Domenica 30 maggio 2004
Ore 7,19. Dopo un sonno pericolosamente simile al coma irreversibile, Pat, Sibi e Tà aprono spontaneamente gli occhi. Anzi, per essere esatti, Patty non sembra molto d’accordo con la decisione delle compagne di viaggio di iniziare la giornata con un’ora di anticipo rispetto ai piani originari, e si gira dall’altra con un mugugno animalesco. L’insonnia è causata dalla luce che filtra in camera illuminandola a giorno. Le tende sono infatti così sottili da essere trasparenti, e delle tapparelle nemmeno l’ombra.
Tania si arma immediatamente di macchina fotografica ed esce sul balcone per ammirare Atene alla luce del giorno, ansiosa di scoprire come la città si presenti dall’alto. L’Acropoli è sempre lì, con i suoi templi di marmo bianco, meravigliosa. Patty, nel frattempo miracolosamente risorta, la raggiunge all’aperto e decidono di immortalare i loro visi sfatti e quello di Sibilla, per non dimenticare l’inizio della loro avventura ateniese. E chi potrebbe mai scordarsene?
Ore 7,45. “Ragazze, che ne direste di andare a fare colazione?” Propone l’esile Patty che già avverte il richiamo poco musicale della voragine che Zeus le ha messo al posto dello stomaco. Il buffet della colazione è estremamente attraente. Sui lunghi tavoli abbondano leccornie di ogni sorta, e le tre disperate, con gli occhi ancora incollati dal profondo sonno, si fiondano senza ritegno sulle prelibatezze riempiendo piatti come se non avessero mai toccato cibo in vita loro. Lo scandalo si realizza quando Patty, svuotato in tempo record il suo piatto, annuncia candidamente: “Io mi faccio un altro giretto..” E Sibilla non esita a dedicarle il “T’amo pio bove!”.
Quindi, assunta un’espressione compunta e cerimoniosa, inizia un discorso alquanto triste.. “Care amiche, devo assolutamente parlarvi di un mio problema...”
Le altre interrompono l’intensa attività cammellifera di ruminazione e si scambiano un’occhiata preoccupata. “…a causa di una mia condizione psicosomatica, non riesco ad andare di corpo se non sono a casa mia, e soprattutto se condivido il bagno con altre persone. Insomma, m’intaso completamente e nemmeno l’idraulico liquido può nulla!” BENISSIMO!
“Mioddio! E’ terrificante!” Commenta Patty senza però smettere di spalmare chili di burro e marmellata sulla montagna di fette di pane che ha impilato sul piatto.
“Beh, se può esserti d’aiuto e conforto, noi possiamo assentarci per un po’ mentre tu tenti di… scaricarti.” Propone prontamente Tania, inorridita di fronte al gravissimo problema che sta colpendo l’amica.
“Grazie ragazze, allora salgo in camera. Voi raggiungetemi tra venti minuti.”
“Non c’è problema, io rimango qui con l’abbuffina che sicuramente si farà il terzo giro al buffet.”
Mentre Sibilla tenta la Mission impossibile, per ammazzare il tempo Tania e Patty sfoggiano il loro claudicante francese con la coppia seduta al tavolo dietro il loro e si divertono moltissimo ad inventare nuove parole. Ma giunge presto l’ora di soccorrere la loro amica con gravi blocchi intestinali, e rapide e speranzose si dirigono in camera dove la trovano affranta per il fallito tentativo di svuotamento.
“Domani andrà meglio, non te la riporterai mica a Bolzano!” E’ il commento dell’ottimista Pat.

Ore 9,33 Raccolto con il cucchiaino l’umore di Sibi e caricati sulle spalle gli zaini gonfi di biscotti, guide e scartoffie varie, l’insolito gruppetto parte alla volta dell’Acropoli. Percorsa Odos Aqhnas (Via Athinas) in direzione sud fino alle pendici della collina che ospita la zona sacra dell’antica Atene, si trovano casualmente davanti all’agorà romana e alla biblioteca dell’imperatore Adriano. Mentre Tania ammira i resti dell’antico complesso, le altre, piazzatesi in bella vista in mezzo alla strada, si spalmano ovunque litri di crema solare e, belle unte e protette, iniziano la famigerata ascesa all’Acropoli.
“Che figo! Non c’è nessuno! Siamo le uniche visitatrici. Strano però, di domenica, in estate..” Pat si guarda intorno ammirando le vie deserte.
I vicoli del quartiere che abbraccia la collina sono splendidi. S’inerpicano sulle pendici del monticello con le loro taverne che recano cartelli raffiguranti scene divertenti di satiri, personaggi fantastici e dei in atteggiamenti simpodici (“Ma cosa sta facendo Zeus col cervo?”) . Regna un silenzio irreale e, a parte qualche sporadico viandante, il luogo è deserto. Le tre, trovato un negozietto aperto, si fermano per rifornirsi d’acqua, visto che la giornata si preannuncia molto calda, e continuano la loro passeggiata. Ad un tratto, il richiamo della foresta colpisce Sibi…
“Ci fermiamo che devo fare pipì?”
“Ma Sibilla, qui non ci sono bar, né bagni pubblici, solo una fila di macchine parcheggiate.” Tania non vuole credere alle intenzioni dell’amica.
“Ebbeh?! Mi metto dietro a quella macchina lì, mentre voi mi fate da palo e fingete di chiacchierare.”
Il piano non fa una grinza, ma hanno fatto i conti senza l’oste. Mentre Sibilla si accuccia dietro il veicolo coperta da Patty che si guarda attorno poco spontaneamente, giunge infatti da lungi un rumore quasi di… scopa?! Chi sta spazzando la strada?
Ma LO SPAZZINO, naturalmente! L’Elleno, infatti, avanza pulendo svogliatamente la strada e, notando la strana coppia formata da Patty, che guarda il cielo, e Tania, che si scatta delle fotografie da sola sullo sfondo del monte Licabetto, s’insospettisce e si avvicina guardingo.
“Oh no! No, proprio lui doveva arrivare? Perché proprio lui in questa via deserta?”
“Patty, ma chi c’è?” Sibilla è palesemente preoccupata, ma rimane accoccolata dietro la macchina e continua la sua operazione di inondazione della via.
“Stai lì, non muoverti ché di certo se ne va via subito.” Le intima Patty a mo’ di gendarme, visibilmente dubbiosa.
E infatti, l’uomo gira intorno a Tania che lo guarda a bocca aperta, incredula di fronte alla scena che si profila davanti ai suoi occhi e incapace di fare alcunché, aggira anche Patty che nel frattempo è ammutolita, e s’infila tra una macchina e l’altra – CUCU’! - trovandosi di fronte Sibilla che, non credendo alle rassicurazioni di Patty, ha già provveduto a rivestirsi. Le tre fuggono sghignazzando impudicamente e si fermano solo un po’ più avanti per commentare la tremenda figura e ridere a crepapelle della loro immensa deficienza. Se proprio si vuol trovare un lato positivo in tutta la faccenda, almeno si sono trovate!
“Bene ragazze” dichiara Tania armata di telecamera accesa “Avete raccontato l’accaduto che ora rimarrà impresso in modo indelebile su questo nastro. Non avete scampo! E ora andiamo avanti ché, se continuiamo così, si fa notte!” E ripartono, ancora provate dall’avventura subita, ma felici di essere assieme perché certe cose si possono condividere solo con altre donne (anche se lo spazzino è un uomo!).
Strada facendo incontrano altre comitive alla ricerca della via per l’Acropoli, e continuano a fare tremende figure, commentando a voce alta l’abbigliamento altrui per poi scoprire che questi capiscono l’italiano. COMPLIMENTONI!
Ad un tratto, trovandosi di fronte un cancello, viene loro il dubbio di aver preso la via errata, e così chiedono informazioni ad un greco che indica loro di percorrere il sentiero opposto a quello da loro intrapreso. Eh già, la vita è piena di bivi e vicoli ciechi.. per loro, poi, diventa sempre un problema muoversi nella giusta direzione, chissà poi perché!? Insomma, cambiano st
rada e si trovano in un punto elevato dal quale si profila un meraviglioso scorcio dell’Agorà arcaica. In mezzo all’ampio spiazzo verdeggiante troneggia il Tempio di Zeus, perfettamente conservato, attorno al quale si aggirano comitive di turisti. Tania propone di fare delle foto artistiche nelle quali sembri che ognuna tenga in mano il tempietto. E così, sotto lo sguardo attonito e derisorio degli altri visitatori, le tre si fotografano a vicenda con il tempio appoggiato sul palmo della mano. Sibilla, nel ruolo di fotografo, tiene delle pose molto comiche, così la gente si diverte a guardare lei piuttosto che i ruderi plurisecolari. Ah, donne!!
Ore 10.15. Finalmente davanti a loro si materializzano i Propilei (o propoli, come li ha battezzati Sibilla per ricordarsi meglio il nome), l’entrata monumentale all’Acropoli. La scalinata d’accesso è gremita di turisti che formano una macchia variopinta e pittoresca in ascesa verso il noto santuario antico splendente coi suoi marmi bianchi.
Sibilla nota che alla loro destra c’è un cartello che consiglia di fare attenzione ai gradini scivolosi che portano ad un blocco roccioso elevato dal quale si può godere della meravigliosa vista della città dall’alto. Qualcun altro ci penserebbe un po’ su, soppesando i rischi connessi alla salita su quei gradini informi e lucidi che sembrano metallo colato, ma le nostre tre sventurate in cerca di disgrazie non esitano ad arrampicarvisi (nel vero senso della parola) e, non senza difficoltà, giungono in cima alla scalinata e rimangono senza fiato per l’emozione…
Davanti a loro, infatti, la città dai tetti bianchi riflette la luce del sole creando un effetto magico, come fosse un luogo incantato, una città d’altri tempi rimasta immutata nel corso dei secoli a testimonianza che le azioni dell’uomo e la sua storia non possono essere cancellate. Tania sogna.. Le sembra davvero di essere tornata indietro nel tempo, all’epoca in cui Socrate passeggiava per le vie della città seguito dai suoi allievi, o Aristotele pianificava la sua scuola di filosofia pensando con nostalgia ad Alessandro il Macedone impegnato nella conquista del regno di Persia. Le sembra quasi di sentire l’eco di giorni lontani, un’era in cui i dodici dei dell’Olimpo governavano la città e tutta la Grecia ed osservavano gli uomini susseguirsi nel corso dei secoli onorandoli con sacrifici propiziatori. Le sembra un sogno diventato realtà. Perché Atene è davvero un sogno.
Camminare su quelle pietre sconnesse è davvero difficoltoso, ma vogliono vedere tutto il paesaggio che si offre ai loro occhi e scattare delle fotografie per non dimenticare quest’attimo.
“Mettetevi lì, con lo sfondo del Pireo.” Sibilla è lanciatissima con la fotocamera. “Chiudete gli occhi, se vi bruciano per il sole, ed al mio tre apriteli. Ok, ferme lì.. uno, due, tre.. clik! Vediamo com’è venuta? Bellissime!” Sì, bellissime se dovessero fingere di dormire, ma gli occhi avrebbero dovuto almeno aprirli.
La discesa della mostruosa gradinata è, se possibile, più ardua della salita.
Tania ha un’idea. “Dovete tenere il culo a monte, così non vi sbilanciate, e scendere di traverso.” Sembrano tre impedite, ma almeno non ci sono vittime e riescono a mettere i piedi a terra con tutte le ossa intatte. BRRAVISSSIME!
E ora, dirette alla biglietteria. Dopo aver atteso un po’ facendo la fila, scoprono che, per gli studenti europei e SOLO per loro, l’entrata è gratuita.
“Basta mostrare all’entrata le vostre carte universitarie!” Annuncia loro candidamente il bigliettaio. Le tre si guardano cercando spasmodicamente una soluzione all’alternativa di pagare ben 12 EURI spendibili in cibo greco. La loro situazione infatti è la seguente: Tania è munita di certificato d’iscrizione all’Università (quindi è in regola); Patty dispone della sua vecchia tessera universitaria scaduta recante come data d’iscrizione il lontano 1996 (“Ma basta coprire la data col dito” s’ingegna il nostro genio del male); Sibilla, invece, mostra orgogliosa la tessera di prestito della biblioteca Thessman, ma nutre seri dubbi sulla riuscita dell’operazione Frega lo strappabiglietti. Ormai però devono procedere, ne va della loro già compromessa credibilità. Sulla gradinata d’entrata s’imbattono in una guida particolarmente insistente che sostiene che “Non si può visitare l’Acropoli sprovvisti di guida” intendendo di certo la propria persona, ma Sibilla e Tania le sventolano davanti al naso con orgoglio le loro guide Touring e questa desiste sconsolata.
“Con tutti i soldi che l’abbiamo pagata!” Aggiungono con aria scocciata.
Ore 10.42. Acquistate delle cartoline da un ambulante ad un prezzo conveniente e lasciati gli zaini al guardaroba (“Ma hanno paura che rubiamo un capitello? Manco ci sta un capitello nel mio zaino!” commenta Tania), con le mani occupate da apparecchi fotografici e portafogli, si dirigono dubbiose all’entrata, pregando gli dei dell’Olimpo che le assistano nel loro atto illecito. Tania mostra i suoi fogli e la carta d’identità (attimo d’agitazione perché non capiva perché volessero il documento) e passa oltre. E UNA! Patty porge titubante la sua tessera coprendo l’anno di emissione e passa –Fiuuu!-. E DUE! Sibilla vorrebbe scappare, ma trova il coraggio di mostrare la tessera della biblioteca accompagnando il gesto con un sorriso a 32 denti, uno sguardo ammiccante ed un “Ciao bellos!!” rivolto al ragazzo addetto al controllo dei biglietti. Questo ci casca come un pero e comincia a lanciarle sorrisi ed a rivolgerle dolci frasi incomprensibili in greco. Sibilla fugge spudoratamente urlandogli da lontano frasi sconnesse in spagnolo, italiano ed inglese (tanto per essere certa che capisca). E TRE!
Prima tappa al teatro adibito alle rappresentazioni teatrali, davanti al quale Patty, in piedi su un blocco di pietra, viene immortalata da Sibilla che la incita a prendere posizioni teatrali stile Atena Nike. “Patty, ha detto Atena, non Cleopatra, non sei mica in Egitto!” E così, passate davanti al tempietto in stile ionico dedicato ad Atena Nike (dea della vittoria), attraversano i Propilei ed accedono alla zona sacra dell’antica Atene.
Per poter comprendere fino in fondo ciò che muoveva l’animo religioso dei Greci, è d’obbligo abbandonare fuori dal santuario ogni pregiudizio, ogni credenza religiosa moderna, lasciarsi trasportare dalla sacralità che trasuda da ogni singola pietra, provando a sentire cosa dovesse significare tutto questo per loro.
Davanti alle tre amiche si erige il Partenone, il tempio di ordine dorico, con le sue colonne possenti che da secoli lo sorreggono e lo sollevano verso il cielo. Narra la
Tania si arma immediatamente di macchina fotografica ed esce sul balcone per ammirare Atene alla luce del giorno, ansiosa di scoprire come la città si presenti dall’alto. L’Acropoli è sempre lì, con i suoi templi di marmo bianco, meravigliosa. Patty, nel frattempo miracolosamente risorta, la raggiunge all’aperto e decidono di immortalare i loro visi sfatti e quello di Sibilla, per non dimenticare l’inizio della loro avventura ateniese. E chi potrebbe mai scordarsene?
Ore 7,45. “Ragazze, che ne direste di andare a fare colazione?” Propone l’esile Patty che già avverte il richiamo poco musicale della voragine che Zeus le ha messo al posto dello stomaco. Il buffet della colazione è estremamente attraente. Sui lunghi tavoli abbondano leccornie di ogni sorta, e le tre disperate, con gli occhi ancora incollati dal profondo sonno, si fiondano senza ritegno sulle prelibatezze riempiendo piatti come se non avessero mai toccato cibo in vita loro. Lo scandalo si realizza quando Patty, svuotato in tempo record il suo piatto, annuncia candidamente: “Io mi faccio un altro giretto..” E Sibilla non esita a dedicarle il “T’amo pio bove!”.
Quindi, assunta un’espressione compunta e cerimoniosa, inizia un discorso alquanto triste.. “Care amiche, devo assolutamente parlarvi di un mio problema...”
Le altre interrompono l’intensa attività cammellifera di ruminazione e si scambiano un’occhiata preoccupata. “…a causa di una mia condizione psicosomatica, non riesco ad andare di corpo se non sono a casa mia, e soprattutto se condivido il bagno con altre persone. Insomma, m’intaso completamente e nemmeno l’idraulico liquido può nulla!” BENISSIMO!
“Mioddio! E’ terrificante!” Commenta Patty senza però smettere di spalmare chili di burro e marmellata sulla montagna di fette di pane che ha impilato sul piatto.
“Beh, se può esserti d’aiuto e conforto, noi possiamo assentarci per un po’ mentre tu tenti di… scaricarti.” Propone prontamente Tania, inorridita di fronte al gravissimo problema che sta colpendo l’amica.
“Grazie ragazze, allora salgo in camera. Voi raggiungetemi tra venti minuti.”
“Non c’è problema, io rimango qui con l’abbuffina che sicuramente si farà il terzo giro al buffet.”
Mentre Sibilla tenta la Mission impossibile, per ammazzare il tempo Tania e Patty sfoggiano il loro claudicante francese con la coppia seduta al tavolo dietro il loro e si divertono moltissimo ad inventare nuove parole. Ma giunge presto l’ora di soccorrere la loro amica con gravi blocchi intestinali, e rapide e speranzose si dirigono in camera dove la trovano affranta per il fallito tentativo di svuotamento.
“Domani andrà meglio, non te la riporterai mica a Bolzano!” E’ il commento dell’ottimista Pat.

Ore 9,33 Raccolto con il cucchiaino l’umore di Sibi e caricati sulle spalle gli zaini gonfi di biscotti, guide e scartoffie varie, l’insolito gruppetto parte alla volta dell’Acropoli. Percorsa Odos Aqhnas (Via Athinas) in direzione sud fino alle pendici della collina che ospita la zona sacra dell’antica Atene, si trovano casualmente davanti all’agorà romana e alla biblioteca dell’imperatore Adriano. Mentre Tania ammira i resti dell’antico complesso, le altre, piazzatesi in bella vista in mezzo alla strada, si spalmano ovunque litri di crema solare e, belle unte e protette, iniziano la famigerata ascesa all’Acropoli.
“Che figo! Non c’è nessuno! Siamo le uniche visitatrici. Strano però, di domenica, in estate..” Pat si guarda intorno ammirando le vie deserte.
I vicoli del quartiere che abbraccia la collina sono splendidi. S’inerpicano sulle pendici del monticello con le loro taverne che recano cartelli raffiguranti scene divertenti di satiri, personaggi fantastici e dei in atteggiamenti simpodici (“Ma cosa sta facendo Zeus col cervo?”) . Regna un silenzio irreale e, a parte qualche sporadico viandante, il luogo è deserto. Le tre, trovato un negozietto aperto, si fermano per rifornirsi d’acqua, visto che la giornata si preannuncia molto calda, e continuano la loro passeggiata. Ad un tratto, il richiamo della foresta colpisce Sibi…

“Ma Sibilla, qui non ci sono bar, né bagni pubblici, solo una fila di macchine parcheggiate.” Tania non vuole credere alle intenzioni dell’amica.
“Ebbeh?! Mi metto dietro a quella macchina lì, mentre voi mi fate da palo e fingete di chiacchierare.”
Il piano non fa una grinza, ma hanno fatto i conti senza l’oste. Mentre Sibilla si accuccia dietro il veicolo coperta da Patty che si guarda attorno poco spontaneamente, giunge infatti da lungi un rumore quasi di… scopa?! Chi sta spazzando la strada?
Ma LO SPAZZINO, naturalmente! L’Elleno, infatti, avanza pulendo svogliatamente la strada e, notando la strana coppia formata da Patty, che guarda il cielo, e Tania, che si scatta delle fotografie da sola sullo sfondo del monte Licabetto, s’insospettisce e si avvicina guardingo.
“Oh no! No, proprio lui doveva arrivare? Perché proprio lui in questa via deserta?”
“Patty, ma chi c’è?” Sibilla è palesemente preoccupata, ma rimane accoccolata dietro la macchina e continua la sua operazione di inondazione della via.
“Stai lì, non muoverti ché di certo se ne va via subito.” Le intima Patty a mo’ di gendarme, visibilmente dubbiosa.
E infatti, l’uomo gira intorno a Tania che lo guarda a bocca aperta, incredula di fronte alla scena che si profila davanti ai suoi occhi e incapace di fare alcunché, aggira anche Patty che nel frattempo è ammutolita, e s’infila tra una macchina e l’altra – CUCU’! - trovandosi di fronte Sibilla che, non credendo alle rassicurazioni di Patty, ha già provveduto a rivestirsi. Le tre fuggono sghignazzando impudicamente e si fermano solo un po’ più avanti per commentare la tremenda figura e ridere a crepapelle della loro immensa deficienza. Se proprio si vuol trovare un lato positivo in tutta la faccenda, almeno si sono trovate!
“Bene ragazze” dichiara Tania armata di telecamera accesa “Avete raccontato l’accaduto che ora rimarrà impresso in modo indelebile su questo nastro. Non avete scampo! E ora andiamo avanti ché, se continuiamo così, si fa notte!” E ripartono, ancora provate dall’avventura subita, ma felici di essere assieme perché certe cose si possono condividere solo con altre donne (anche se lo spazzino è un uomo!).
Strada facendo incontrano altre comitive alla ricerca della via per l’Acropoli, e continuano a fare tremende figure, commentando a voce alta l’abbigliamento altrui per poi scoprire che questi capiscono l’italiano. COMPLIMENTONI!
Ad un tratto, trovandosi di fronte un cancello, viene loro il dubbio di aver preso la via errata, e così chiedono informazioni ad un greco che indica loro di percorrere il sentiero opposto a quello da loro intrapreso. Eh già, la vita è piena di bivi e vicoli ciechi.. per loro, poi, diventa sempre un problema muoversi nella giusta direzione, chissà poi perché!? Insomma, cambiano st

Ore 10.15. Finalmente davanti a loro si materializzano i Propilei (o propoli, come li ha battezzati Sibilla per ricordarsi meglio il nome), l’entrata monumentale all’Acropoli. La scalinata d’accesso è gremita di turisti che formano una macchia variopinta e pittoresca in ascesa verso il noto santuario antico splendente coi suoi marmi bianchi.
Sibilla nota che alla loro destra c’è un cartello che consiglia di fare attenzione ai gradini scivolosi che portano ad un blocco roccioso elevato dal quale si può godere della meravigliosa vista della città dall’alto. Qualcun altro ci penserebbe un po’ su, soppesando i rischi connessi alla salita su quei gradini informi e lucidi che sembrano metallo colato, ma le nostre tre sventurate in cerca di disgrazie non esitano ad arrampicarvisi (nel vero senso della parola) e, non senza difficoltà, giungono in cima alla scalinata e rimangono senza fiato per l’emozione…
Davanti a loro, infatti, la città dai tetti bianchi riflette la luce del sole creando un effetto magico, come fosse un luogo incantato, una città d’altri tempi rimasta immutata nel corso dei secoli a testimonianza che le azioni dell’uomo e la sua storia non possono essere cancellate. Tania sogna.. Le sembra davvero di essere tornata indietro nel tempo, all’epoca in cui Socrate passeggiava per le vie della città seguito dai suoi allievi, o Aristotele pianificava la sua scuola di filosofia pensando con nostalgia ad Alessandro il Macedone impegnato nella conquista del regno di Persia. Le sembra quasi di sentire l’eco di giorni lontani, un’era in cui i dodici dei dell’Olimpo governavano la città e tutta la Grecia ed osservavano gli uomini susseguirsi nel corso dei secoli onorandoli con sacrifici propiziatori. Le sembra un sogno diventato realtà. Perché Atene è davvero un sogno.
Camminare su quelle pietre sconnesse è davvero difficoltoso, ma vogliono vedere tutto il paesaggio che si offre ai loro occhi e scattare delle fotografie per non dimenticare quest’attimo.
“Mettetevi lì, con lo sfondo del Pireo.” Sibilla è lanciatissima con la fotocamera. “Chiudete gli occhi, se vi bruciano per il sole, ed al mio tre apriteli. Ok, ferme lì.. uno, due, tre.. clik! Vediamo com’è venuta? Bellissime!” Sì, bellissime se dovessero fingere di dormire, ma gli occhi avrebbero dovuto almeno aprirli.
La discesa della mostruosa gradinata è, se possibile, più ardua della salita.
Tania ha un’idea. “Dovete tenere il culo a monte, così non vi sbilanciate, e scendere di traverso.” Sembrano tre impedite, ma almeno non ci sono vittime e riescono a mettere i piedi a terra con tutte le ossa intatte. BRRAVISSSIME!
E ora, dirette alla biglietteria. Dopo aver atteso un po’ facendo la fila, scoprono che, per gli studenti europei e SOLO per loro, l’entrata è gratuita.
“Basta mostrare all’entrata le vostre carte universitarie!” Annuncia loro candidamente il bigliettaio. Le tre si guardano cercando spasmodicamente una soluzione all’alternativa di pagare ben 12 EURI spendibili in cibo greco. La loro situazione infatti è la seguente: Tania è munita di certificato d’iscrizione all’Università (quindi è in regola); Patty dispone della sua vecchia tessera universitaria scaduta recante come data d’iscrizione il lontano 1996 (“Ma basta coprire la data col dito” s’ingegna il nostro genio del male); Sibilla, invece, mostra orgogliosa la tessera di prestito della biblioteca Thessman, ma nutre seri dubbi sulla riuscita dell’operazione Frega lo strappabiglietti. Ormai però devono procedere, ne va della loro già compromessa credibilità. Sulla gradinata d’entrata s’imbattono in una guida particolarmente insistente che sostiene che “Non si può visitare l’Acropoli sprovvisti di guida” intendendo di certo la propria persona, ma Sibilla e Tania le sventolano davanti al naso con orgoglio le loro guide Touring e questa desiste sconsolata.
“Con tutti i soldi che l’abbiamo pagata!” Aggiungono con aria scocciata.
Ore 10.42. Acquistate delle cartoline da un ambulante ad un prezzo conveniente e lasciati gli zaini al guardaroba (“Ma hanno paura che rubiamo un capitello? Manco ci sta un capitello nel mio zaino!” commenta Tania), con le mani occupate da apparecchi fotografici e portafogli, si dirigono dubbiose all’entrata, pregando gli dei dell’Olimpo che le assistano nel loro atto illecito. Tania mostra i suoi fogli e la carta d’identità (attimo d’agitazione perché non capiva perché volessero il documento) e passa oltre. E UNA! Patty porge titubante la sua tessera coprendo l’anno di emissione e passa –Fiuuu!-. E DUE! Sibilla vorrebbe scappare, ma trova il coraggio di mostrare la tessera della biblioteca accompagnando il gesto con un sorriso a 32 denti, uno sguardo ammiccante ed un “Ciao bellos!!” rivolto al ragazzo addetto al controllo dei biglietti. Questo ci casca come un pero e comincia a lanciarle sorrisi ed a rivolgerle dolci frasi incomprensibili in greco. Sibilla fugge spudoratamente urlandogli da lontano frasi sconnesse in spagnolo, italiano ed inglese (tanto per essere certa che capisca). E TRE!
Prima tappa al teatro adibito alle rappresentazioni teatrali, davanti al quale Patty, in piedi su un blocco di pietra, viene immortalata da Sibilla che la incita a prendere posizioni teatrali stile Atena Nike. “Patty, ha detto Atena, non Cleopatra, non sei mica in Egitto!” E così, passate davanti al tempietto in stile ionico dedicato ad Atena Nike (dea della vittoria), attraversano i Propilei ed accedono alla zona sacra dell’antica Atene.
Per poter comprendere fino in fondo ciò che muoveva l’animo religioso dei Greci, è d’obbligo abbandonare fuori dal santuario ogni pregiudizio, ogni credenza religiosa moderna, lasciarsi trasportare dalla sacralità che trasuda da ogni singola pietra, provando a sentire cosa dovesse significare tutto questo per loro.
Davanti alle tre amiche si erige il Partenone, il tempio di ordine dorico, con le sue colonne possenti che da secoli lo sorreggono e lo sollevano verso il cielo. Narra la

mitologia, rappresentata sul frontone del tempio, che Poseidone ed Atena, entrambi figli di Zeus, avessero in tempo immemore combattuto uno contro l’altra per aggiudicarsi il controllo della città di Atene e l’adorazione dei suoi cittadini, e che la dea avesse sconfitto il fratello divenendo di conseguenza la protettrice dell’importante polis. Da quel giorno, Atena, dato il proprio nome alla città, prese dimora sull’Acropoli e, in una colossale opera di costruzione dal 477 al 438 a.C., l’architetto Ictino le costruì questo tempio per rimpiazzare quello precedente che gli empi Persiani avevano distrutto nel 480. Atena da allora vegliò sulla sua città rendendola meravigliosa ed invincibile.
Trovandosi di fronte alla maestosa dimora della dea sembra quasi di sentire la forza divina scaturire dal luogo sacro. Davanti ad un simile segno di patos religioso è difficile non convincersi che le cose narrate siano reali. Può l’uomo sviluppare un simile ingegno architettonico e realizzare tali meraviglie senza la guida di una mano divina?
“Sibilla, mi fai una foto con lo sfondo del Partenone?”
“Certo, Tania, mi allontano un po’ così prendo il tempio interamente.” E Tania la vede allontanarsi sempre di più fino a diventare solo una macchiolina lontana.
”Speriamo zoommi un pochino su di me, sennò non mi si vede nemmeno!” Tania è dubbiosa.
“SORRIDI!” Urla Sibilla da lungi, e Tania ubbidisce trattenendo a stento una risata vista l’espressione interrogativa dipinta sul volto di Patty che, non vedendo Sibilla, si chiede cosa faccia Tania lì impalata, in posa e col sorriso stampato in faccia. Mah…
Dopo aver scattato qualche istantanea girano attorno al Partenone ed entrano al museo, dove Tania fa alle due neo-allieve una lezione sugli stili architettonici dei templi. Sibilla si sente pronta per verificare le sue nuove conoscenze.
“Allora: lo stile dorico è il più semplice, infatti i Dori erano tirchi e non volevano spendere soldi per abbellire le colonne. Però ci tenevano a decorare il frontone con statue colossali. Invece, gli
Ioni erano raffinati e decoravano le loro colonne con volute e cuscinetti. Inoltre, mentre il fregio dorico è diviso in metope e triglifi, quello ionico è interamente istoriato.” E brava la nostra Sibilla, 9+! Ma Patty non è da meno, e all’interno del museo sfoggia la sua approfondita preparazione cimentandosi in discorsi arzigogolati sull’architettura antica. Le allieve hanno superato l’insegnante! BRRAVISSSIME!
Un giro attorno all’Eretteo (che, come spiega Sibilla, si chiama così perché…?) e poi scendono dall’Acropoli per andare a rifocillarsi, non prima di aver però ritirato i loro fidi zaini.
Ore 13.26. Senza nemmeno doverlo cercare, si ritrovano nell’antico quartiere di Monastiraki, caratterizzato dalle tipiche taverne variopinte i cui tavoli si spingono a tingere di colore e di voci gli stretti vicoli. Sembra una città in festa, ed è strano pensare che, nella realtà, tutti i giorni dell’anno ad Atene si vive un clima festoso, considerata la massa di turisti che invadono la metropoli. Le tre viandanti, fermatesi a comprare degli occhiali da un vucumprà, trovano un tavolino libero all’aria aperta e decidono di ordinare un’insalata greca per meglio entrare nel vivo della città. Il cameriere mastica un po’ di inglese e Sibilla ordina per tutte. Ma Tania vuole ordinare da sé il dolce greco che aspetta di mangiare da anni e, vocabolario alla mano, cerca le giuste parole per ordinare e, quando finalmente il cameriere si fa vivo, prende fiato e ..
”Enas merida baklavas (Enas merida baklavas) !”
Probabilmente la perfetta pronuncia (Hi Hi) convince l’ellenico di trovarsi di fronte una vera e propria greca, così non si fa problemi ad usare il greco.
“Meta?”, le chiede intendendo “Dopo l’insalata?”.
Tania assume la tipica espressione da idiota che le viene spontanea quando, incomprensibilmente, qualcosa della situazione le sfugge completamente: sorride e fa cenno di sì con la testa.
Quindi lui le chiede, sempre in greco: “E da bere?” E lei, imperterrita, non avendo assolutamente capito una sola parola, continua ad annuire con una sorta di paresi alla bocca. Così lui traduce in inglese sperando, questa volta, di vedere sparire dal suo volto quell’espressione angosciante, ma.. nulla! Meno male interviene Sibilla.
“Chiede cosa vuoi da bere!”
E l’imbecille: “Ahhhhh, ecco cosa voleva!”
Al tavolo vicino al loro sono seduti degli italiani e siccome le tre si fanno riconoscere dovunque vadano, i vicini attaccano bottone con qualche scarno commento. Poi se ne vanno ed il cameriere si affretta a sparecchiare il tavolo. Patty lo guarda distratta e lui sorridendo le chiede “Espresso?”. Patty riproduce esattamente l’espressione da idiota di Tania – difficile a dirsi – e sorridendo annuisce, credendo che lui con “Nice person” intendesse gli italiani appena andati via. Sibilla deve prendere in mano la situazione per la seconda volta, avendo notato l’espressione del cameriere che diceva chiaramente “Ma queste sono davvero una più rimbambita dell’altra!”.
La prof Pedron, dovendo evacuare –di nuovo!-, decide di evitare ulteriori figure da chiodi con gli spazzini e ne approfitta per usufruire del bagno della taverna. Quando torna è esaltatissima.
“Dovreste vedere il bagno!”
Tania, la solita svegliona della situazione, fraintende. “Perché? Fa schifo?”
“No, è bellissimo!”
“Ok, andiamoci anche noi, ma portiamoci le macchine fotografiche così facciamo qualche scatto.”
Il bagn
o non sembra proprio una toilette, quanto piuttosto un bagno turco. Al centro di una sala esagonale troneggia un cubo di granito dal quale fuoriescono dei lavandini a mo’ di acquasantiera. Le porte dei WC sono una di fronte all’altra. Le tre sciagure decidono di lasciare il segno pure qui e si arrampicano sui rubinetti per rendere più pittoresche le fotografie. Ad un tratto, dalla scalinata che porta alla toilette scende un tipo che, vedendole in evidente difficoltà, si offre di scattare loro una foto tutte tre insieme in modo da mettere fine a quello scempio. CHEEEESE!
Ore 14.38. Tornate alla luce del sole, Sibi, Tà e Pat decidono di portare altrove la loro simpatica compagnia e si imbarcano in una lunga camminata in direzione dell’illustre Museo Archeologico Nazionale. Tania è eccitatissima all’idea di poter vedere da vicino le opere scultoree e l’arcaico vasellame rinvenuto negli importanti siti dell’antichità.
Percorsi pochi metri, Sibilla si ferma per ammirare le borsette in esposizione sui lenzuoli dei vucumprà. Il venditore vuole 25 euri uno sull’altro, ma Tania la saggia consiglia all’amica di contrattare il prezzo che le sembra in effetti troppo alto.
“A Milano l’ho vista a 10 euro..” Sibi assume un’aria convincente.
“Allora te ne do due a 24 euro.” L’amico di colore non molla.
“Che me ne faccio di due borse identiche?”
Alla fine, con la borsetta sotto il braccio, Sibilla lascia il venditore a contare soddisfatto i suoi 12 euro. E tutti vissero felici e contenti!
La strada da percorrere è però lunga ed il tempo sta progressivamente peggiorando, tanto che ad un tratto le tre sciagure vengono sorprese da un acquazzone e sono costrette ad rintanarsi all’angolo di un negozio per infilarsi i pantaloni lunghi sopra a quelli corti. Ripartono, palesemente impedite dallo scomodo abbigliamento, ma decise a raggiungere il museo per trarre un po’ di soddisfazione dopo l’interminabile scarpinata. Davanti al museo trovano però delle scavatrici in frenetica attività e degli enormi buchi nel giardino.
“Oh, stanno rifacendo il giardino!” Esclama Tania stupita. “Ma dov’è l’entrata del museo? Scusi, signor tabaccaio, da dove si entra?”
“E’ chiuso!”
CHEEEE???
“Ragazze, mi dispiace moltissimo! Dai, torniamo all’albergo, ci restauriamo un pochino e prendiamo la macchina per andare a Capo Sounion. Nel frattempo, per rallegrarvi, vi racconterò delle barzellette. Ce n’è una che mio padre racconta per far morire dalle risate i suoi amici, ma a me non fa ridere per nulla. Dunque, ci sono due carabinieri che vanno in vacanza in Spagna..” Così la passeggiata si alleggerisce e sembra loro meno lunga.
Ore 16.43. Giunte in albergo, Sibilla incarica Tania di prendere le chiavi della camera.
“Come si dice 615 in inglese?”
“Six One Five” la informa Sibilla.
Tania ripete a se stessa ad alta voce la sequenza di cifre assumendo, nello sforzo di ricordare il numero, un’andatura oscillante stile zombie ubriaco. “Six One Five… Six One Five… Six One Five… Six One Five...” Continua a ripetere roboticamente le tre parole fino a trovarsi a ridosso del bancone della reception, il cui occupante le tende sconsolato le chiavi che aveva già in mano da un po’ avendola sentita ripetere a mo’ di mantra la formula magica.
Oooooh! Finalmente in camera, si slavazzano togliendo uno strato di croste attaccatesi al loro corpo come pattelle marine, si cambiano d’abito, saltano sul bolide eee…
Ore 17.32. Eee... via in direzione Pireo!
Ore 18.17. “Tania, avevo detto direzione Pireo, non Pireo città! Dopo quasi un’ora di viaggio siamo ancora a pochi km da Atene!” Sibilla riesce ancora a meravigliarsi per l’imbranataggine cronica dell’amica.
“Beh, di che vi lamentate? Vi ho portate a vedere il Pireo, antico porto di Atene, e pure il mare! Che ingrate!”
Trovandosi di fronte alla maestosa dimora della dea sembra quasi di sentire la forza divina scaturire dal luogo sacro. Davanti ad un simile segno di patos religioso è difficile non convincersi che le cose narrate siano reali. Può l’uomo sviluppare un simile ingegno architettonico e realizzare tali meraviglie senza la guida di una mano divina?
“Sibilla, mi fai una foto con lo sfondo del Partenone?”
“Certo, Tania, mi allontano un po’ così prendo il tempio interamente.” E Tania la vede allontanarsi sempre di più fino a diventare solo una macchiolina lontana.
”Speriamo zoommi un pochino su di me, sennò non mi si vede nemmeno!” Tania è dubbiosa.
“SORRIDI!” Urla Sibilla da lungi, e Tania ubbidisce trattenendo a stento una risata vista l’espressione interrogativa dipinta sul volto di Patty che, non vedendo Sibilla, si chiede cosa faccia Tania lì impalata, in posa e col sorriso stampato in faccia. Mah…
Dopo aver scattato qualche istantanea girano attorno al Partenone ed entrano al museo, dove Tania fa alle due neo-allieve una lezione sugli stili architettonici dei templi. Sibilla si sente pronta per verificare le sue nuove conoscenze.
“Allora: lo stile dorico è il più semplice, infatti i Dori erano tirchi e non volevano spendere soldi per abbellire le colonne. Però ci tenevano a decorare il frontone con statue colossali. Invece, gli

Un giro attorno all’Eretteo (che, come spiega Sibilla, si chiama così perché…?) e poi scendono dall’Acropoli per andare a rifocillarsi, non prima di aver però ritirato i loro fidi zaini.
Ore 13.26. Senza nemmeno doverlo cercare, si ritrovano nell’antico quartiere di Monastiraki, caratterizzato dalle tipiche taverne variopinte i cui tavoli si spingono a tingere di colore e di voci gli stretti vicoli. Sembra una città in festa, ed è strano pensare che, nella realtà, tutti i giorni dell’anno ad Atene si vive un clima festoso, considerata la massa di turisti che invadono la metropoli. Le tre viandanti, fermatesi a comprare degli occhiali da un vucumprà, trovano un tavolino libero all’aria aperta e decidono di ordinare un’insalata greca per meglio entrare nel vivo della città. Il cameriere mastica un po’ di inglese e Sibilla ordina per tutte. Ma Tania vuole ordinare da sé il dolce greco che aspetta di mangiare da anni e, vocabolario alla mano, cerca le giuste parole per ordinare e, quando finalmente il cameriere si fa vivo, prende fiato e ..
”Enas merida baklavas (Enas merida baklavas) !”
Probabilmente la perfetta pronuncia (Hi Hi) convince l’ellenico di trovarsi di fronte una vera e propria greca, così non si fa problemi ad usare il greco.
“Meta?”, le chiede intendendo “Dopo l’insalata?”.
Tania assume la tipica espressione da idiota che le viene spontanea quando, incomprensibilmente, qualcosa della situazione le sfugge completamente: sorride e fa cenno di sì con la testa.
Quindi lui le chiede, sempre in greco: “E da bere?” E lei, imperterrita, non avendo assolutamente capito una sola parola, continua ad annuire con una sorta di paresi alla bocca. Così lui traduce in inglese sperando, questa volta, di vedere sparire dal suo volto quell’espressione angosciante, ma.. nulla! Meno male interviene Sibilla.
“Chiede cosa vuoi da bere!”
E l’imbecille: “Ahhhhh, ecco cosa voleva!”
Al tavolo vicino al loro sono seduti degli italiani e siccome le tre si fanno riconoscere dovunque vadano, i vicini attaccano bottone con qualche scarno commento. Poi se ne vanno ed il cameriere si affretta a sparecchiare il tavolo. Patty lo guarda distratta e lui sorridendo le chiede “Espresso?”. Patty riproduce esattamente l’espressione da idiota di Tania – difficile a dirsi – e sorridendo annuisce, credendo che lui con “Nice person” intendesse gli italiani appena andati via. Sibilla deve prendere in mano la situazione per la seconda volta, avendo notato l’espressione del cameriere che diceva chiaramente “Ma queste sono davvero una più rimbambita dell’altra!”.
La prof Pedron, dovendo evacuare –di nuovo!-, decide di evitare ulteriori figure da chiodi con gli spazzini e ne approfitta per usufruire del bagno della taverna. Quando torna è esaltatissima.
“Dovreste vedere il bagno!”
Tania, la solita svegliona della situazione, fraintende. “Perché? Fa schifo?”
“No, è bellissimo!”
“Ok, andiamoci anche noi, ma portiamoci le macchine fotografiche così facciamo qualche scatto.”
Il bagn

Ore 14.38. Tornate alla luce del sole, Sibi, Tà e Pat decidono di portare altrove la loro simpatica compagnia e si imbarcano in una lunga camminata in direzione dell’illustre Museo Archeologico Nazionale. Tania è eccitatissima all’idea di poter vedere da vicino le opere scultoree e l’arcaico vasellame rinvenuto negli importanti siti dell’antichità.
Percorsi pochi metri, Sibilla si ferma per ammirare le borsette in esposizione sui lenzuoli dei vucumprà. Il venditore vuole 25 euri uno sull’altro, ma Tania la saggia consiglia all’amica di contrattare il prezzo che le sembra in effetti troppo alto.
“A Milano l’ho vista a 10 euro..” Sibi assume un’aria convincente.
“Allora te ne do due a 24 euro.” L’amico di colore non molla.
“Che me ne faccio di due borse identiche?”
Alla fine, con la borsetta sotto il braccio, Sibilla lascia il venditore a contare soddisfatto i suoi 12 euro. E tutti vissero felici e contenti!
La strada da percorrere è però lunga ed il tempo sta progressivamente peggiorando, tanto che ad un tratto le tre sciagure vengono sorprese da un acquazzone e sono costrette ad rintanarsi all’angolo di un negozio per infilarsi i pantaloni lunghi sopra a quelli corti. Ripartono, palesemente impedite dallo scomodo abbigliamento, ma decise a raggiungere il museo per trarre un po’ di soddisfazione dopo l’interminabile scarpinata. Davanti al museo trovano però delle scavatrici in frenetica attività e degli enormi buchi nel giardino.
“Oh, stanno rifacendo il giardino!” Esclama Tania stupita. “Ma dov’è l’entrata del museo? Scusi, signor tabaccaio, da dove si entra?”
“E’ chiuso!”
CHEEEE???
“Ragazze, mi dispiace moltissimo! Dai, torniamo all’albergo, ci restauriamo un pochino e prendiamo la macchina per andare a Capo Sounion. Nel frattempo, per rallegrarvi, vi racconterò delle barzellette. Ce n’è una che mio padre racconta per far morire dalle risate i suoi amici, ma a me non fa ridere per nulla. Dunque, ci sono due carabinieri che vanno in vacanza in Spagna..” Così la passeggiata si alleggerisce e sembra loro meno lunga.
Ore 16.43. Giunte in albergo, Sibilla incarica Tania di prendere le chiavi della camera.
“Come si dice 615 in inglese?”
“Six One Five” la informa Sibilla.
Tania ripete a se stessa ad alta voce la sequenza di cifre assumendo, nello sforzo di ricordare il numero, un’andatura oscillante stile zombie ubriaco. “Six One Five… Six One Five… Six One Five… Six One Five...” Continua a ripetere roboticamente le tre parole fino a trovarsi a ridosso del bancone della reception, il cui occupante le tende sconsolato le chiavi che aveva già in mano da un po’ avendola sentita ripetere a mo’ di mantra la formula magica.
Oooooh! Finalmente in camera, si slavazzano togliendo uno strato di croste attaccatesi al loro corpo come pattelle marine, si cambiano d’abito, saltano sul bolide eee…
Ore 17.32. Eee... via in direzione Pireo!
Ore 18.17. “Tania, avevo detto direzione Pireo, non Pireo città! Dopo quasi un’ora di viaggio siamo ancora a pochi km da Atene!” Sibilla riesce ancora a meravigliarsi per l’imbranataggine cronica dell’amica.
“Beh, di che vi lamentate? Vi ho portate a vedere il Pireo, antico porto di Atene, e pure il mare! Che ingrate!”

Ore 18.53. Dopo un viaggio infinito di soli 58 km durante il quale le poveracce ad ogni curva s’illudevano di aver finalmente raggiunto Capo Sounion, e puntualmente le loro aspettative venivano deluse, le tre simpatiche fanciulle parcheggiano sotto il sito che ospita uno splendido tempio dedicato a Poseidone.
“Eccoci qua, finalmente!” Esclama Tania sollevata per la conclusione del lungo viaggio. “Di certo dovremo lasciare qui la macchina e salire a piedi.” Le altre due sembrano dubbiose, ma non ribattono e, zaini in spalla, si avviano munite della loro abituale gaiezza.
A metà dell’irta salita che porta al sito archeologico si accorgono con gioia che il parcheggio è proprio davanti alla cassa.
“Vabbeh, conclude l’ottimista Tania, “almeno ci siamo sgranchite le gambe. Mi sento un po’ incriccata, in effetti..”
Giunte alle casse, si ripete la disonesta scena delle carte universitarie fasulle. Sibilla e Patty sfoderano la loro più convincente faccia tosta davanti alla cassiera che strappa due biglietti Free Entry e aspetta che Tania le porga il proprio documento. Ma…
“Noo! Non ci posso credere! Ho lasciato il certificato nella guida in albergo! E ora?”
Sibilla comincia a ridere sempre più divertita dalla scena paradossale.
“Oh, vuoi vedere che l’unica delle tre in regola alla fine si deve pagare il biglietto?” Vallo tu a spiegare alla cassiera!
“Ehm… excusemmè…” comincia Tania sfoggiando una perfetta pronuncia inglese americaneggiante. “Ho dimenticato il certificato universitario. Studio archeologia..”
La cassiera la guarda dubbiosa e non risponde. Tania, presa dall’ansia, comincia a gesticolare con ampi gesti.
“Ha capito? Sono archeologa! A-R-C-H-E-O-L-O-G-A!!!”
La tipa borbotta qualcosa in ostrogoto e Sibilla si appresta a tradurre.
“Vuole un documento.”
“Eh, ma non ce l’ho, gliel’ho pure detto!”
“Chiede solo un documento qualsiasi.”
“Ma come? Sulla carta d’identità non c’è mica scritto che studio!”
Ma alla fine estrae poco convinta la carta d’identità e la porge alla signora che si appresta a strappare il biglietto Free Entry anche per lei. GRASSSIE!
Sulla lieve salita che porta al tempio, le tre Veneri di Milo iniziano a scattare fotografie e, fermato un signore, gli chiedono in inglese di scattare loro una foto con il tempio alle loro spalle. Con il

“Ah, siete italiane! Io sono di Firenze!”
“Ok, scappiamo!”
L’antico santuario di Poseidone è ubicato, non a caso, su una sporgenza a picco sul mare. Il luogo è dei più romantici, l’atmosfera surreale. Chiunque avrebbe cercato una pietra su cui sedersi per poter contemplare in pace e serenità lo scenario di singolare bellezza offerto dal luogo. Chiunque, ma non LORO! Trovata una colonna solitaria che, considerata la sua veneranda età, chiede solamente di poter rimanere ancora qualche anno in piedi, le tre sciagure decidono di usarla come attrezzo ginnico e vi si arrampicano alla ricerca di una posa simpatica per le loro fotografie. Prima fingono di scalarla, poi di spingerla per farla cadere –poveretta!- sotto lo sguardo inorridito degli altri visitatori che si chiedono il motivo di tanta empietà. Tutto ciò con lo sfondo delle rovine del tempio. Per un caso fortuito la colonna sopravvive anche al loro passaggio (che probabilmente è la prova più dura a cui è stata e sarà mai sottoposta). Così si avvicinano al tempio, lo fotografano, fanno delle riprese al meraviglioso paesaggio e si avviano verso l’uscita.


Ore 19.38. “Ragazze, mi scappa la pipì.” Stavolta –strano- si tratta di Tania. “Quasi quasi mi ficco in un cespuglio di mirto.”
“No, aspetta!” Patty blocca l’insano gesto dell’amica. “Giù al parcheggio c’è una cisterna enorme, ti ci puoi mettere dietro, non ti vede nessuno.”
“Non ci penso nemmeno! La strada è a serpentina, le macchine che arrivano ti vedono benissimo! Preferisco mettermi dietro la macchina, se Sibilla la parcheggia sotto la collina. Vacci tu dietro alla cisterna, se hai il coraggio!”
Patty invece non abbandona l’idea -il pensiero di fare la pipì dietro la cisterna le piace troppo- e ci si dirige con passo convinto, pronta a dimostrare all’amica la validità della sua tesi. Nel frattempo, mentre Sibi fa manovra con l’auto, Tania, che si piazza dietro all'Opel, rischia seriamente di venire investita da Sibilla e, immaginando tra sé la scena delle amiche che la soccorrono, trattiene a stento l’alluvione ridendo a crepapelle. Completata l’operazione di appostamento della vettura, si accuccia dietro non riuscendo a smettere di ridere, ma subito sente in lontananza un insistente rumore di clacson.
“Sibi, che succede? Ci sono gli sposi?”
“Ah, no! Sono solo gli automobilisti che, uscendo dalla curva, si trovano davanti il sedere di Patty che fa pipì dietro la cisterna. Dovresti vederti la scena!”
Oddio!
Mentre Tania si rialza rinfrancata, da dietro l'enorme suppostona bianca esce una Pat irriconoscibile: i capelli sconvolti mossi dal vento le si sollevano a ciuffi sopra la testa creando un effetto tipo nube da bomba atomica; il viso, solitamente roseo, ha assunto un colorito rossastro alquanto preoccupante; la camminata assomiglia a quella di qualcuno che l'ha appena fatta in un campo di ortiche. Sconvolta dalla visione, Sibilla si appresta ad accucciarsi dietro la macchina per chiudere in bellezza l'innaffiamento dello sventurato parcheggio.
"Oooh! Sto proprio bene!" Patty fa spudoratamente finta di niente.
Psssssssss…sssssssssssss.. Da dietro l'Opel comincia un rumore di torrente in piena.
"Cos'erano quei colpi di clacson?" Tania stuzzica l'amica.
"Boh?"
Psssssssss…sssssssssssss.. ormai l'acquazzone dura da 30 secondi e non accenna a smettere.
"Sibilla? Stai bene?"
E da dietro la macchina giungono delle risate strozzate.
"Sibi? Non sei mica tu a rilasciare tutta quest'acqua, VERO?"
"E' che bevo tanto!"
Psssssssss…sssssssssssss…
CACCHIO!!
Ore 19.46. Dopo aver tirato la vettura in secca, le tre ripartono a spron battuto alla ricerca di un luogo di ristoro per il loro stomaci provati dalla prolungata assenza di cibo.
Ore 20.22. Sulla strada lungo il mare si susseguono diversi ristoranti illuminati, basta sceglierne uno. Il locale è carino ed i gelati nel freezer mooolto invitanti. Il trio Pat-Sibi-Tà si siede ad un tavolo ed inizia a scorrere avidamente il Menu in cerca di qualcosa di sfizioso.
"Lo so che rompo, ma vorrei assaggiare quella salsina.."
"Lo sappiamo, Pat! Ora, appena arriva il cameriere, gli chiedi se te la porta."
"Oh, se non ce l'hanno io me ne vado, eh!"
Ed infatti non ce l'hanno ma, considerata l'ora e la fame delle compagne di viaggio, il nostro piccolo pozzo antico rimane al suo posto. Oltre ad un'insalata in tre, arriva loro un piatto di Souvlaki con contorno di riso in bianco e patate fritte. Inoltre, offerta dalla casa, un'autentica caraffa di acqua greca!! La cena si svolge piacevolmente parlando di rapporti amorosi e del crollo delle illusioni giovanili -Ah, gioventù che non torni più!- e si conclude con un mini-cono gelato scrocchiante (ma meno scrocchiante degli M&M'S tarocchi) offerto gentilmente dal cameriere, forse per tappare in modo definitivo quelle bocche piene di spropositi.
"Proprio buono questo gela…" SSCRASCHHH!
"Cos'è stato?"
"Un incidente?"
Proprio davanti al ristorante delle macchine incolonnate danno colpi di clacson. Dalla cima della colonna spunta ad un tratto la testa capelluta di un motociclista che si è schiavellato sull'asfalto. Non sembra essersi fatto alcunché e, fingendo che la cosa non lo riguardi, si da una spolverata, mette in piedi lo scooter e riparte a tutta velocità.
Le tre, ancora sconvolte, si guardano a bocca aperta.
BRRAVISSSIMO!
Ore 23.05. Prima di abbandonare il posto di ristoro, Tania decide di lasciare il segno rovesciando a terra il proprio bicchiere pieno d'acqua. Dopo essersi prese un colpo apoplettico non trovando la macchina nel luogo dove l'hanno lasciata ("Tania, l'abbiamo parcheggiata più in là"), salgono sul bolide e partono a razzo in direzione Atene. Ma sulla strada c'è un gattino probabilmente investito da poco, e Sibilla, al volante, alla vista della povera creatura inizia a fare dei versi indicanti chiaramente un alto grado di instabilità emotiva.
"P-p-poo-veri-noo.. pucci pu-u-uu… enghee-eee.. buu.bubù- uuu…" e nel mentre si abbassa sempre più sul volante scomparendo dalla vista dei automobilisti che vengono loro incontro.
"Sibi, che cosa stai facendo? Ti senti male?" Tania è seriamente preoccupata per lo stato mentale dell'amica.
"Poverinooo il gattinooo.. sembra la mia Sirietta, sì, la mia Sirietta, poverina la mia Sirietta!"
"Omioddio! Vuoi che guidi io? Pat, ti sembra a posto, 'sta qua?"
"Sinceramente.. non tanto!"
"AAAARRRGH!"
Sibilla fa un salto sul sedile e poi crolla sul volante -tutto questo mentre la vettura, seppur lentamente, è in moto ed in pieno traffico- in stato di semincoscienza.
"ODDIO! Cos'è successo?" Patty si allarma sentendo l'urlo tarzaniano.
"O-oh-oh.. l'hanno investito di nuovo. Schiacciato. L'ho visto nello specchietto retrovisore! Po-o-veri-no, ha fatto un salto in aria, l'ho visto-o."
Povera ragazza, la vita l'ha messa davvero alla prova.
"Ecco. Se non vuoi che facciamo la stessa fine del gatto è meglio se ci muoviamo un po' e procediamo seguendo il traffico."
Tania è sempre la solita insensibile al dolore altrui. Ma, come dice il manuale dell'amico perfetto, bisogna scrollare dalla disperazione chi vi è caduto in pieno. E questo è proprio il caso di Sibilla. Fortunatamente l'accaduto esce rapidamente dalla mente labirintica della giovane che riprende a vivere serenamente dopo soli 200 metri dal luogo del sanguinoso impatto.
Ore 24.17. In breve la vettura impazzita raggiunge le intricate vie ateniesi dove si ripete il dramma della sera prima. Fino a piazza Omonia tutto fila liscio, ma a partire dalla rotatoria il veicolo viene risucchiato dall'insensata corsa delle altre vetture ed inizia a girare sempre intorno allo stesso quartiere.
"Allora, cerchiamo di fare mente locale." Sibilla è ottimista. "Non possiamo sbagliare di nuovo, è pressoché impossibile! Giunti in piazza Karaiskaki (Karaiskaki) prendiamo Odos Teodorou Diligiani (Odos Teodorou Diligiani) e al secondo vicolo svoltiamo a destra. E' facile.. Ci troveremo esattamente davanti all'hotel!"
INVECE…
"Perché stiamo di nuovo percorrendo Odos Acileos (via Achileos)? Dov'è finito il nostro albergo?"
La disperazione nella vettura è così densa da potersi tagliare a fette. L'incredulità di fronte a una tale incapacità di trovare un palazzo -non uno spillo- che si trova a pochi metri da loro si alterna alla ridarola isterica tipica di chi sta inesorabilmente perdendo il lume -già labile, oltretutto- della ragione.
Ore 24.39. Raggiunto con fatica il porto sicuro dell'hotel, le tre si trascinano stancamente verso l'ascensore e si ritirano lasciando tranquilla e sicura la città, anche se per poche ore soltanto. Dopo il consueto bagno nella crema anticellulite, finalmente si possono gettare a capofitto nel loro letto accogliente.
"Oh, ragazze, io le gocce le prendo anche stasera, eh!"
"Vai vai, ingocciati per bene!"
Buonanotte, piccole sciagure travestite da innocue fanciulle!
0 commenti:
Posta un commento