. A passi felpati, facendo cenno a Patty di tacere, s’intrufola nel gabbiotto dei WC e s’infila, rapida come un gambero pistola e silenziosa come una lumaca muta, nel bagno accanto a quello di Sibilla che, ignara dell’idea folle dell’amica, espleta i suoi bisogni primari. Prima di rilasciare i liquidi, Tania imita perfettamente una serie di scoregge terminando con un fantozziano “Aaaah!” di soddisfazione. Poi fa la pipì e aspetta una reazione che tarda a giungere. Non contenta, ci piazza ancora due-tre finte scoregge –meglio specificare che sono finte- seguite, questa volta, dalla risata strozzata di Sibi che, in un microsecondo, produce pensieri di ogni sorta, tra cui: “Evvai! Una che scoreggia più di me! Quando esco le stringo la mano e mi complimento per l’emissione di gas!” e poi.. ”Ma è Tania! Poverina, quanta aria ha in pancia? E se si è offesa perché sto ridendo? Che faccio?”
Tania, udita la risata, esce di corsa dal bagno e si siede accanto a Patty che, non sapendo nulla, la guarda pensando sia impazzita del tutto.
“Fai finta di nulla e, se fa domande, dille che è stato quel signore lì.” E indica a Pat un signore in età avanzata, barcollante sul suo bastone da passeggio, che si avvicina ai bagni.
“Ma…” Pat non capisce.
“Sssssch! Eccola!”
Uscendo dalla toilette Sibilla trova l’atrio vuoto e a poco a poco comincia a rendersi conto della triste realtà dell’amica scoreggiona. Così decide di fare finta di nulla ma, fuori dai bagni, vedendo le altre sedute tranquille sul muretto intente a fare finta di nulla, scoppia a ridere senza riuscire a spiccicare parola.
“Che c’è?” Tania continua la farsa.
“No, niente…” Sibilla è decisa a non far trapelare nulla dell’accaduto per non ,mettere in imbarazzo l’amica, ma dallo sguardo di Tania e Patty capisce tutto.
“Era uno scherzo??”
Le due annuiscono.
“Maddai! Che ridere! Pensavo davvero avessi un grave problema di gas..”
“Chi, io? Sì, in effetti… ma non in questo momento!”
Raccontandosi a vicenda i diversi punti di osservazione dello scherzo, si dirigono ridacchiando verso l’area di età romana. Dalla strada principale vi si accede scendendo una scalinata di pietra che le tre casiniste trovano intasata da una classe in gita scolastica. Tania si fa strada con poca cortesia tra gli studenti vocianti, mentre Sibilla e Patty aspettano pazientemente che i giovini salgano le scale e nel frattempo ammirano l’ultimo della fila, un bel giovane sorridente.
“Che begli occhi!”
“Anche i capelli non sono male.”
“In effetti ha proprio un viso attraente...”
Il ragazzo è quasi in cima alla gradinata e le due marpione sono pronte ad ammirare il suo fisico atletico.
“Ma ha le gambe a X!”
“E il culone grosso!”
“Era meglio da lontano!”
“Allora, scendete o facciamo notte?” Tania è impaziente di avventurarsi tra le rovine in cerca della tholos, il noto tempietto rotondoLo delfico.
Abbandonata la scolaresca, le tre percorrono il sentiero lungo la palestra e si godono la tranquillità del luogo semideserto. Pat si guarda intorno alla ricerca di qualcosa.
“Scusate, forse mi sbaglio, ma dal santuario si vedevano tre colonne..”
“Abbi pazienza, la tholos sarà più in là, dietro a quella vegetazio…ARGH! COS’E’ QUELLO?”
Un calabrone gigantesco dalla corazza bicolore, terrificante a vedersi, sta infatti inseguendo Tania che, in preda al terrore, fugge a gambe levate urlando come una sirena impazzita. Invece che correre in suo soccorso, le due sventurate compagne di viaggio si danno ad una fuga disordinata. Il luogo ameno, nel quale da millenni la natura conduce un’esistenza pacifica, riecheggia delle grida scomposte delle tre pazze scatenate. Ben presto il calabrone gigante si stufa di inseguirle –ma c’è chi sostiene che in realtà sia rimasto shockato dalla loro reazione inconsulta- e le nostre amiche ritrovano la calma, seppure a stento.
“Oh, era gigantesco, mostruoso e bicolore, giallo e nero! E m’inseguiva!” Tà è ancora palesemente provata dall’avventura.
Sibilla cerca di sminuire la descrizione fatta dall’altra.
“Ma và là, povera bestiolina!”
“Mi sembra di aver visto fuggire anche voi, o sbaglio?”
Nel frattempo, ridendo e sbraitando, giungono davanti alle tre famose colonne della tholos. Invece di ammirare la strana costruzione templare, estraggono la macchina fotografica e si danno a degli scatti artistici a mo’ di Charlie’s Angels… naturalmente con l’ausilio dell’autoscatto! Tania propone alle amiche di fingere di appoggiarsi alle colonne.
“Sibilla, ferma lì! Patty, un po’ più in là… no, troppo… ok! Ferme così… Click! Fantastica!”
Patty si offre di scattare una foto alle altre due e Sibilla prova una posizione convincente. “Quando uno si appoggia, carica il peso su una gamba, così… ok! Sono pronta!”
“Anch’io! Vai Pat, scatta!”
Click!
“Com’è venuta?” Sibi è curiosa.
Patty scuote la testa sconsolata.
“Ma come ti appoggi alle colonne, Tà? Sembra che te la stia facendo addosso!”
“A me sembro perfetta!”
Contenta lei!!!
Mentre Tania fa un giro di ripresa intorno alla tholos, le altre due ne approfittano per… indovinate? No, non la pipì! Prendono un po’ di sole ferme come due statue greche di marmo…anzi no! Come due cavallette!
“Dai che ci avviamo, sono quasi le sei e dobbiamo metterci in marcia. Se ci abbiamo messo 4 ore per arrivare, chissà il viaggio di ritorno cosa ci riserverà…” Tania richiama le altre e si avvia lungo il sentiero.
“Stavolta però guido io e prendiamo l’autostrada!” Si appresta ad aggiungere Sibilla. “Ricordatevi che domani all’alba abbiamo l’aereo, non voglio mica perdermi per strada!”
Chiacchierando, Tà e Sibi non si accorgono che il terzo componente del gruppo è rimasto indietro.
“Paatty!” La chiama Sibilla.
E una vocina flebile risponde.
“Sono qui dietro, arrivo!”
“Che stai facendo?”
“Nulla, sono solo stanchina!”
“Ce la fai a raggiungere la strada, anche trascinandoti?”
“Noooo…”
Tania si mette le mani nei capelli.
“E’ sempre la solita. “ E rivolta all’amica piaghina: “Se ci raggiungi ti do un biscotto.”
Un rantolo risponde al posto dell’amica.
“Capito! E’ grave!”
Pochi istanti dopo spunta un ciuffo biondo seguito subito dopo dalla proprietaria in gravi condizioni. Le occhiaie e la bavetta alla bocca denotano una non trascurabile stanchezza, tanto che le due, alla vista non bella dell’amica, si offrono di andare a prendere la macchina lasciandola agonizzante all’ombra di un pino greco.

Ore 18,02. Tornando a raccattare il relitto umano, a bordo della vettura Sibi commenta gli accadimenti sorridendo al pensiero del megacalabrone, quando nota qualcosa di strano in mezzo alla carreggiata.
“Cosa sarà? Una radice?”
“Boh?”
“Ci passo sopra così vediamo se si rompe…”
La macchina, con un saltello leggero, passa sopra la presunta radice, ma guardando nello specchietto retrovisore Tania si rende conto che si tratta invece di un serpente di grosse dimensioni.
“Mamma mia! E’ un serpente! Si è arrotolato su se stesso ed ora fugge verso la boscaglia.”
“NOOO!! L’ho ucciso in modo macabro! Noooo!” Sibilla si fa venire una crisi simile a quella colpitala alla vista del gattino morto in mezzo alla strada.
“Ma no! Ti dico che non l’hai ucciso! L’hai solo tramortito, shockato! Non può essere morto, se fosse morto non striscerebbe verso il ciglio della strada…”
“Non è verooo! Stai solo cercando di consolarmi-i-iiiii!”
La crisi l’ha colpita in pieno, tanto che Tania è certa che l’esperienza sia stata certamente più piacevole per l’errabondo animale.
“Sibi, ti giuro che l’ho visto tornarsene a casa!”
“Buuu-u-u-u!”
“…a casa dalla sua famiglia!”
“Sigh… sniff!”
“E andrà a raccontare l’avventura appena vissuta ai suoi figli che lo guarderanno ammirati. Ne hai fatto un eroe!”
Nulla..
Pat sale in macchina e si rende immediatamente conto che qualcosa di grave è accaduto alla povera Sibilla.
“Non avrete mica ucciso qualcuno, stavolta?!”
“No! Non dirlo, Pat, ti preg…” Cerca di fermarla Tania, invano.
“Siiiiiiiiii! Ho ucciso un povero serpentello che tornava dai suoi cari!” Ricomincia il lamento.
“Non ascoltarla! E’ successo che, per un errore fatale, è passata con la macchina sopra un serpente credendolo una radice di ciliegio e…”
“Ma Sibilla! Mi meraviglio di te che sei un’insegnante!” Patty sorride beffarda alla disperazione dell’amica. “Non lo sai che i serpenti, quando vedono arrivare una macchina, si gonfiano tutti, così…” E imita con la faccia un pesce palla gonfio come una zampogna. “…per non venire schiacciati? E’ impossibile che tu l’abbia ucciso! E’ come quando fai gli addominali e uno ti tira un pugno, mica senti male!”
Tania si stava quasi lasciando convincere dalla storia del serpente gonfio come una mongolfiera, ma a quest’ultima affermazione di Pat, le sorge un dubbio. Sibilla, abbandonato il pianto isterico, guarda prima una e poi l’altra aspettando un segno di conferma, che non arriva, da parte di Tania, che invece solleva le spalle come per dire “Mai sentita una cosa del genere!”. Se ne sta quasi convincendo quando un sorrisetto di Pat smonta tutto il bel discorso.
“Ma allora è tutto uno scherzo!”
Ormai però il serpente è lontano e Sibilla più serena. E avanti col carro!

Ore 19,56. Al di là di ogni pronostico, in sole due ore percorrono la distanza che, all’andata, era costata ben quattro ore di supplizio, e raggiungono Atene. Grazie Sibilla!
Data l’ora tarda, decidono di fermarsi a mangiare qualcosa nei paraggi. In macchina operano la trasformazione del giorno prima sotto lo sguardo divertito e allupato di un gruppetto di giovani Elleni. In un fast food alla greca, alla modica cifra di 1,50 euro, mangiano con golosità una pita con carne, verdura e patate fritte. La parca cena è delle più squisite, ma Tania non abbandona l’idea di mangiare i tipici dolci greci e decide di darsi il colpo di grazia ingurgitando letteralmente un dolce fatto di vermicelli di zucchero, miele e mandorle. Una bontà!

Ore 22,30. Tornate in albergo, stavolta stranamente senza troppi problemi, si recano alla reception per prendere le chiavi e chiarire dei dubbi che nel frattempo sono affiorati nelle loro menti contorte.
“Scusi, avrei delle domande..” Sibilla si rivolge al custode notturno svegliandolo dal suo pisolino ristoratore. “La prima è la seguente: possiamo lasciare qui le cartoline perché voi le imbuchiate?” Il gentil signore fa cenno di sì e Sibi riprende: “La seconda è: quanti aeroporti ci sono ad Atene? Ce ne sono due, vero?” L’uomo, per tagliare corto, le dice chiaro e tondo che c’è un solo aeroporto e che non possono assolutamente sbagliarsi.
Finalmente in camera, le giovini si concedono una doccia scrostante e rigenerante dopo una lunga giornata trascorsa all’aperto. La loro permanenza ad Atene può dirsi terminata e, con un po’ di tristezza, si apprestano ad andare a dormire.
“Però è stato davvero divertente!” Commenta soddisfatta Sibilla.
“Sì, e devo confessarvi che sono contenta di aver condiviso questo viaggio così importante con voi, ragazze…” Si sbilancia Tania, commossa. “Mi sono divertita moltissimo.”
“Concordiamo!”
“Domani, sveglia alle…?”
“3!”
“Oddio!”

Ore 23,00. “Allora, ci gettiamo tra le braccia di Morfeo?”
NO! Sibilla ha deciso che, ora e immediatamente, deve andare in spedizione... la sua spedizione personale! Buona fortuna! Ma tanto si sa come andrà a finire, poverella… Allora BUONANOTTE!

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