sabato 28 luglio 2007

Sotto questo sole bello scavare sì... ma c'è da crepare!


...ed eccomi tornata dalla seconda settimana di scavo. La calura non ci ha dato tregua, ma quando il gioco si fa duro noi ci ripariamo sotto il nostro zoppicante gazebo il quale, però, si regge in piedi esclusivamente per una scommessa con se stesso. Finché regge e non decide di prendere nuovamente il volo con intenzioni assassine verso il capo, pensiamo di tenerlo con noi.

Sullo scavo devo dire che sono proprio in ottima compagnia!

Monica si è dimostrata subito molto disponibile a rallegrare goliardicamente il clima già di per sé informale prestandosi alla pianificazione di complessi scherzi, la cui vittima è sempre stato inesorabilmente il nostro serioso capo, e a simpatiche simulazioni di sepolture bisome in fosse scavate "per errore" (giusto per dare un senso ad una distruttiva giornata di piccone e vanga col rischio di rimanerci per davvero, nella fossa!). Le telefonate del maresciallo Cacioppo hanno invece contribuito a riportare ad un livello più che professionale le nostre attività sul campo, le quali sovente abbandonano la loro funzione scientifica per assumere toni grotteschi. Spicconare e rimuovere ettari di terra non è però la nostra unica missione! Il duro lavoro che ci portiamo sulle spalle consiste anche di incontri e di pubbliche relazioni a fini di beneficenza, vanificati tuttavia dagli interventi maldestri del nostro onorevole Capo che si diverte ad insultare l'orto del vicino solo perché la sua erba è più verde.

Ogni settimana si festeggia a sorpresa il compleanno di qualcuno. Sospetto che, pur di abbuffarsi di torte e salatini, qualche compleanno venga "anticipato" di diversi mesi e magari festeggiato più volte all'anno. Del resto, per far scorrere a litri il prosecco, ci vuole un buon motivo. Trovarlo è un attimo...
Ah, che dura la vita degli scavatori!








domenica 22 luglio 2007

A te...


Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.


Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.


E' la felicità una torre trasparente.
L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.


Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.


(da Cento sonetti d'amore di Pablo Neruda)

giovedì 12 luglio 2007

"Io amavo la mia malattia..." Lettera di un presunto pazzo






Cos'è la normalità? Ed in cosa differisce dalla pazzia?
Non siamo forse tutti un po' malati di follia?


Dalle memorie di Zeno Cosini

3 maggio 1915
"Io amavo la mia malattia. Ricordai con simpatia il povero Copler che preferiva la malattia reale all'immaginaria. Ero oramai d'accordo con lui. La malattia reale era tanto semplice: bastava lasciarla fare. Infatti, quando lessi in un libro di medicina la descrizione della mia dolce malattia, vi scopersi come un programma di vita (non di morte!) nei varii suoi stadii.
Addio propositi: finalmente ne ero libero. Tutto avrebbe seguito la sua via senz'alcun mio intervento.
Scopersi anche che la mia malattia era sempre o quasi sempre molto dolce. Il malato mangia e beve molto e di grandi sofferenze non ci sono se si bada di evitare i bubboni.
Poi si muore in un dolcissimo coma. (...)
M'imbattei poi nel dottor S. Mi domandò se avevo deciso di lasciare la cura. (...)
- Se lei esamina il suo animo, lo troverà mutato. Vedrà che ritornerà subito a me solo che s'accorga come io seppi in un tempo relativamente brece avvicinarla alla salute.
Ma io, in verità, credo che col suo aiuto, a forza di studiare l'animo mio, vi abbia cacciato dentro delle nuove malattie.
Sono intento a guarire della sua cura. Evito i sogni ed i ricordi. (...)


24 marzo 1916
La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha giornalieri miglioramenti e peggioramenti.
A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati.
La vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo s'è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l'aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V'è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza...nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!
Ma non è questo, non è questo soltanto.
Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. (...)
Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l'ordigno non ha più alcuna relazione con l'arto. Ed è l'ordigno che crea la malattia con l'abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare.
Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.
Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza in questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocatoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie. "
Zeno Cosini

giovedì 5 luglio 2007

Alle stelle...


"Le stelle stanno in cielo,
i sogni... non lo so...
so solo che son pochi
quelli che si avverano."
(Vasco)



"Piccola stella.
il buio più terribile
non è quello che ti circonda,
ma quello che abita nel tuo cuore,
e la luce più brillante
non è quella che risplende fuori,
ma quella che brilla nei tuoi occhi,
l'unica che sale dal cuore.
Lascia che questa luce
ti conduca a compiere il tuo destino
e fidati del tuo istinto,
non importa cosa dicono gli altri."
(Sergio Bambarén)



Cosa c'è di più affascinante di una notte stellata?

Quando ieri notte ho alzato gli occhi al cielo, mi si è fermato il respiro... Il manto scuro della volta celeste era costellato di piccoli fuochi vibranti tra i quali spiccava Venere in tutto il suo splendore. Mi sono fermata a contemplare tutta quell'immensità con la stessa meraviglia della prima volta ed ho sentito nel profondo che sotto un cielo tanto maestoso è impossibile sentirsi soli. Ci si sente accolti in un caldo abbraccio come da una coperta nelle fredde notti invernali...e protetti, al sicuro, come al pensiero che qualcuno sta vegliando su di noi... il cielo è un buon amico nei momenti di sconforto, perchè ci ascolta silenzioso e ci consola con mille bagliori rassicuranti. Verso il cielo possiamo liberare i nostri sogni, i desideri che pulsano più in profondità facendoci sentire vivi, nelle nostre mani il potere di realizzarli.

E se anche i sogni confidati alle stelle fossero destinati a non avverarsi, beh... vale sempre la pena di farli volare affidandoli al cielo con gli occhi ed il cuore inondati di luce...



...così tra questa immensità s'annega il pensier mio
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
(Giacomo Leopardi)




Locus amoenus

Avete presente quei luoghi meravigliosi che trasudano pace e tranquillità, dove gli uccellini cinguettano lieti e le "verdure" (per usare un'espressione duecentesca) crescono fiorenti? Un luogo ameno dove poter cercare e trovare il ristoro dei sensi...? Ecco, proprio quello. Si dà il caso che in uno sperduto quartiere della ridente città di Bolzano sia ubicata una piiiccola bottega artigiana che produce sogni e felicità, All Computers. Chiunque si addentri, non dico nel retrobottega, dove accadono eventi mirabili, ma anche solamente fino al bancone del piccolo mondo fatato, può beneficiare dell'aura magica che avvolge l'intera bottega. Essa è abitata da uno gnometto simpatico e rubicondo che risponde al nome di Apolo e che, dietro ad una fittizia attività di informatico e riciclo di denaro sporco, nasconde in realtà tutt'altra natura. Egli infatti si diletta nelle pratiche magiche attorniato e supportato da uno stuolo di fatine, elfi e folletti i quali, oltre a fornirgli ingredienti per pozioni e vittime sacrificali, di tanto in tanto si adoperano nella riparazione di pc per coprire le arcane attività esoteriche di Apolo.
Io ci sono stata.
Ho trascorso l'intero pomeriggio nascosta tra le cartucce Epson spiando le mosse del maghetto ed ho scoperto misteri e magie inimmaginabili!! Un giorno, se vorrete, ve le narrerò. Se passate di lì, entrate e rendete omaggio all'eccelso maghetto donandogli oro, incenso e mirra. Lui vi ricompenserà trasformandoli in piombo...

Apolus l'Eccelso


Chi è costui? Ma come, non lo conoscete? Allora non vi è mai capitato di avere il pc in panne! Perché quest'uomo, amici miei, oltre che il mio illustre maestro di vita (si fa per dire...) è anche e soprattutto un esperto di...ehm...cose... tipo: hai tirato su 97 virus pestilenti che minacciano di mettere KO il tuo amico elettronico? Non ti funziona Internet? Hai la memoria invertita? Hai fuso le porte di popap, o forse erano già così quando hai acquistato l'arcano ordigno? Non trovi più le icone sul "desto"? Bene amico! Hai trovato la persona che fa per te: Apolus l'Eccelso!
Presentati alla porta del suo negozio con un sorriso e tanta pazienza perché, si sa, i geni sono alquanto suscettibili. Se comincerà a maledirti tirerai fuori una corona d'aglio che gli infilerai prontamente al collo, poi lo aspergerai con acqua santa. A quel punto sarà disposto a sistemarti il pc anche a gratis e senza protestare perché gli avrai raccontato un sacco di balle minimizzando le effettive rogne della macchina. Non è un tipo semplice da trattare, ma se si hanno gli strumenti giusti è un agnellino. Insomma, se non lo fosse non porterebbe la tunica papale, no?
Ah, Apolus, se non ci fossi bisognerebbe farti quanto meno disegnare...

Theoi mèn gar eisin


Cerchiamo di conoscere le cose che fanno la felicità, perché quando essa c'è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo
per possederla.

Pratica e medita le cose che ti ho sempre raccomandato:
sono fondamentali per una vita felice.

Prima di tutto considera l'essenza del divino materia eterna e felice (...). Non attribuire alla divinità niente che sia diverso dal sempre vivente o contrario a tutto ciò che è felice,
vedi sempre in essa lo stato eterno congiunto alla felicità.

Gli dei esistono, è evidente a tutti,
ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha.
Perciò non è irreligioso chi rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce alla divinità. Tali giudizi, che non ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come si pensa che gli dei siano, possono
venire da loro le più grandi sofferenze come i beni più splendidi. Ma noi sappiamo che essi sono perfettamente felici, riconoscono i loro simili, e chi non è tale lo considerano estraneo.

(Epicuro, Lettera sulla felicità)

mercoledì 4 luglio 2007

Viaggio ad Atene (giorno quinto)

Mercoledì 2 giugno 2004
Ore 3,00. BI- BIP! BI-BIP! SVEGLIAAA!
“Ma se ci siamo appena coricate? E’ già ora?” Pat non vuole crederci.
“Su, si era d’accordo di non fare storie. Al massimo in mezzora dobbiamo essere in macchina!” Sibilla, scattata subito in piedi, comincia a trafficare tra i bagagli. Le valigie sono già pronte, devono solo vestirsi e cercare di uscire dal coma… e dalla città –cosa non semplice-.

Ore 3,38. Detto addio all’hotel che le ha ospitate durante la loro breve vacanza, le tre sgabinate salgono in macchina alla volta dell’aeroporto Venzelaos.
“Non dev’essere difficile trovare la direzione giusta, dato che sono tre giorni che, ad ogni angolo, troviamo i cartelli con le indicazioni per l’aeroporto.” Sibilla non mette in dubbio, nemmeno per un istante, che Tania troverà la strada in pochi minuti.
Ma… mai sottovalutare la potenza dell’imbecillità!!

Ore 3,52. “Ma dove siamo finite?” Sibi si guarda attorno spaesata. “Dove sono i cartelli Venzeslaos?”
“Siamo finite in mezzo al nulla…” Patty cerca invano una presenza umana tra le vie.
“E ora? A chi chiediamo se la strada è deserta?”
L’abituale scena della perdita dell’orientamento si ripete anche al momento della partenza. Le tre pazzoidi stanno per cedere allo sconforto, già immaginando il loro aereo in fase di decollo senza di loro. Fortunatamente, da dietro l’angolo sbuca una motoretta a tutta velocità. Patty non perde tempo.
“Seguilo, presto!” Grida all’amica alla guida.
Tania accosta il motociclista e gli chiede di indicare loro la direzione per l’aeroporto, ma lui fa loro cenno di seguirlo e parte a razzo.
“C’è solo da sperare che abbia capito bene!”
L’Opel insegue il suo benefattore che ad un certo punto, dovendo svoltare a destra, fa loro cenno di andare sempre dritto. Sibilla fa un cenno di saluto, e si gira in tempo per notare che Tania sta di nuovo sbagliando strada. Se ne accorge anche il motociclista che si mette a sbracciare per indicare loro l’errore. Troppo tardi! Comunque, per pura fortuna o per opera divina, riescono alla fine a trovare la retta via lungo la superstrada a quattro corsie.
“Ma siamo proprio sicure che sia la giusta direzione?” I dubbi di Sibilla non cedono di un millimetro.
“Guarda! C’è un tipo su uno scooter, vuoi che mi avvicini?”
“Sì dai!”
Tania porta la macchina pericolosamente vicina al povero malcapitato che, oltretutto, non indossa il casco di protezione.
“Attenta a non stenderlo!” Pat sembra preoccupata per l’incolumità dell’incauto viandante notturno.
“Scuuuusiii!” Sibi si sporge dal finestrino per richiamare l’attenzione del motociclista. “Per l’aeroportooo?”
Lui le osserva ben, fa una faccia dubbiosa e fa loro cenno di seguirlo.
“Dev’essere un vizio dei Greci!”
“O forse ha capito che siamo rimbecillite!”
“Ma sta andando ai 30 all’ora! Chi glielo spiega che alle 5 dovremmo raggiungere l’aeroporto?”
Nonostante la sfiducia accordatagli dalle tre sventurate, qualche centinaio di metri dopo, l’amico si gira e fa loro cenno di seguire i cartelli per l’aeroporto. Sibila non è convinta e non lo lascia andare tanto facilmente.
“Scuuusii! Ma Venzelaos e Marcopoulos…” e accompagna la voce unendo nel senso della lunghezza i due indici come per dire “Una fazza,una razza?”
Lui comprensibilmente non capisce l’allusione e, con un’espressione poco sveglia, annuisce sorridendo a Sibilla.
Vabbè…
All’improvviso…
“ECCOLOOO! Svolta, presto, vai a destra! SVOOOLTA!”
“Cosa state blaterando?” Tania, poco sveglia, non capisce cosa vogliano segnalarle e tira dritto.
“Niente, ormai…”
“C’era l’indicazione corretta per l’aeroporto!” Patty tende palesemente alla disperazione.
“Non c’è problema! Prendiamo la prossima uscita! Eccola lì!” Tania non si perde d’animo ed imbocca l’uscita portando la macchina direttamente in mezzo ad un groviglio di vicoli a senso unico.
“Oh nooo!” Sibilla vorrebbe strapparsi i capelli.
“Non preoccupatevi! Ora basta svoltare di qua e riprendere la direzione di prim…”
“C’è un altro senso unico.” L’avvisa Patty che non ha dimenticato l’esperienza argiva.
“Beh, io lo percorro lo stesso contromano, tanto a quest’ora chi vuoi che ci fermi?”
Stavolta la fortuna le assiste e riescono addirittura a trovare l’indicazione per l’aeroporto. BRRAVISSSIME!!

Ore 4,31. Finalmente a destinazione! C’è solo un problema…
“Qualcuno deve rimanere a fare la guardia alle valigie mentre le altre parcheggiano l’auto. Patty..?”
“No, vi prego, ho paura!”
“Per favore! Noi dobbiamo portare la macchina al parcheggio. Torniamo fra poco!”
E così, seppur malvolentieri, Pat si arma di carrello e porta a spasso le valigie e gli zaini, caricati uno sull’altro. Vedendola salta in mente il paragone con i barboni armati di carrello pieno di ogni sorta di cianfrusaglie.
“Vai Pat, che sei la migliooore!” Le gridano le amiche dal finestrino.
“Fate presto!” Risponde loro con tono intimidatorio.
Anche se seguire i cartelli può sembrare elementare, la ricerca del parcheggio si rivela non più semplice di quella dell’hotel nei giorni precedenti. Dopo due giri completi su e giù per le rampe dello scarico dei bagagli dei passeggeri in arrivo (piano terra) ed in partenza (piano rialzato), finalmente si materializza l’area dei parcheggi.
“Bene. Tania, ora parcheggia al 266.”
“Ma è occupato!”
“Ecco, te l’avevo detto io che bisognava lasciare la macchina fuori dall’ufficio del Rent Car! Che ne sanno loro che non gliela restituiamo carbonizzata?”
“Abbiamo anche rischiato che finisse così, tra l’altro!”
Il parcheggio è deserto, a parte due turisti, armati ognuno di un trolley gigantesco, che vagano con aria spaesata fra le vetture. Sibilla ci si aggrappa come fosse l’unica possibilità di salvezza.
“Che culo, due anime! Che dici, chiediamo a loro? Magari stanno restituendo la macchina!”
“Ok, ti aspetto qui.”
Sibilla scende dalla vettura e chiama i due errabondi viaggiatori. Si apre una discussione in inglese di cui Tania non capisce una sola parola. E’ quasi sul punto di chiedere all’amica cosa stia succedendo, quando la portiera posteriore si apre ed un trolley mostruoso fa capolino in macchina spingendosi sul sedile. Dietro alla valigia, una signora bionda in ginocchio sul sedile tenta di salire in macchina issando un secondo trolley. Il suo culone toglie a Tania la visuale di Sibilla.
“Sibilla! Che sta succedendo? Chi è questa signora che si sta incastrando nella nostra macchina?”
“Ah, è tutto sotto controllo! Gli diamo un passaggio fino all’uscita dell’aeroporto, devono cambiare la macchina!”
“Aah, ora si spiega tutto!”
Il marito della tipa si siede accanto alla moglie, ma la portiera stenta a chiudersi a causa delle valigie ingombranti. Così, con uno scatto secco, il tipo si chiude la chiappa nella portiera e l’Opel si rimette in moto. I due coniugi americani si stupiscono della familiarità di Tania con le stradine contorte circondanti l’aeroporto.
“Sa, è la terza volta che le percorriamo, sempre in tondo!”
Scaricati gli autostoppisti davanti agli Arrivi, Sibilla si informa sulle modalità di restituzione della vettura, per poi scoprire che possono parcheggiarla su qualsiasi numero libero. E così, di corsa nuovamente verso il parcheggio.
“Addio, cara macchinina compagna di sventure!”
Il commiato è quasi commuovente!

Ore 4,53. Patty ha trovato un posticino comodo e sta scrivendo le sue memorie, quando improvvisamente vede con la coda dell’occhio una mano che afferra lo zaino di Tania e fugge. E’ questione di un attimo. L’istinto omicida monta prepotentemente nell’animo combattivo della nostra Pat che parte all’attacco, pronta a far fuori l’incauto ladro… ma …
“Tania! Sei tu! Che colpo!”
“Missione compiuta! Andiamo al Chek In!”
Piene di borse, bagagli e rotoli di cartone, raggiungono il nastro trasportatore. Ma una figura elegantemente di nero vestita si para loro davanti.
“Non qui! Questa è la prima classe. Per l’Economy allo sportello vicino! Grazie…”
Tania è quasi risentita.
“Come si permette? E se fossimo state delle miliardarie?”
“Ma ci hai viste bene?” Sibilla squadra da capo a piedi prima se stessa e poi le due compagne di viaggio.
“In effetti sembriamo delle disperate. Altro che prima classe!” Conviene Patty.
Lasciate le valigie sul nastro, le nostre sciagure ambulanti cercano un bar dove bere un caffè (Che schifo il caffè greco di Tania!) e delle sedie dove accamparsi per smangiucchiare le loro merendine. Sedute sulle poltroncine d’attesa, Sibi e Pat raccontano alla videocamera le numerose vicissitudini che le hanno seguite fino all’aeroporto. Ben presto giunge l’ora di imbarcarsi. All’ingresso del gate si ripete il rito dello zaino sul nastro trasportatore. Sibi e Pat passano indenni il controllo, ma al passaggio di Tania tra i due sensori… Bip Bi-bip! L’addetto si precipita con un aggeggio simile ad un manganello verso Tania che lo guarda allarmata.
“Le giuro che non ho armi addosso! Il coltellino l’ho lasciato a Roma all’andata!”
Dopo un controllo accurato, il giovane si rende conto che l’unico pezzo di metallo addosso alla poveretta è la placca della cintura.
“Non sono una terrorista!”
“Vada pure, è pulita!”
“Sì che son pulita, io!” La giovane è un po’ risentita. “Adesso mi prendo lo zaino e andia… Dov’è il mio zaino? Perché è rimasto bloccato nel tunnel? E’ troppo ingombrante? Me lo ridate, per favore?”
I tre addetti al controllo non rispondono. Stanno infatti osservando con crescente interesse il monitor che ritrae la radiografia del mostruoso zaino di Tania.
“Cos’è quella roba?” Chiede uno agli altri indicando contemporaneamente con il dito una macchia nera sullo schermo.
“Cos’è? Cosa guardate? Nonportoarmi,giuro! LeholasciateaRoma! Forse quello non è il mio zaino!” Normalmente, quand’è agitata, Tania comincia incomprensibilmente a parlare a macchinetta come una pazza, senza interporre spazi tra le parole.
“Ah, dev’essere il caricabatteria della telecamera!” Interviene Sibilla, per salvare l’amica in evidente difficoltà.
“Ah! Ih Ih Ih! -risata isterica- Sì, è vero! E’ il caricabatteria della telecamera, e c’è anche quello della fotocamera. Noncicredete? Velogiuro!” E, presa dal panico vedendosi praticamente già ammanettata e rinchiusa in una cella oscura –a mo’ di Bridget Jones II- solo per aver voluto immortalare le bellezze elleniche, apre la borsa contenente la videocamera per avvalorare le sue affermazioni senza interrompere il fiume di parole. L’opera di convincimento ha effetto, tanto che, per non doverla sopportare oltre, la cacciano letteralmente via. Tania tira un sospiro di sollievo e si appresta a raggiungere le amiche che, fingendo di non conoscerla, si erano allontanate.
“Ti abbiamo vista in una tale brutta situazione da renderci conto di non poter fare nulla per aiutarti.” Spiega Pat facendo spallucce.
“Grazie mille!”

Ore 6,15. Si vola verso casa! Il volo si svolge, stranamente, in tranquillità, anche perché le tre sventure ambulanti sono praticamente svenute sulle loro poltroncine. Nemmeno la famigerata scatolina verde contenente la “colazione” riesce a far resuscitare Tania e Sibilla, mentre l’irriducibile Pat scarta soddisfatta il secondo plumcake della giornata appena iniziata.

Ore 7,22 Ora locale. Una volta nuovamente a terra –meno male!- si preparano a raccogliere i loro effetti personali per abbandonare l’efficiente –è il caso di dirlo!- velivolo. Pat fa per staccare il posteriore dal sedile quando un tubo di cartone le cade violentemente in testa. Il passeggero del sedile dietro il loro, infatti, sta cercando nello sportellino sopra le loro teste, il suo bagaglio a mano. Mentre Patty dolorante si appresta a recuperare il tubo contenente i dipinti di Antonia, Tania si affretta a togliere dalle mani dell’imbranato viaggiatore il sacchetto con le loro merendine.
“Il tubo è nostro, grazzzie! E questa è la nostra colazione! Grazzzie!”
Tà si guarda intorno in cerca di qualcuno al quale chiedere di poter avere una copia del giornale in lingua greca per Patty che vorrebbe portarlo a casa come souvenir. Fortunatamente qualcuno ha lasciato sul sedile proprio l’inserto che interessa a Patty. L’hostess, molto gentile, si avvicina a Tania e porgendoglielo aggiunge: “Tenga, se riesce a tradurre questa strana lingua!”
“Ma è greco!” Replica l’altra indignata. E tra sé: “Ma come fa un’hostess in volo dalla Grecia a non riconoscere l’alfabeto? Mah…” Giunta in testa all’aereo, impacciata dall’enorme zaino plumbeo –nel senso che pesa come fosse di piombo-, trova lo stuart che, intento a chiacchierare, blocca il passaggio con la sua mole taurina.
“Arrivederci!” Squilla la vocina della disgraziofora (Dal greco, portatrice di disgrazie).
L’uomo, non solo non la caga minimamente, ma non accenna nemmeno a togliersi di torno. Tania non ci prova una seconda volta, ma spingendo con tutte le sue forze, s’intrufola nell’esiguo spazio tra l’omaccione e la parete del velivolo.
“S-c-u-s-i! Si tolga! A-c-c-i-d-e-n-ti!”
A rendere più comica la situazione, dietro a Tania si sentono chiaramente i commenti comici di Patty. Con non poca fatica, la giovine riesce ad aprirsi un varco senza che l’uomo si accorga di nulla.
“Non ditemi che eravamo nelle mani di questo rimbambito!”
“Oh! Finalmente a Roma!” Finalmente spunta anche una Sibilla in condizioni disastrose. Inguardabile. La lunga pennichella ad alta quota ha lasciato visibili segni sul viso dell’attraente fanciulla, che ora risulta irriconoscibile alle compagne di viaggio.
“Ma è lei?” Bisbiglia Patty preoccupata.
“Sì, purtroppo! Poverella…”
“Sono solo un po’ stanca!” Si giustifica Sibi.
“Ah, allora va bene!” Esclama Patty con aria beffarda.

Ore 7,35. Recuperato e caricato un carrello in un modo che sfida la legge di gravità, le tre disgraziate, gonfie di sonno come tre zampogne stonate, scorrazzano per l’aeroporto per far passare il tempo.
“Non possiamo mica stare tutte quelle ore sedute a mo’ di barbone!” Spiega Sibilla alle altre due che, invece, non disdegnerebbero l’idea di fare del sano baronaggio.
“Ma a che ora abbiamo il volo per Bolzano?” Chiede ingenuamente Patty.
“Tra solo sei ore!” Le risponde Tania con la naturalezza che avrebbe usato se le avesse invece chiesto un fazzoletto.
“Che? Stai scherzando?” Pat spera che si tratti solo di una burla di cattivo gusto.
“No! E’ vero!” Interviene Sibi. “Lo si sapeva ben, no?”
“Sì, ora che me lo dici. Ma avevo completamente rimosso.”
“Dai, l’aeroporto è grande, ce lo giriamo tutto ed arriva subito ora di imbarcarci di nuovo.” Propone Sibi non perdendo il suo ottimismo. Poi si ferma ad osservare qualcosa. “Ma quello non è Albano?”
“E’ vero!”
“Non lo caga proprio nessuno, poveretto!”
Da lontano notano l’insegna di una libreria e decidono di fare un giro lasciando sempre una di guardia al carrello modello barbone. Nel frattempo passa di là anche Nancy Brilli, ma nessuno sembra interessarsene.

Ore 9,01. Durante una sosta alla toilette, Sibi attacca bottone con una signora toscana che vorrebbe portarsi la valigia in bagno per paura che gliela portino via. Comincia così una lunga disquisizione di gruppo sulle modalità di furto e sulle esperienze capitate ad amici e conoscenti. Ad un certo punto, rendendosi conto di non poter intasare oltre la toilette con i loro carrelli strapieni, le chiacchierone si salutano e si augurano a vicenda buon viaggio.
La carrellata dei negozi continua, ma le tre fanciulle cominciano ben presto a sentire il peso della stanchezza accumulata alla quale cedono accampandosi in un angolo provvisto di seggioline. Tania compra una monografia di Archeo per passare il tempo insieme alle sue rovine greche, Patty scrive le sue memorie interrotte bruscamente all’aeroporto di Atene, Sibilla si corica scossa da brividi di freddo.

Ore 10,47. Le ore passano e la situazione peggiora fino a degenerare. La povera Sibi, infatti, si lascia travolgere da una crisi isterica causata dalla stanchezza e dal freddo ai piedi. Osservandola, le altre non sanno come tirarle su il morale ormai incollato al pavimento.

Ore 11,53. Finalmente giunge l’ora di recarsi a fare i biglietti d’imbarco. Le tre poverette si trascinano stancamente al gabbiotto e consegnano i documenti. La signorina, consegnando loro i documenti, le avvisa che l’imbarco si effettuerà alle ore 12,55.
“C’è tempo!” Commentano in coro.
“Andiamo a mangiare qualcosa di caldo?” Propone l’affamata Pat.
“Oh, il tuo stomaco non sciopera mai, vedo!” Sibi trova la forza di commentare sorridendo l’abbuffinaggio dell’amica filiforme.
E così si consolano con una pizza al taglio aspettando che la loro Odissea abbia fine. Nel frattempo, attorno a loro si avvicendano gli altri viaggiatori di passaggio per mangiare. Un signore ben vestito, seduto al tavolo accanto, chiede loro di dare gentilmente un occhio alla sua ventiquattrore mentre si reca al bagno. Ed in quei pochi minuti di assenza del legittimo proprietario del posto a tavola, alle tre ragazze tocca pure combattere con un tipo antipatico che, occupato il posto dell’altro, non ne vuole sapere di lasciarlo libero.

Ore 12,55. “Oddio! Ma è tardissimo! Dobbiamo andare all’imbarco!”
Raccolte le loro scarabattole, le tre sventurate si precipitano trafelate all’imbarco. Questa volta le tac ai loro zaini non presentano nulla di strano, perciò l’operazione si svolge abbastanza velocemente. Se non che, dopo essere stata fermata dal consueto BIP BIP a causa questa volta del cellulare che ha dimenticato nella tasca dei jeans, al momento di raccogliere i suoi bagagli dal nastro, Tania si accorge che il suo prezioso tubo è sparito.
“Alt! Dov’è finito il mio tubo? E’ rimasto dentro il tunnel?”
Siccome nessuno sembra curarsi di lei, Tania si mette alla ricerca del tubo. Lo trova nel l’angusto corridoio fra il nastro trasportatore e quello accanto. Non riuscendo a sporgersi a sufficienza, decide di fare il giro e di infilarsi nel corridoio, naturalmente tenendo lo zaino al sicuro sulle spalle. Le sue compagne di sventura vedono spuntare tra i due nastri, un culone sormontato da uno zaino-valigia.
“Tania, che stai facendo?”
“Ho perso il tubo!” Risponde una voce strozzata dal cunicolo.
Zaini in spalla e tubi sotto il braccio, inizia la lunga corsa verso il gate.
“Dev’essere qui, dietro l’angolo!” Patty incoraggia le compagne.
Ma, ahimè, le insegne da lontano indicano loro che la via è ancora lunga, che bisogna svoltare innumerevoli volte per i corridoi prima di raggiungere la meta. Le tre, dopo aver atteso quasi sei ore girandosi i pollici, ora rischiano seriamente di perdere il volo.
“Correte! Presto!”
Svoltato l’ennesimo angolo, improvvisamente si trovano davanti al loro gate. I tre addetti all’imbarco si girano in tempo per vederle giungere trafelate, sfatte e cariche di bagagli.
“Ah, ECCOLE! Chiama e dì che non è più necessario l’annuncio…” Tuona simpaticamente l’omaccione del gruppo. “Signorine taldeitali?”
“Sì! Siamo noi!”
“Ci siamo perse per i corridoi!”
“Stavamo per farvi chiamare con l’altoparlante. Il vostro volo è in via di decollo, aspettavamo solo voi!” Annuncia loro quello che sembra essere il capo, l’omone dal viso giocondo.
“Ma ci controllate?” Chiede Tania stupita crogiolandosi nell’idea che le avrebbero annunciate con l’altoparlante come tre star internazionali. Già s’immagina la scena della voce riecheggiante per l’aeroporto: “DING DONG! Le gentilissime ed egregie signorine Bellinazzi Patrizia, Marchetto Tania e Pedron Sibilla sono pregate di recare la signoria loro all’imbarco del volo per Bolzano, che non partirà comunque senza il carico prezioso della loro presenza.”
“Già, sappiamo tutto di voi.” Risponde l’uomo. “Sappiamo anche che provenite da Atene.”
GULP!
“Dai, saliamo sul pulmino. Gli altri passeggeri sembrano un po’ incazzati…” Nota preoccupata Pat. “Sibilla, tu non vieni?”
“Ehm, non trovo più il biglietto! Dove l’ho messo?” Sibilla, in preda all’angoscia, sta rovesciando a terra il contenuto dello zaino davanti allo sguardo sconvolto dei tre addetti all’imbarco. “M-Mi scusi, ora lo trovo, eh!”
Pochi minuti dopo il pulmino si mette finalmente in moto con a bordo le tre ritardatarie che gli altri passeggeri osservano con astio. In fila davanti all’unico sportello dell’aereo, i passeggeri muniti di bagaglio lo consegnano perché venga caricato nel bagagliaio. Il velivolo è infatti così minuscolo che per riempirne la coda con le valigie basta veramente poco. Tania, davanti alle altre due, si appresta a mettere un piede sulla scaletta e…
“Scusi, signorina!”
“NOOO! ANCORA? Ma ce l’avete tutti con me?” Sbotta fra sé la iellofora fanciulla.
“Il bagaglio andrebbe nel deposito…” comincia l’uomo.
“Ma io l’ho già consegnata, la mia valigia!” Gli spiega lei come se parlasse con un imbecille.
“E… quello?” L’uomo indica lo zaino mostruoso poggiante sulle spalle di Tania come un guscio sul dorso di una lumaca.
“Ah, questo? Ma è SOLO il mio bagaglio a mano!” Sorride la ragazza come se nulla fosse.
“Se non da fastidio a lei, può tenerlo!” Le concede l’uomo, con un’espressione poco convinta stampata sulla faccia.
“Grazie!”
Sibilla e Patty ringraziano il cielo che la vacanza si stia concludendo senza grossi incidenti, perché, per come si era imbarcata la faccenda, rischiavano seriamente di non tornare a casa illese.

Ore 13,27. Stravaccate comodamente sulle loro poltroncine, si danno a commenti simpatici sugli ultimi sviluppi della loro avventura. L’aereo però è piccolo e gli altri passeggeri cominciano a spazientirsi per la confusione creata da quei tre ordigni vaganti.
“Che bella la tua maglietta, Pat!” Commenta Sibilla.
“Già! L’ho presa da Intimissimi.”
“Ma l’hai messa rovescia?”
“No! E’ fatta così.”
“Io vedo le cuciture.” Interviene Tania.
“Eh, le han fatte apposta!” Ribatte Patty spazientita dall’insistenza delle compagne.
“Allora gira un lembo e vediamo com’è l’interno!”
L’interno è perfettamente liscio, senza cuciture visibili. OPS!
“Non posso scendere dall’aereo con la maglietta rovescia!” Si dispera Pat.
“Non vorrei angosciarti, ma è da stamattina che la indossi rovescia. Minuto più, minuto meno..” Tania cerca di sdrammatizzare.
“No! La devo girare subito!” S’incapponisce Patty.
“Sei impazzita? Non vedi che siamo su un aereo piccolissimo!” La rimprovera Sibi. Ed in bisbiglio aggiunge: “Dietro c’è pure la Cagnotto! Che figura ci fai?”
Ma Pat non sente ragioni e si denuda mentre Sibilla, imbarazzatissima, le fa da paravento con il giubbotto in jeans guardandosi attorno con aria preoccupata. Poi si gira verso Tania che si gode la scena sghignazzando, e le bisbiglia: “Quando siamo partite era pudica e composta. In questo istante è su un aereo in reggiseno. Ti rendo conto? Tania, abbiamo creato un mostro!”

Ore 14,38. Dopo un’oretta abbondante di viaggio, finalmente il minuscolo aereo si prepara ad atterrare nell’altrettanto minuscolo aeroporto di Bolzano e riporta a terra le tre temerarie compagne di sventura.
“Che strano! Siamo state lontane solo 4 giorni, ma mi sembra sia passata almeno una settimana.” Commenta malinconica Sibilla.
“E’ vero. Ce ne sono successe così tante da poter riempire un diario!” L’idea a Tania non dispiace.
“Che tristezza però dover tornare a casa!” Anche Pat è dispiaciuta per la fine della loro avventura ateniese.
Ritirate le loro valigie a brandelli a causa del trattamento poco gentile riservatogli dai romanacci, Sibi, Tà e Pat si dirigono verso la hall. E’ vero, la loro piccola vacanza si è conclusa, ma nel loro cuore si sentono davvero fortunate e pensano divertite a tutto ciò che in soli 4 giorni hanno vissuto insieme e che presto racconteranno ai loro cari tra una risata e l’altra.


Nota dell’autore

Qui si conclude il diario di una breve vacanza in Grecia di tre ragazze fuori dal comune. Qualcuno leggendolo potrà trovarlo divertente, qualcun altro lo riterrà magari banale, di certo ci sarà chi si metterà le mani nei capelli giurando di non intraprendere mai nulla in compagnia anche solo di una di noi tre. Vorrei rasserenare le persone che ci amano assicurando loro che un tale susseguirsi di disavventure, in un lasso di tempo tanto breve, è solo la naturale conseguenza del fortuito incontro di tre spiriti inquieti, imbranati e pericolosamente inclini alla ricerca di avventure con cui rendere più piccante la propria esistenza. Incredibilmente, ognuna di loro ha però potuto far ritorno a casa illesa e sulle proprie gambe, anche se questa vacanza non sarà di certo un argomento di cui, ormai nonne, narreranno con orgoglio ai nipotini come esempio della loro giovanile virtù. Però è indubbio che questo breve viaggio alla scoperta della Grecia rimarrà per sempre nei loro ricordi più piacevoli e divertenti, ed è altrettanto certo che, rileggendo tra qualche anno questo scritto, sorrideranno tra le lacrime ricordando una bella amicizia sbocciata tra le antiche rovine elleniche.

Ringraziamenti

Vorrei ringraziare innanzitutto i baldi Elleni che ci hanno ripetutamente soccorse nei quotidiani momenti di totale smarrimento: il tassista bastardo che sosteneva di non conoscere l’odos Kolonou, il nonno di Heidos e la sua signora impaillettata ed infine i due motociclisti che, pur potendolo, non sono fuggiti alla vista delle tre disgrazie, ma hanno accettato di dare loro una mano a ritrovare la retta via.

Vorrei inoltre ringraziare tutti i folli automobilisti ellenici per aver contribuito a preservare i preziosi specchietti della nostra Opel e per non averci mandate troppo a cagare, considerando la nostra guida malsana; un grazie anche ai taxi e ai bus per aver pazientato durante le nostre ripetute, ma non volute, invasioni di corsia.

Un grazie di cuore va in modo particolare a due persone speciali che ci è stato dato di incontrare, Antonia e Dimitri, i quali ci hanno fatto conoscere il vero spirito di ospitalità e la profonda cultura di alcuni Greci.

Grazie ai bigliettari dei siti archeologici che non hanno controllato la validità dei nostri documenti lasciandoci scorrazzare gratuitamente per le millenarie rovine, e grazie anche a quel pignolo bigliettaro delfico per averci, se non altro, fatte ridere un po’ –se ce ne fosse stato bisogno!

Grazie anche a voi, secolari ulivi, per averci protette con le vostre fronde da sguardi indiscreti e grazie al dio Sole per averci bruciacchiate durante le nostre scarpinate.

Un ringraziamento particolare va alle forze dell’ordine aeroportuali per averci protette da eventuali attacchi terroristici e soprattutto da noi stesse.

Nei ringraziamenti non posso omettere i nostri genitori i quali, pur consapevoli della sconsideratezza delle loro figlie, non hanno intralciato i nostri progetti e si sono limitati ad accendere qualche cero alla Madonna per precauzione. Grazie di cuore anche ad Alberto, Maurizio, Cristina e Marco che, con tutti i rischi connessi, ci hanno accompagnate all’aeroporto, ed a Lalla e Mattia che hanno sostenuto una vera e propria Maratona per salutare la zia in partenza. Un ringraziamento anche a chi, leggendo le bozze di questo diario in fieri, mi ha incoraggiata con critiche costruttive ed entusiastiche ad andare avanti nella stesura di questa fatica.

Ultime, ma non per importanza, vorrei dare il mio GRAZIE più sentito alle mie compagne di viaggio, Patty e Sibilla. Visitando Atene ho finalmente realizzato il mio sogno più grande, e l’ho fatto avendo accanto due vere calamità naturali che hanno reso l’esperienza davvero divertente, esilarante… indimenticabile. So con certezza che questa breve vacanza resterà nel mio cuore per sempre, unica nel suo genere come uniche sono le due amiche che mi hanno accompagnata. Senza la loro simpatia, il loro umorismo e soprattutto senza il feeling che si è instaurato da subito tra noi, il nostro viaggio non sarebbe stato tanto meraviglioso. Dopo essermi scervellata a lungo per scrivere questo diario, ora mi mancano le parole per esprimere quello che ho dentro, così dirò solo “Grazie, amiche mie”...


Scuse

Ho aggiunto quest’ultima voce, doverosamente, in onore di un nostro particolare amico che ha rischiato la vita a causa nostra. Le mie scuse vanno al coraggioso benzinaro che probabilmente resterà segnato a vita dall’incontro con i tre pericoli ambulanti che volevano fargli saltare per aria un’attività faticosamente costruita. Ci auguriamo tutte tre che si riprenda al più presto.

Viaggio ad Atene (giorno quarto)

Martedì 1 giugno 2004


Ore 8,00. BI-BIP BI-BIP!!
“Ohhhh! Meno male che alle 5 di stamattina mi sono impasticcata per bene! Finalmente sono riuscita a dormire fino al suono della sveglia!” Tania è già pimpante e salta giù dal letto come un grillo.
“Noo, è già ora di alzarsi?” Pat, come ogni mattina, si gira dall’altra. Necessita di almeno 10 minuti di tempo per smaltire lo shok del risveglio.
“Alzatevi, miei prodi! Oggi, vedrete, riusciremo a partire in orario ,alle 10 in punto!” Tania non vuole sentir ragioni.
Sibilla, rassegnata, inizia con impegno il mattutino spalmamento di anticellulite e, per convincere Patty, le offre un po’ della sua crema. Il ghiro abbuffino si sveglia dal letargo e, con un occhio chiuso e l’altro gonfio di sonno, cerca di non spalmarsi la crema nei capelli. Ma…
“Oddio!” Urla all’improvviso Pat in preda al terrore. “Ho un’enorme macchia rossa sulla gamba, proprio lì dove ho spalmato la crema!”
“Ma va là!” La prende in giro Tania.
“Sì, ve lo giuro! Ho la gamba in surriscaldamento..”
“Cavolo, è vero, ma a me non è successo.” Sibilla confronta la sua pelle con quella di Pat. “Speriamo che non ti vada in autocombustione!”
“Eh, ridete pure, voi, tanto sono io che sembro un’enorme fragola!” Pat sembra risentita, ma le altre non la prendono troppo sul serio.

Ore 9,00. Al buffet, dopo la consueta corsa all’accaparramento del cibo –solite scene da morte di fame- si svolge l’operazione ruba il panino senza farti vedere. Sibilla, fallito ogni precedente tentativo di svuotamento della panciotta (“Sembro incinta di cinque mesi!”), si reca sconsolata al bagno degli handicappati, mentre le altre svuotano i vassoi di prosciutti e formaggi per farcire i panini. Ma la cameriera, sempre in agguato, le vede e le fulmina!

Ore 10,30. Partenza! Tania alla guida, Sibilla nel ruolo di navigatore, Patty, sul sedile posteriore, nel ruolo di lamentatrice.
“Certo che ‘sto sedile è di una scomodità!”
“Tieni duro Pat!” La incoraggia l’ottimista Tania. “Il tragitto Atene-Delfi è più breve di quello Atene-Epidauro.”
“Ma prendiamo la superstrada?” Sibilla, cartina alla mano, sta valutando il tragitto più veloce.
“Ma no, ci porta troppo a nord! Io direi di prendere la statale che, in linea quasi retta, collega Atene con Delfi, passando per Tebe. Come chilometraggio, secondo me è lo stesso. In due orette saremo lì, vedrai!”
Sibilla non è troppo convinta dalle parole di Tania. “Sarà…”
Meglio farsi venire qualche sano dubbio!!

Ore 11,00. Dopo soli 30 minuti, a regime di traffico normale, riescono finalmente ad uscire dalla città.
“Beh dai! Vorrà dire che saremo lì per l’una!” Nonostante le numerose esperienze negative degli ultimi giorni, l’ottimismo a bordo della sfig-mobile non viene meno.
Ma il viaggio si rivela tutt’altro che rapido e agevole, infatti…
“Dalla cartina non si nota che l’Attica è montuosa!” Tania si stupisce del continuo salire della strada che s’inerpica tortuosa sulla cima di alti monti.
“Secondo te, perché avrebbero costruito una superstrada, altrimenti?” Sibilla comincia a rendersi conto.
“Vabbeh, dai, almeno ci facciamo un giro sui monti greci!” Cerca di salvarsi Tania.
“Sì, ma non ci stai mica tu su questo sedile terrificante!” Rincara Pat imbestialita.
Il viaggio continua in salita, la strada non accenna a smettere di attorcigliarsi in modo innaturale su se stessa, tanto che alle tre sembra di girare sempre in tondo. Ma, dietro una curva, spunta una casa.
“Oh!” Patty si accende di entusiasmo. “Che bella villetta! Ma… ci vedo male o si sta muovendo?”
Ed infatti la casupola, come il guscio di una lumaca –anche la velocità di spostamento ricorda in effetti quella del viscido esserino cornuto- si sposta seguendo la linea zigzagante della strada. La lentezza esasperante di movimento del piccolo condominio diventa motivo di ridarella per le tre entusiaste della vita, che estraggono la videocamera per riprendere la scenetta comica. Patty fa una ripresa con tanto di commento divertito, senza però premere il pulsante di registrazione, tanto che dell’avvenimento non rimane alcuna traccia. Comunque, ignare della mancata registrazione, le tre continuano a sghignazzare e a farsi burla della casa ambulante.
“Sai che ridere se si capotta in curva? Gli tocca lasciarla qui, chi la tira più sù? Ah ah ah!”
Ma, si sa, un bel gioco dura poco, e dopo qualche minuto…
“Scusi, signora casetta, lei è molto simpatica, ma lo sarebbe di più se si spostasse e ci lasciasse continuare il nostro già lungo viaggio ad una velocità superiore a quella che stiamo percorrendo ora (25 km/h). Sennò a Delfi ci avviviamo quest’inverno!”
Niente!
1 km dopo…
“Ma non vede che siamo qui dietro?” Tà ha smesso di ridere e si sta incazzando. “Allora, porca vacca?”
Anche Pat, sul sedile anteriore vicino all’imbestialita conducente, s’impegna negli insulti rivolti alla casetta che, poco prima, le faceva tanto ridere.
Dopo 10 km di incazzatura allo stato puro, durante la percorrenza dei quali Tania, Pat e Sibilla hanno chiamato a raccolta tutti gli dèi dell’Olimpo, finalmente l’ingombrante veicolo si sposta e le lascia passare.
“Ci arriveremo a Delfi?” Si chiedono comprensibilmente.

Ore 12,50. Percorsi numerosi chilometri all’esasperante velocità di un bradipo con la narcolessia, giungono in vista di un paesino mooolto simpatico. Sibilla, caduta in coma subito dopo il sorpasso della casa vagante, si sveglia e si fa sentire immediatamente.
“Quando puoi, fermati che devo fare la pipì!”
“Ah, già, dimenticavo l’incontinente! Appena usciamo dal paese mi fermo e cerchiamo un posto, tieni duro!” In effetti, il discorso suona un po’ paradossale. Di solito si cerca un luogo abitato per usufruire del bagno di qualche bar, non si cerca a tutti i costi di scampare i centri urbani. Ma loro tre no! Loro sono diverse! La loro parola d’ordine è W la natura, la loro missione: marcare il territorio in modo indelebile. E così, qualche centinaia di metri dopo il villaggio, accostano sul ciglio della strada.

Ore 12,53. Sibi si lancia fuori dalla vettura armata di fazzoletti di carta e tenta di introdursi a fatica nella giungla di arbusti e canne di bambù che incornicia la strada. Ne esce poco dopo, a mo’ di figlia dei fiori, adorna di fogliame di diversa fattezza che le si è infilato dappertutto.
“Di là non si passa.” Annuncia alle altre.
“Però il verde ti dona...” Osservano beffarde le amiche.
“Ho un’idea!” La lampadina nel cervello di Tania si accende psicadelica. “Sapete che facciamo? Apriamo le portiere della macchina dal lato passeggero e facciamo la pipì protette da sguardi indiscreti, tra le due sbardelle parallele. MA QUANTE NE SO?”
L’idea sembra buona e Patty la mette subito in atto.
“Mi sembra di farla in macchina, col culo rivolto verso l’interno!”
Poi tocca a Sibilla che, palesemente impedita dalla scomoda posizione, rischia di farsela sui piedi.
“No, io cerco un albero e mi ci metto dietro. Vado un po’ in su, voi seguitemi tra qualche minuto.” E si avvia lungo il ciglio della strada accompagnata dallo strombazzamento degli automobilisti di passaggio.
Tania riesce nell’impresa meglio dell’amica e, nell’attesa, cerca il panino nello zaino.
“Strano, dovrebbe esserci..” Poi s’illumina. “NO! L’ho lasciato in albergo, sul letto! Chissà cosa penseranno le cameriere? Meno male è l’ultimo giorno ,perché secondo me ci vieterebbero la colazione!” E si rassegna a mangiare biscotti al cioccolato. “Che poi sono meglio del panino!” W l’ottimismo!
“Andiamo a raccattare Sibilla? Avrà finito?”
“Sì che avrà finito, Pat, pur considerando il flusso torrenziale che è capace di espellere!”
Salgono in macchina e l’avviano lentamente cercando con lo sguardo l’amica per caricarla sul veicolo. Pat si gira in tutte le direzioni cercando di scorgere un segno di movimento.
“Ma dove sarà? Tu la vedi? Io non la ved…oooh!”
Improvvisamente si volta di scatto a guardare diritto davanti a sé. Paralizzata sul sedile, balbetta parole incomprensibile.
“OMM…IODD…IO! L’hai vista? Io l’ho vista benissimo! Oddio.. sì che l’ho vista!”
“Sì, purtroppo l’ho vista pure io.”
Vorrebbero ridere, ma nel contempo la scena che si offre ai loro occhi è surreale. In mezzo ad un uliveto, perfettamente in mezzo a due ulivi distanti fra loro almeno 3 metri, brilla infatti un sedere bianco risplendende di luce solare. Una luna piena. E, attaccata al suddetto culo, Sibilla, in posizione da pipì, si gode l’attimo di intimità con madre natura, ignara dello spettacolo cui assiste chiunque percorra la strada in quell’istante. L’Opel prosegue titubante e parcheggia un po’ più avanti per dare modo a Sibi di portare a termine l’operazione mal riuscita. Le due si guardano allibite.
“Questa poi! Ma l’hai vista? Non mi sembra mica tanto riparata come posizione!”
Patty rimane a bocca aperta cercando di comprendere il perché di tanta scelleratezza.
“Che le sarà saltato in mente? Proprio in mezzo a due ulivi doveva piazzarsi? Oh, si vedeva tutto! Ecco perché tutti strombazzavano selvaggiamente! E’ già tanto che non si siano fermati per incitarla! Andiamo a dirle che siamo qui.”
Escono e si avviano in direzione, ormai in preda al riso irrefrenabile.
“SIBILLA! Ma sei impazzita?” La chiama Patty.
“Certo che sei peggio di me!” Commenta Tania piegata in due dal ridere.
Dal retro della collinetta sabbiosa provengono delle risate strozzate e spunta la scellerata a caccia di ulivi, con un sorriso sornione.
“Quando mi sono accucciata e mi sono resa conto che mi vedevano tutti, ormai era tardi, non potevo più interrompere il flusso…”
“Certo che, se sei in cerca di materiale per il nostro diario ti dico subito che ne abbiamo abbastanza, non ce ne serve altro. Non sforzarti, per favore!” Tania deve ancora riprendersi dallo shock, ma trova la forza per trascinarsi alla macchina, seguita da una sconvolta Patty e da una Sibilla ancora incosciente dell’insano gesto appena compiuto.

Ore 13,15. Il viaggio riprende normalmente –ma cos’è per queste tre la normalità?- all’insegna delle risate. La vettura rimbomba di aneddoti raccontati dalle protagoniste di un viaggio fuori dall’ordinario durante il quale terrificanti casualità si intrecciano pericolosamente con l’imbranataggine delle giovini fino a creare un mix esplosivo. Per tre quarti d’ora riescono miracolosamente a non combinare danni.

Ore 14,02. Giunta a fatica sulla sommità di un colle che ospita un paesino molto grazioso, l’Opel parcheggia davanti ad una bottega di souvenir e le occupanti scendono per sgranchirsi le gambe. Sono infatti in viaggio da 3 ore e mezza e, a parte l’infausta parentesi degli ulivi, sono rimaste sempre sedute in macchina. Il piccolo borgo è semideserto, ma ciò che attira l’attenzione di Sibilla sono i capi di abbigliamento appesi fuori dai negozi. In questa stagione e per di più in Grecia ci si aspetterebbe di ammirare come minimo delle t-shirt colorate, se non dei costumi da bagno. Invece la merce in vendita è costituita da maglioni di lana -spessi almeno 5 cm- di tipo peruviano e da berretti di pelliccia con tanto di coda del povero animale scuoiato.
“Ma dove cavolo siamo finite?” Pat si guarda intorno spaesata mentre in testa le affiora il dubbio di essere vittima di una candid camera. “In Perù? In Bolivia? Dove?”
“Non mi ero accorta fossimo salite ad una quota tanto elevata!” La conducente è esterrefatta. “Non credo proprio che troverai qui le magliette che cerchi, Pat!”

Ore 14,14. Conclusa la breve visita, si riparte alla volta di Delfi…
“Anche perché sarebbe giusto ora che mettessimo fine a questo viaggio interminabile!”

Ore 14,15. “Siamo arrivate?”
“Pat, abbiamo or ora lasciato il borgo peruviano!”

Ore 14,21. “E ora? Ci siamo?”

Ore 14,34. Finalmente si scorgono da lungi segni di presenza umana.
“Ecco, ora ci siamo!”
“Armiamoci di scorte di liquidi, imberrettiamoci per bene e andiamo!” Sibi è già pronta per l’avventura.
Dopo una breve visita al museo monosala per ammirare il celebre Auriga di Delfi in bronzo le tre si mettono alla ricerca della biglietteria pronte a mettere in atto l’ormai consueto piano Frega lo strappabiglietti. Tania consegna al bigliettaro i documenti universitari che vengono analizzati con minuzia dall’Elleno il quale, infine, le consegna l’ambito biglietto Free Entry. Pat, certa della buona riuscita, consegna la sua tessera scaduta, ma…
“Signorina, la tessera è del 1996, non è un po’ vecchia?”
“Ma quello è l’anno d’iscrizione.” Risponde Patty lasciando in sospeso la possibilità che effettivamente debba ancora concludere gli studi.
“No, mi dispiace, ci vuole un documento più recente. E lei?” Rivolto a Sibilla, tende la mano per ricevere il documento, senz’altro valido, della giovane. Lo gira e lo rimira, poi sbotta infastidito.
“Niente, non validi! Voi paga!”
Vabbè, almeno ci hanno provato.
Così inizia la loro ascesa al santuario. La via Sacra che conduce al tempio di Apollo, dove anticamente la sacerdotessa (Pizia) dava gli oracoli per bocca del dio, è costeggiata da monumenti eretti dagli abitanti delle polis che usufruivano dell’oracolo prima di intraprendere qualsiasi missione. Il tempio, del quale rimangono in piedi solo poche colonne, tra l’altro ricostruite, è maestoso ed in posizione elevata rispetto al resto del santuario. Le ragazze lo aggirano ammirate, fotografando i blocchi di roccia circolari appartenenti alle colonne non ricostruite, posti uno accanto all’altro. All’improvviso Patty scorge un cunicolo fra due cubi di roccia e, non resistendo alla curiosità, v’infila la testa fino alle spalle.
“Cosa fa Patty col didietro per aria?”
All’improvviso la giovincella si alza in piedi con uno scatto e scappa a gambe levate nella direzione opposta.
“Che c’è? Cos’hai visto di così tremendo?” Sibi si spaventa.
“UN’APE! AIUTO!”
“Ma cosa fai? Vieni qui che se n’è andata,dai!”
“Tra poco raggiungeremo il teatro e poi lo stadio, sono proprio curiosa di vederli.”
Lo stadio dove anticamente di svolgevano, ogni 4 anni, i giochi pitici in onore di Apollo, è ubicato nell’area più elevata del santuario. Si tratta di una semplicissima striscia di terra contornata da gradinate fungenti da tribune. Tania si arma immediatamente di videocamera ed esorta le compagne a fare un po’ di spettacolo.
“Dai, fate vedere a cos’era adibito lo stadio. Fate una corsa!”
Sibilla si posiziona sulla linea di partenza commentando la scomodità della posizione.
“Ma come facevano a partire piegati in questo modo? Sai se ti scappava una scoreggia?”
Benissimo!
Patty si mette in posizione accanto a Sibilla e Tania dà il via.
“Tre… due… uno… pum!”
Le due scattano in piedi e iniziano a correre sotto lo sguardo allibito –e anche un po’ divertito- di due visitatori solitari. La scena è davvero simpatica e, non fosse per i loro sghignazzamenti, potrebbero essere scambiate per due velociste di età classica: Sibillide e Pattistra. Ripreso un minimo di controllo di sé, cominciano la discesa lungo la via Sacra per raggiungere l’area di epoca romana. Ma prima, giusto per evitare di dover evacuare proprio sulla tholos, una breve sosta alla toilette è d’obbligo, soprattutto per Sibilla.
“A voi non scappa?”
“No, vai pure, noi facciamo la guardia al tuo zaino.”
Ma Tà ha qualcosa di speciale in serbo per l’amica. A passi felpati, facendo cenno a Patty di tacere, s’intrufola nel gabbiotto dei WC e s’infila, rapida come un gambero pistola e silenziosa come una lumaca muta, nel bagno accanto a quello di Sibilla che, ignara dell’idea folle dell’amica, espleta i suoi bisogni primari. Prima di rilasciare i liquidi, Tania imita perfettamente una serie di scoregge terminando con un fantozziano “Aaaah!” di soddisfazione. Poi fa la pipì e aspetta una reazione che tarda a giungere. Non contenta, ci piazza ancora due-tre finte scoregge –meglio specificare che sono finte- seguite, questa volta, dalla risata strozzata di Sibi che, in un microsecondo, produce pensieri di ogni sorta, tra cui: “Evvai! Una che scoreggia più di me! Quando esco le stringo la mano e mi complimento per l’emissione di gas!” e poi.. ”Ma è Tania! Poverina, quanta aria ha in pancia? E se si è offesa perché sto ridendo? Che faccio?”
Tania, udita la risata, esce di corsa dal bagno e si siede accanto a Patty che, non sapendo nulla, la guarda pensando sia impazzita del tutto.
“Fai finta di nulla e, se fa domande, dille che è stato quel signore lì.” E indica a Pat un signore in età avanzata, barcollante sul suo bastone da passeggio, che si avvicina ai bagni.
“Ma…” Pat non capisce.
“Sssssch! Eccola!”
Uscendo dalla toilette Sibilla trova l’atrio vuoto e a poco a poco comincia a rendersi conto della triste realtà dell’amica scoreggiona. Così decide di fare finta di nulla ma, fuori dai bagni, vedendo le altre sedute tranquille sul muretto intente a fare finta di nulla, scoppia a ridere senza riuscire a spiccicare parola.
“Che c’è?” Tania continua la farsa.
“No, niente…” Sibilla è decisa a non far trapelare nulla dell’accaduto per non ,mettere in imbarazzo l’amica, ma dallo sguardo di Tania e Patty capisce tutto.
“Era uno scherzo??”
Le due annuiscono.
“Maddai! Che ridere! Pensavo davvero avessi un grave problema di gas..”
“Chi, io? Sì, in effetti… ma non in questo momento!”
Raccontandosi a vicenda i diversi punti di osservazione dello scherzo, si dirigono ridacchiando verso l’area di età romana. Dalla strada principale vi si accede scendendo una scalinata di pietra che le tre casiniste trovano intasata da una classe in gita scolastica. Tania si fa strada con poca cortesia tra gli studenti vocianti, mentre Sibilla e Patty aspettano pazientemente che i giovini salgano le scale e nel frattempo ammirano l’ultimo della fila, un bel giovane sorridente.
“Che begli occhi!”
“Anche i capelli non sono male.”
“In effetti ha proprio un viso attraente...”
Il ragazzo è quasi in cima alla gradinata e le due marpione sono pronte ad ammirare il suo fisico atletico.
“Ma ha le gambe a X!”
“E il culone grosso!”
“Era meglio da lontano!”
“Allora, scendete o facciamo notte?” Tania è impaziente di avventurarsi tra le rovine in cerca della tholos, il noto tempietto rotondoLo delfico.
Abbandonata la scolaresca, le tre percorrono il sentiero lungo la palestra e si godono la tranquillità del luogo semideserto. Pat si guarda intorno alla ricerca di qualcosa.
“Scusate, forse mi sbaglio, ma dal santuario si vedevano tre colonne..”
“Abbi pazienza, la tholos sarà più in là, dietro a quella vegetazio…ARGH! COS’E’ QUELLO?”
Un calabrone gigantesco dalla corazza bicolore, terrificante a vedersi, sta infatti inseguendo Tania che, in preda al terrore, fugge a gambe levate urlando come una sirena impazzita. Invece che correre in suo soccorso, le due sventurate compagne di viaggio si danno ad una fuga disordinata. Il luogo ameno, nel quale da millenni la natura conduce un’esistenza pacifica, riecheggia delle grida scomposte delle tre pazze scatenate. Ben presto il calabrone gigante si stufa di inseguirle –ma c’è chi sostiene che in realtà sia rimasto shockato dalla loro reazione inconsulta- e le nostre amiche ritrovano la calma, seppure a stento.
“Oh, era gigantesco, mostruoso e bicolore, giallo e nero! E m’inseguiva!” Tà è ancora palesemente provata dall’avventura.
Sibilla cerca di sminuire la descrizione fatta dall’altra.
“Ma và là, povera bestiolina!”
“Mi sembra di aver visto fuggire anche voi, o sbaglio?”
Nel frattempo, ridendo e sbraitando, giungono davanti alle tre famose colonne della tholos. Invece di ammirare la strana costruzione templare, estraggono la macchina fotografica e si danno a degli scatti artistici a mo’ di Charlie’s Angels… naturalmente con l’ausilio dell’autoscatto! Tania propone alle amiche di fingere di appoggiarsi alle colonne.
“Sibilla, ferma lì! Patty, un po’ più in là… no, troppo… ok! Ferme così… Click! Fantastica!”
Patty si offre di scattare una foto alle altre due e Sibilla prova una posizione convincente. “Quando uno si appoggia, carica il peso su una gamba, così… ok! Sono pronta!”
“Anch’io! Vai Pat, scatta!”
Click!
“Com’è venuta?” Sibi è curiosa.
Patty scuote la testa sconsolata.
“Ma come ti appoggi alle colonne, Tà? Sembra che te la stia facendo addosso!”
“A me sembro perfetta!”
Contenta lei!!!
Mentre Tania fa un giro di ripresa intorno alla tholos, le altre due ne approfittano per… indovinate? No, non la pipì! Prendono un po’ di sole ferme come due statue greche di marmo…anzi no! Come due cavallette!
“Dai che ci avviamo, sono quasi le sei e dobbiamo metterci in marcia. Se ci abbiamo messo 4 ore per arrivare, chissà il viaggio di ritorno cosa ci riserverà…” Tania richiama le altre e si avvia lungo il sentiero.
“Stavolta però guido io e prendiamo l’autostrada!” Si appresta ad aggiungere Sibilla. “Ricordatevi che domani all’alba abbiamo l’aereo, non voglio mica perdermi per strada!”
Chiacchierando, Tà e Sibi non si accorgono che il terzo componente del gruppo è rimasto indietro.
“Paatty!” La chiama Sibilla.
E una vocina flebile risponde.
“Sono qui dietro, arrivo!”
“Che stai facendo?”
“Nulla, sono solo stanchina!”
“Ce la fai a raggiungere la strada, anche trascinandoti?”
“Noooo…”
Tania si mette le mani nei capelli.
“E’ sempre la solita. “ E rivolta all’amica piaghina: “Se ci raggiungi ti do un biscotto.”
Un rantolo risponde al posto dell’amica.
“Capito! E’ grave!”
Pochi istanti dopo spunta un ciuffo biondo seguito subito dopo dalla proprietaria in gravi condizioni. Le occhiaie e la bavetta alla bocca denotano una non trascurabile stanchezza, tanto che le due, alla vista non bella dell’amica, si offrono di andare a prendere la macchina lasciandola agonizzante all’ombra di un pino greco.

Ore 18,02. Tornando a raccattare il relitto umano, a bordo della vettura Sibi commenta gli accadimenti sorridendo al pensiero del megacalabrone, quando nota qualcosa di strano in mezzo alla carreggiata.
“Cosa sarà? Una radice?”
“Boh?”
“Ci passo sopra così vediamo se si rompe…”
La macchina, con un saltello leggero, passa sopra la presunta radice, ma guardando nello specchietto retrovisore Tania si rende conto che si tratta invece di un serpente di grosse dimensioni.
“Mamma mia! E’ un serpente! Si è arrotolato su se stesso ed ora fugge verso la boscaglia.”
“NOOO!! L’ho ucciso in modo macabro! Noooo!” Sibilla si fa venire una crisi simile a quella colpitala alla vista del gattino morto in mezzo alla strada.
“Ma no! Ti dico che non l’hai ucciso! L’hai solo tramortito, shockato! Non può essere morto, se fosse morto non striscerebbe verso il ciglio della strada…”
“Non è verooo! Stai solo cercando di consolarmi-i-iiiii!”
La crisi l’ha colpita in pieno, tanto che Tania è certa che l’esperienza sia stata certamente più piacevole per l’errabondo animale.
“Sibi, ti giuro che l’ho visto tornarsene a casa!”
“Buuu-u-u-u!”
“…a casa dalla sua famiglia!”
“Sigh… sniff!”
“E andrà a raccontare l’avventura appena vissuta ai suoi figli che lo guarderanno ammirati. Ne hai fatto un eroe!”
Nulla..
Pat sale in macchina e si rende immediatamente conto che qualcosa di grave è accaduto alla povera Sibilla.
“Non avrete mica ucciso qualcuno, stavolta?!”
“No! Non dirlo, Pat, ti preg…” Cerca di fermarla Tania, invano.
“Siiiiiiiiii! Ho ucciso un povero serpentello che tornava dai suoi cari!” Ricomincia il lamento.
“Non ascoltarla! E’ successo che, per un errore fatale, è passata con la macchina sopra un serpente credendolo una radice di ciliegio e…”
“Ma Sibilla! Mi meraviglio di te che sei un’insegnante!” Patty sorride beffarda alla disperazione dell’amica. “Non lo sai che i serpenti, quando vedono arrivare una macchina, si gonfiano tutti, così…” E imita con la faccia un pesce palla gonfio come una zampogna. “…per non venire schiacciati? E’ impossibile che tu l’abbia ucciso! E’ come quando fai gli addominali e uno ti tira un pugno, mica senti male!”
Tania si stava quasi lasciando convincere dalla storia del serpente gonfio come una mongolfiera, ma a quest’ultima affermazione di Pat, le sorge un dubbio. Sibilla, abbandonato il pianto isterico, guarda prima una e poi l’altra aspettando un segno di conferma, che non arriva, da parte di Tania, che invece solleva le spalle come per dire “Mai sentita una cosa del genere!”. Se ne sta quasi convincendo quando un sorrisetto di Pat smonta tutto il bel discorso.
“Ma allora è tutto uno scherzo!”
Ormai però il serpente è lontano e Sibilla più serena. E avanti col carro!

Ore 19,56. Al di là di ogni pronostico, in sole due ore percorrono la distanza che, all’andata, era costata ben quattro ore di supplizio, e raggiungono Atene. Grazie Sibilla!
Data l’ora tarda, decidono di fermarsi a mangiare qualcosa nei paraggi. In macchina operano la trasformazione del giorno prima sotto lo sguardo divertito e allupato di un gruppetto di giovani Elleni. In un fast food alla greca, alla modica cifra di 1,50 euro, mangiano con golosità una pita con carne, verdura e patate fritte. La parca cena è delle più squisite, ma Tania non abbandona l’idea di mangiare i tipici dolci greci e decide di darsi il colpo di grazia ingurgitando letteralmente un dolce fatto di vermicelli di zucchero, miele e mandorle. Una bontà!

Ore 22,30. Tornate in albergo, stavolta stranamente senza troppi problemi, si recano alla reception per prendere le chiavi e chiarire dei dubbi che nel frattempo sono affiorati nelle loro menti contorte.
“Scusi, avrei delle domande..” Sibilla si rivolge al custode notturno svegliandolo dal suo pisolino ristoratore. “La prima è la seguente: possiamo lasciare qui le cartoline perché voi le imbuchiate?” Il gentil signore fa cenno di sì e Sibi riprende: “La seconda è: quanti aeroporti ci sono ad Atene? Ce ne sono due, vero?” L’uomo, per tagliare corto, le dice chiaro e tondo che c’è un solo aeroporto e che non possono assolutamente sbagliarsi.
Finalmente in camera, le giovini si concedono una doccia scrostante e rigenerante dopo una lunga giornata trascorsa all’aperto. La loro permanenza ad Atene può dirsi terminata e, con un po’ di tristezza, si apprestano ad andare a dormire.
“Però è stato davvero divertente!” Commenta soddisfatta Sibilla.
“Sì, e devo confessarvi che sono contenta di aver condiviso questo viaggio così importante con voi, ragazze…” Si sbilancia Tania, commossa. “Mi sono divertita moltissimo.”
“Concordiamo!”
“Domani, sveglia alle…?”
“3!”
“Oddio!”

Ore 23,00. “Allora, ci gettiamo tra le braccia di Morfeo?”
NO! Sibilla ha deciso che, ora e immediatamente, deve andare in spedizione... la sua spedizione personale! Buona fortuna! Ma tanto si sa come andrà a finire, poverella… Allora BUONANOTTE!

Viaggio ad Atene (giorno terzo)

Lunedì 31 maggio 2004



Ore 8,00. Sibilla e Patty aprono gli occhi sonnolenti e trovano la loro compagna di stanza in febbricitante attività già da un'ora e mezza.
"Ma tu, dormire, mai?"
"Che volete farci, sono un po' emozionata. Ho compilato qualche pagina del nostro diario di viaggio. Siete pronte per la colazione?"
COME NO?!

Ore 9,00. Si ripete come su un nastro la scena dell'assalto al buffet. In pochi istanti il loro tavolo intonso si riempie di piatti ricolmi di fette di pane, focacce, marmellate di tutti i colori e come per magia compaiono coppette traboccanti yogurt, latte coi cereali. Un'orgia di gusto alla quale si abbandonano i tre bidoni ambulanti.
"Assaggia un biscottino!"
"Che buoni questi Corn Flakes.."
SLURP, SCROK, SCRIK, e di nuovo la loro trincea bellica si svuota magicamente di tutte quelle meraviglie che vanno ora ad intasare ora il loro stomaco delicato. Patty non si smentisce e, sotto lo sguardo schifato delle altre, si alza con aria solenne e si dirige verso il tavolo dei panini che, dopo il suo passaggio, sembra stato assaltato da Attila in persona.
Ma presto anche Sibilla e Tania si alzano per rifornirsi. Sì, perché si prospetta il problema del pranzo, abilmente risolto sul nascere da Sibilla che propone di sottrarre illecitamente dal buffet dei panini imbottiti con prosciutto e formaggio. E così, detto e fatto, mentre Sibilla tenta inutilmente l'assalto al WC, le altre si armano di coraggio e, preparati due panini, li nascondono abilmente e tornano in camera.

Ore 10,33. Partenza per Micene. Il problema che si presenta immediatamente riguarda la direzione da prendere per raggiungere l'Istmo di Corinto.

Ore 11,03. Finalmente riescono ad uscire dalla città.
BRRAVISSSIME!
Il tragitto è per lo più in collina, per usare un eufemismo, e a tratti scende vertiginosamente a toccare le rive del mare. Ed proprio presso l'antico porto di Kegchras (Kenchiras) che la vettura sterza bruscamente a sinistra per lanciarsi, apparentemente priva di controllo, nel parcheggio della spiaggetta.
“Porca vacca! Quel sedile orrendo è scomodissimo, c’ho un mal di schiena!” Prima di Pat, spuntano i suoi gentili insulti rivolti al sedile posteriore.”
“Hei, signorina!” La richiama Tania “Sibilla sta riprendendo la scena con la telecamera!”
“Embeh?”
Manco avessero mai visto il mare in vita loro, le povere, in stato di esaltazione, saltellano con i piedi in ammollo nell'acqua del mar Egeo.


Sempre incline a pensieri cupi, Pat mette le amiche al corrente delle sue preoccupazioni. “Stavo pensando... e se ci fossero le siringhe dei droghini, qui sotto la sabbia? Perché io sprofondo in una maniera incredibile…”
“Già, perché i droghini sono venuti qui stamattina sapendo che saremmo passate di qua e hanno piantato le siringhe con la punta rivolta verso l’alto. Brava! Pensavo di essere pessimista, io che penso sempre a cosa potrebbe nascondersi sotto la sabbia, ma tu mi batti di brutto!!” La prende bonariamente in giro Sibilla.
Ma il richiamo delle chiare fresche e dolci acque è più forte della paura e, trovato un sasso affiorante, Patty ci si incolla su a mo’ di pattella.
"Yuhu! Io rimango qui mentre andate a Micene." Patty la butta lì tentando di sottrarsi alla penosa visita della città preistorica.
Ma Sibilla colpisce ancora.
"Mi scappa la pipì.."
DI NUOVO?
"Facciamola lì, dietro a quella casupola diroccata di dubbio gusto." Propone Tania.
"Sì, il fico ci proteggerà da sguardi indiscreti dalla strada. Dal mare non credo arriverà nessuno." Sibilla è d'accordo. "Ecco qua, un velo di fazzoletto di carta a testa. E fatene buon uso!"
Così, prima Sibilla e poi Tania, si accucciano col sedere rivolto verso il fico. Per ultima, arriva Patty, riuscita a staccarsi dal sasso su cui si era seduta in meditazione. Le altre si allontanano per lasciarle la privacy necessaria per l'operazione, ma con la coda dell'occhio vedono spuntare un culo bianco da dietro il muro della casetta.
"Tania, ma Patty sta facendo la pipì nel verso sbagliato!"
"PAATTY! Non con il culo rivolto al mare, ché se passa qualcuno.."
"Ma chi vuoi che nuoti, in questa stagione?" Grida una vocina da dentro il fico.
In quel preciso istante, mentre il sedere di Patty ammira la distesa celeste del mare, due natanti solitari ammirano il candido sedere chiedendosi che razza di bestia possa essere.
"Dai, allontaniamoci, ne abbiamo fatta una delle nostre!" Commenta la sventurata padrona del culo curioso.
"Beh, se proprio volete che ve ne metta al corrente, abbiamo appena lasciato i nostri scarichi personali nell'antico porto greco Kegchras (Kenchiras) del V secolo a.C.!" Annuncia gaiamente Tania, dopo aver letto il cartello informativo. “Dai, andiamo a farci curare dal dio Asclepio, che ne abbiamo bisogno. Speriamo abbia su di noi un effetto migliore di quello che Lourdes ha avuto su Sibilla!”
Ripartono per fermarsi, poco dopo, in uno strano luogo. In mezzo al nulla più assoluto trovano una stazione di servizio.. anzi, le stazioni sono due, una di fronte all'altra.
"Ma se di qua non passa nessuno?" è il loro commento.
In realtà, il loro intento è di rifornirsi d'acqua fresca, ed escono dal bugigattolo armate di 6 bottiglie d'acqua. Il venditore, in siesta con la sua famigliola, le osserva assonnato riempire le bozze con una strana polverina gialla e poi shakerare il tutto affinché, come suggerisce genialmente Tania, le bolle d'aria cozzino contro gli gnocchi di polvere formatisi all'interno delle bottiglie. Uno spettacolo assai singolare.. Ma andiamo oltre!

Ore 12.12. La strada da percorrere verso Micene è diritta e lineare e, grazie alla guida di Tania che, ormai l'hanno capito anche gli ateniesi, è completamente priva di senso dell'orientamento, raggiungono in sole due ore il sito di Epidauro, ubicato in aperta montagna.
Lungo il tragitto Sibilla si chiede ingenuamente: "Come facevano i malati, secondo voi, a raggiungere indenni il santuario che doveva dargli la guarigione, se erano ridotti male? Morivano per strada? Secondo me, chi sopravviveva al viaggio doveva guarire per forza!"

Ore 12.56. Beh, ragazze, da qualche parte siamo pur arrivate, no? Che importa se si tratta di Micene o Epidauro? Tanto qui dovevamo pur farci un salto, data l'importanza del luogo!"
Accampatesi sotto un albero, sgranocchiano i loro biscotti Digestiv e i panini rubati e si apprestano all'ormai famigerata scena delle tessere universitarie. Ma il dio Asclepio, il protettore di Epidauro e il curatore dei malati provenienti da ogni dove, decide di guardare in giù e di evitare loro un'altra figura da chiodi.
All'entrata del sito biancheggia un foglio di carta scritto in greco che dice più o meno così: Il 31 maggio l'entrata è libera.
"Ma che fortuna abbiamo? (Grazie, dio Asclepio!)" Tania, munita di telecamera e fotocamera entrambe accese e pronte all'uso -bisogna vedere però come farà a svolgere le due funzioni in contemporanea-, si fionda senza esitare seguendo le insegne come un'ape incazzata insegue l'incauto passante. Pochi gradini portano dalla viuzza tortuosa alla meraviglia delle meraviglie: il teatro di Epidauro! Trattasi di un'opera unica nel suo genere per l'inspiegabile perfezione acustica di cui è dotato. Nessun teatro, dopo questo, ha mai raggiunto un'acustica così perfetta. Lo stato di conservazione è stupefacente, il chiacchiericcio dei visitatori seduti sulle gradinate rimbomba creando un effetto indescrivibile.
Tania e Sibilla salgono le gradinate mentre Patty, al centro dell'enorme costruzione, lascia cadere a terra una moneta per verificare la veridicità dell'affermazione che "lasciando cadere una moneta al centro esatto del teatro, il suono del metallo verrà udito in modo chiaro anche dagli spettatori seduti nella fila più alta di tutte". Ed è proprio così! La moneta rimbalza e Tania e sibilla si scambiano uno sguardo stupito. Dalla base sabbiosa del teatro Patty comunica con le altre senza dover alzare la voce: loro la sentono benissimo. Qualche scatto qui e lì, una bella ripresa dalle gradinate ("Oh, si è schiavellato un bimbo!") e le nostre amiche lasciano questo luogo meraviglioso per raggiungere la loro seconda meta: Micene.

Ore 14,21. Lasciata l’antica Epidauro, la puff-mobile si dirige ad ovest lungo la statale che porta a Nauplia. La rocca arcaica della città si trova appollaiata sulla cima di un monte come una fortezza inespugnabile. L’importante sito successivo è la città di Tirinto. Coeva a Micene, fu anticamente fondata e popolata dal popolo degli Achei. Una foto è d’obbligo e, lasciate le compagne a bordo del folle veicolo, Sibilla si arma di fotocamera e telecamera per fissare il fortuito incontro.
“La prossima città sul nostro tragitto è Argo.” Annuncia Sibi entrata in pieno nel suo ruolo di navigatore. E infatti, sulla cima di un monte elevato si erige la città fortezza di Argo, anch’essa di età micenea. Nonostante i chiari cartelli indicanti la direzione esatta, ciè Corinto, Tania sbaglia clamorosamente strada ed in breve si ritrovano a vagare per vicoli strettissimi ed occlusi da veicoli parcheggiati in modo obbrobrioso. Patty, cui non sfugge nulla, nota una vetrina nella quale una sfilza interminabile di magliette fa sfoggio di sé e del proprio bigliettino del prezzo su cui spicca l’incredibbbile scritta: 2 Euro.
“Accosta! Accosta!” Grida Pat in preda alla febbre dello shopping –morbo questo, si sa, che colpisce le fanciulle in età compresa tra i 6 ed i 90 anni togliendo loro ogni capacità di autocontrollo davanti ad una vetrina- e Tania è costretta ad un atterraggio di fortuna nel primo vicolo accessibile. Ma, ahimè, il luogo infausto è più intricato del labirinto dove visse il mitico Minotauro e, parcheggiata la vettura, le tre temerarie si aggirano invano alla ricerca del negozio fantasma.
“Comunque, mi sa proprio che qui è tutto chiuso!” Non c’è infatti segno alcuno di vita umana, l’unico argivo solitario da loro incrociato risponde con un grugnito sospetto alla domanda di Sibilla “Do you speak English?”
“Torniamo alla macchina, và, prima che ci perdiamo e ci tocchi chiamare il soccorso stradale!”
Così risalgono sulla sfig-mobile e ripartono sgommando per infilarsi nell’ennesimo angusto vicolo. Già da lungi si scorge la trasversale, l’hanno quasi raggiunta, ma… una macchina con a bordo dei simpatici argivi svolta nel vicolo avvicinandosi a sostenuta velocità al veicolo blu. Si trovano muso contro muso. Tania non cede.
“Ma cosa vogliono? Non ci passiamo tutti due contemporaneamente! Spostatevi!”
“Tà, hai imboccato un vicolo a senso unico..” comincia Patty.
“Embeh? Lo so ben! Dillo alle tre macchine che abbiamo di fronte!”
“Sì” Continua paziente Pat “Ma l’hai imboccato nel verso sbagliato!”
“Oodddio!! Che faccio ora? Vado avanti? Vado indietro? Ci si passa con gli specchietti? Che hanno da ridere quei tipi al bar?”
In sole 34 manovre riesce ad uscire dal vicolo cieco in cui si è infilata, sotto lo sguardo divertito dell’intera gioventù argiva cazzeggiante nell’unico bar aperto della cittadina.
“Speriamo non ci succeda altro!” Commenta esausta Sibilla “Io sto in ansia con ‘sta storia degli specchietti e delle ruote non assicurati. Speriamo davvero di riportare la macchina intera! A proposito, l’hai letto il contratto di noleggio che hai firmato? Dice…

“Per me si va nelle città dolenti,
per me si va ne l’etterna sfiga,
per me si va ad atterrir le elleniche genti.

Delle sciagurate muovono il mio povero volante;
e seco mi trascinano su sentieri perigliosi:
Patrizia la trangugiante, Sibilla la scoreggiante,
Tania la rompicoglioni .

Dinnanzi a loro non sopravvivono cose dall’uom create
Neppur i distributori; loro tutto distruggono.
Lasciate ogni speranza voi che le incontrate!”

Queste parole di colore oscuro
Videro scritte sul libretto di circolazione;
ma al momento il senso lor gli è duro.[1]




[1] E’ stata qui inserita una fantasiosa ed adattata citazione dantesca (Inferno, canto III).




“Che simpatico! Parla di noi, sembra una specie di presagio oscuro.”
“Parla anche di distributori.. Chissà che significa?”
“A proposito, ragazze, siamo quasi a corto di benzina. Ci fermiamo qui?”

Ore 15,02. Pochi metri più avanti verdeggia l’insegna di un distributore. Tania ferma la puff-mobile davanti alla pompa e scende al volo indicando all’ellenico benzinaro di fare il pieno. Lui sembra aver capito. Miss sventura si guarda attorno con aria distratta, ma viene immediatamente richiamata dalla voce di Sibilla proveniente dall’interno del veicolo.
“Tania! Ti sta facendo segno di andare un po’ avanti!”
In effetti, il benzina man si sbracciava come un vigile urbano che sta dirigendo il traffico il venerdì pomeriggio. Tania gli lancia un “OK”, sale in macchina, mette in moto intenzionata a spostarla alla pompa successiva, ma viene fermata da urla convulse di terrore provenienti dall’esterno della vettura. Si tratta solo di un attimo. Un breve attimo destinato a sconvolgere in modo irrimediabile l’animo di un poveruomo. Aggrappato al finestrino come fosse l’unico appiglio a salvarlo dal baratro della morte, il disgraziato grida “NO, NO, NOOOO!” Per un attimo le tre pensano che sia imprevedibilmente impazzito. Poi lo guardano meglio e lo spettacolo che si offre al loro sguardo è dei più terrificanti: a giudicare dagli occhi lucidi e sbarrati l’ellenico si vede passare davanti tutta la propria vita –nemmeno troppo breve, finora- e cerca inutilmente di inalare aria vitale; i suoi fluenti capelli ricordano vagamente il manto di un peluches lavato per errore a 90 ° e centrifugato innumerevoli volte; la bocca, storta in modo innaturale in una smorfia di dolore, emette una bavetta poco attraente. Un uomo sull’orlo di una crisi di nervi.
“Ah, c’è ancora la pompa infilata.” Informa rilassata Patty. Poi lo osserva meglio. “Ma cos’ha, sta bene?”
“No, noo!” Continua il poveraccio.
“Eh, ma me l’ha detto lei di andare avanti!” Comincia a scusarsi Tania senza rendersi veramente conto che anche una piccola scintilla poteva essere loro letale. Ed accompagna l’affermazione imitando il gesto compiuto poco prima dal benzinaro.
“EEEH… Perilabo... direwko...” le risponde l’uomo dando segni di lieve ripresa.
“EEEH UN CACCHIO!” S’innervosisce Tania pensando che ora la colpa della scampata esplosione della stazione di servizio verrà attribuita a lei.
Il benzina man, incazzato come un argivo, indica loro il furgone che poco prima era parcheggiato dietro a loro in attesa di rifornirsi.
“Aaaah! Ecco a chi faceva cenno di spostarsi!” Patty la sa veramente lunga.
“Paga che ce ne andiamo, ti prego!” Insiste Sibilla presa da un attacco di ridarella irrefrenabile e completamente riversa su se stessa.
Fanno pochi metri ma devono fermarsi per poter sfogare la crisi di riso isterico. E’ vero, sono tre sciagurate perseguitate dalla nuvoletta di Fantozzi, ma hanno la fortuna di riuscire a sopravvivere e a riderci pure su. Di certo questa vacanza non la scorderanno facilmente! E ora..
…“Micene, arriviamo!”
Non c’è possibilità di scampo per te, oh millenaria città sopravvissuta nel corso dei secoli agli innumerevoli attacchi di crudeli eserciti venuti per distruggerti. Questa volta la prova è terribile ed è improbabile che tu ne esca intatta. Dì addio, possente città, alle tue incrollabili mura ciclopiche, alle tue tombe regali, alla tua fama mondiale. Raccomanda la tua salvezza al cielo.. LORO stanno arrivando!


Ore 15,22. L’impresa di uscire da Argo si rivela più complicata del previsto non essendoci cartelli che indichino la direzione per Micene. Si ritrovano così a girare senza orientamento nei dintorni della città.
“Che strano” Sibilla cerca in tutte le direzioni un’insegna utile “E’ pieno di cartelli con la scritta Corinto, cartelli che evitiamo da stamattina..”
“Ma Corinto non è ad ovest come Micene?” Patty s’illumina improvvisamente.
“Oddio! E’ vero! All’andata dovevamo allontanarci da Corinto in direzione Epidauro, ma al ritorno quella è la direzione giusta da prendere.”
Finalmente escono dal circolo vizioso in cui si sono cacciate ed in breve cominciano ad apparire anche i cartelli indicanti Micene. Lungo la strada ci sono moltissime botteghe di artigiani vasai e le tre compagne di sventura fanno una breve sosta per comprare dei souvenir.
Ad un tratto, davanti a loro, acciambellati su una bassa collina, appaiono loro i resti di Micene. La vista della città fortificata, completamente circondata dalla natura, è emozionante, soprattutto per Tania che aspetta da anni di poterla ammirare. Lo stato di conservazione non è dei migliori, ma si riesce chiaramente a distinguere l’assetto dell’urbanizzazione.
L’entrata, come nel caso di Epidauro, è libera – GRAZIE ANCORA, Dio Asclepio!_ e le tre, armate di taniche di the, zampettano leggiadre in direzione della porta d’accesso.
La Porta dei Leoni dà loro il benvenuto nella città che diede i natali a re Agamennone, fratello di Menelao, partito con la spedizione organizzata dal re di Sparta per riportare a casa la bellissima Elena, innamoratasi del principe troiano Paride. Agamennone trovò la morte proprio a Micene per mano della moglie Clitennestra, e lì fu sepolto con la maschera d’oro che riproduce il suo volto. Varcata la porta, sulla destra si trovano le grandi tombe regali a pianta circolare e, salendo lungo la via principale, si raggiunge la sommità della fortezza.
Lungo il tragitto, le tre sgabinate danno sfoggio della loro limitata maturità sparando cavolate spaventose. Mentre infatti Sibilla si ferma qui e là per marcare il territorio, Tania e Patty si cimentano in discussioni poco edificanti in lingua francese inventando le parole che non conoscono. Sfortunatamente, attorno a loro si aggira una comitiva di francesi, i quali non credono alla loro buona fede e si convincono che le due folli fanciulle li stiano allegramente prendendo per il culo.
“Maintenont nous mangeons les gateux au chocolait ..” Scherza Tania con l’amica.
Ma dietro a lei un giapponese, senza staccare gli occhi dalla pietra che sta ammirando, commenta lapidario “Ce ne dis pas Gateux, mais gateaux!”
“Merci!” cinguetta allegramente Tania, senza rendersi conto che il tale se l’è un po’ presa.
“Tania, posso fare delle fotografie con la tua macchina digitale?” Interviene Sibilla, per cambiare discorso.
“Certo che puoi, anzi, DEVI!”
“Sì, tanto poi quando ti giri te le cancella tutte!” Scherza Patty. Poi torna terribilmente seria. “Facciamo merenda?”
E così, sul cucuzzolo dell’acropoli micenea, si consuma l’empio banchetto a base di biscotti tarocchi tipo Choco Leibniz in preoccupante stato di colamento, e di Digestiv, gli squisiti biscotti di nonna Sibilla. Una fila indiana di francesi –difficile a credersi- passa lì accanto e Sibi, sventolando il cartoccio, gli offre dei gateaux. Fortunatamente i francesi non accettano biscotti sciolti da delle sconosciute.
Tania allora accende la fotocamera per registrare qualche vaccata ispirata dal luogo ameno.
“Allora Sibilla, dove andiamo più tardi, al monte…?”
Sibilla s’impegna a fondo nella pronuncia della collina ateniese. “Aaaandiamo al mooonte..” prende la rincorsa “…Berretto! No… Colibetto!” E si ripete la scena dei giorni precedenti, quando Tania e Patty cercavano inutilmente di insegnarle il nome del monticello. “…Libetto.. no, nemmeno questo è giusto.. ah! Ci sono! Licabetto, ecco come si chiama!” Uno scroscio di applausi rimbomba per il sito. BRRAVISSSIMA!
Dopo una breve tappa al WC delle signore, i tre carrarmati si dirigono al Museo dove, con loro immensa sorpresa, possono ammirare la maschera d’oro funebre di Agamennone, in precedenza conservata al Museo Archeologico di Atene, trovato chiuso il giorno precedente.
“Guardate, è meravigliosa! Vi rendete conto? La maschera di Agamennone..” Tania osserva rapita l’importante reperto preparando la fotocamera.
“Ma è piatta, guarda che orecchie a sventola!” Commenta Patty. “Fufù! Fufù!” E imita il noto comico di Zelig, James Tont.
“Maddai! Và che questo è il ritrovamento più importante, non offenderlo!” Tania è scandalizzata, così decide di erudire l’amica senza criterio. “…se è così piatta è perché, mentre prima aderiva al volto del re, è stata poi aperta dagli archeologi.. perché si sa che… ma… ragazze? Dove siete?”
Le due allieve se la sono squagliata, esasperate dalla noiosa lezione, e l’improvvisata maestra deve recuperarle nelle sale dedicate ai reperti ceramici.

Ore 18,04. “Allora, pronte per ammirare Atene dalla cima del Licabetto? Andiamo!” Tania guida il gruppo verso la macchina. “Patty, mi sacrifico, Sali tu davanti chè stai più comoda.”
“Grazie, amica mia!”
Nemmeno il tempo di abbandonare il parcheggio e Tania già ronfa beatamente sul sedile posteriore lasciando la propria salvezza nelle mani di Sibilla, alla guida, tormentata da micidiali colpi di sonno, e di Patty, armata di cartina, ma poco convinta. Ed infatti le loro menti sconvolte riescono a portarle nuovamente fuori strada.
“Chissà da che parte si andrà per Atene??

Ore 20,07. Giunte in città, si trovano immediatamente invischiate nel traffico allucinante e, distratta da un uomo sulla carrozzella che chiede loro l’elemosina, a momenti Sibilla imbocca una strada contromano.
“C’è uno piegato in due” Tania richiama l’attenzione delle amiche su un povero handicappato che cerca di ottenere qualche soldo dagli automobilisti incolonnati.
“Perché? Mica faceva tanto ridere!” Patty è perplessa.
Oddio!
E ripartono alla ricerca di nuove disgrazie. Pochi metri dopo si ritrovano incolonnate e,
dopo una lunga attesa, finalmente raggiungono il semaforo rosso –il verde dura solo 7 secondi!
“Tania, ci mangiamo l’ultimo biscotto?”
“Magari lo teniamo per dopo, dai!”
Sibilla, voltatasi per passare il pacchetto all’amica seduta dietro, si rigira a guardare la strada e nota un movimento sospetto davanti al cofano.
“Ma..”
Una donna sta pulendo il cofano dell’Opel in attesa che il semaforo torni verde. Sibilla non sa se ridere o iniziare a preoccuparsi.
“Ma che fa? Non mi starà mica rovinando la macchina, vero?”
Ma in pochi istanti, la donna ha passato lo straccetto sul cofano ed è passata alla vettura successiva. Vabbeh!
Le tre sgabinuz ripartono alla ricerca di un punto fermo con il quale orientarsi per poter raggiungere il monte… “Sibilla..?”… “Il monte Licabetto!” Brava! Ormai l’ha imparato perfettamente.
“Bene, amiche, ora vi guiderò fin sul cucuzzolo. Pat, cartina!”
“Eccola, toh!”
“Sibi, pronta per l’ascesa?”
“Yesss!”
“E allora, viaaa!”
E la pazz-mobil parte a razzo saettando tra le vie trafficate della capitale, guidata dalle indicazioni di Tania trincerata sul sedile posteriore e armata di cartina spalancata.
“Scusa, non riesco a vedere nulla di ciò che accade dietro, puoi piegare la cartina che comunque non ti serve tutta aperta?” Nella mente di Sibilla comincia ad insinuarsi il dubbio che l’amica non sia affatto in grado di orientarsi.
“Ok! Se riesco a chiuderla e ad orientarla.. Ecco fatto! Ora percorri per un po’ questa via lunga... ok… e a quel semaforo svolta a sinistra, così. Bene, dovremmo iniziare a salire, ti risulta?”
“In effetti qui inizia la salita. Bene, è la giusta direzione!”
La strada si trasforma in breve in una via tortuosa delimitata su entrambi i lati da macchine parcheggiate in colonna. L’Opel si muove insicura, temendo di perdere per strada uno specchietto, ma sale imperterrita, decisa a raggiungere la cima.
“Ecco, siamo arrivate sulla cima. Ora parcheggia ché cerchiamo il tempio.” Patty si guarda in giro alla ricerca del tempietto.
Sibilla però sembra poco convinta.
“A me sinceramente il Licabetto da lontano sembrava privo di abitazioni, forse dobbiamo salire ancora.”

Ore 20,30. Improvvisamente, prodigio prodigioso, nello scorcio fra due case scorgono una veduta della città di Atene. Sibilla dà un’occhiata distratta al paesaggio e torna a fissare la strada. Ma con uno scatto repentino riporta lo sguardo in direzione dello scorcio e la consapevolezza del terribile errore le crolla addosso come un masso.
“Ma! Cos’è quello laggiù?”
Riesce a mettere ancora in dubbio ciò che si rivela ai suoi occhi increduli. Le altre seguono il suo sguardo incuriosite. Cosa mai potrà esserci di tanto interessante?
“Ragazze, se quello laggiù è il monte Licabetto, noi dove cavolo siamo finite???”

Ore 20,33. L’auto, sconquassata da movimenti convulsi, è ancora ferma nel luogo della raccapricciante scoperta. Le tre occupanti si lasciano andare ad un riso irrefrenabile ripensando alle indicazioni date con sicurezza da Tania.
“Non capisco proprio dove stia l’errore.. Devo aver orientato male la cartina..”
FOSSE SOLO QUESTO IL PROBLEMA!!

Ore 20.35. L’Opel riprende il suo viaggio errabondo zigzagando per i vicoli pericolosamente ripidi ed evitando accuratamente gli specchietti altrui. Quando si trovano in fondo alla discesa, Sibilla è in un bagno di sudore e, rivolta ad una bimba che sta attraversando la strada, sventolando le mani fa un cenno come per dire “Miiiiiiii ccche robba!” La bimba fraintende e sorridendo la saluta.
Ah, ‘sti Elleni!

Ore 20.45. Abbandonata l’idea di salire sul monte Licabetto (“Sennò facciamo notte!”), Sibilla s’immette nel traffico, se possibile, ancora più intricato di quello delle 20.00. Nonostante sia la più posata e controllata del gruppo, trovandosi in mezzo ad un siffatto casino, Sibi subisce un drastico crollo del sistema nervoso. Gli occhi le si iniettano di sangue, la bocca si contorce in una smorfia di dolore ed una serie interminabile di parolacce escono in fila indiana come i nanetti di Biancaneve: una attaccata all’altra. Patty cerca invano di calmare l’amica, ma il processo di pazzia, ormai in atto, è irrefrenabile.
“Porca vacca! Ma proprio ora dovevano incastrarsi tutti?” In effetti l’ingorgo sembra un beffardo tetris di pezzi che s’insultano pesantemente uno con l’altro. Ma potrebbe andare peggio…
“Cos’è ‘sta sirena? Nooo! Pure l’ambulanza? Cos’abbiamo fatto di male??? COOOSAAA???”
“Poveretta..”

Ore 21,00. Attaccati con lo scotch i nervi a pezzi di Sibilla e trovato per pura fatalità il cartello indicante il quartiere Plaka dove avevano in precedenza deciso di cenare, le tre sciagurate parcheggiano in un vicolo strettissimo a senso unico –tanto per cambiare- e tirano un sospiro di sollievo.
“Vi giuro che non ce la facevo più, la prossima volta prendiamo la metropolitana perché io mi rifiuto di riimmettermi in quel casino anche se solo per pochi minuti!”
“Dai, dopo guido io, se vuoi. Intanto però cerchiamo di renderci presentabili, sembriamo appena scese da un gommone.” Tania cerca di sollevare il morale dell’amica ormai appiccicato all’asfalto come un adesivo.
Preso il cambio dal bagagliaio, si fondano in macchina e ne escono poco dopo completamente trasformate. Sono spariti i pantaloncini lerci di polvere e sudore e, con i pantaloni della tuta e le scarpe da ginnastica, risultano quasi decenti. Brave!
“T’immagini se passava di qua qualcuno e ci vedeva in macchina in mutande? Che ridere!”
“Patty, mi meraviglio di te! Non eri tu quella pudica?”
Il malumore è già passato ed il richiamo dello stomaco tritatutto di Patty si fa sentire prepotentemente. La capacità contenitiva dello stomachino di Pat rimane tuttora un mistero insondabile. Potrebbe essere paragonato ad un buco nero nell’universo, che attira a sé la materia interstellare per poi assorbirla rapidamente senza lasciare traccia alcuna. Per definizione scientifica “Un buco nero implode, ma non esplode”. In parole povere, tutto ciò che viene “ingurgitato” dal buco nero sparisce e non è possibile vederne gli effetti. Così è anche lo stomaco di Patty: ingurgita quantità impressionanti di materia solida e liquida che però non ricompaiono, come nel caso degli altri comuni mortali, in cuscinetti di grasso, ma.. -puff!- spariscono semplicemente. Boh… Ma torniamo alle nostre eroine!
Il quartiere di Plaka è costellato di taverne e negozietti deliziosi, ed è proprio in uno di questi che s’infila Tania, attratta dalla moltitudine di quadri colorati. In realtà le ragazze stanno cercando delle magliette da portare come Souvenir ai loro cari. La signora Antonia, la proprietaria del negozio, è molto simpatica e disponibile, ed in breve le braccia delle tre amiche si riempiono di magliette con la scritta Greece. Sibilla per prima nota la straordinaria bellezza dei quadri ad olio appesi a decine sui muri del negozio tanto che non c’è un solo spazio bianco in tutti i tre piani. Pile di tele di tutti i colori e dimensioni coprono ogni angolo del negozio. Antonia è una pittrice di estrema bravura e mostra loro con soddisfazione le sue creazioni. Sibilla osserva con interesse gli scorci di mare al tramonto, Patty sbircia tra le tele raffiguranti le onde marine, Tania rimane estasiata di fronte ai dipinti dell’Acropoli. Antonia corre su e giù per le scale per esaudire le loro richieste e compare dopo poco sommersa da tele dai colori sgargianti. La scelta è davvero tra le più ardue, essendo i quadri molto belli ed uno diverso dall’altro, ma dopo mezzora di rovistamento le tre escono dal negozio armate di rotoli contenenti i quadri scelti. Sibilla ha scelto una vista meravigliosa del mare al tramonto sull’isola di Santorini, mentre la scelta di Tania è ricaduta su un dipinto del Partenone; Patty ha invece comprato due spiagge per fare dei regali. Inoltre, come Souvenir personale, portano con sé due regali di Antonia: un ciondolo con l’occhio azzurro simbolo della dea Atena ed un cd di fotografie della Grecia. Al loro commiato Antonia, entrata ormai in intimità con le clienti, le accompagna alla porta del negozio salutandole con calore.



Ore 21,43. Nemmeno il tempo di mettere il piede fuori dal negozio e le tre vengono placcate da un distinto signore che le convince, con parole suadenti, a prendere posto ad un tavolo del suo ristorante. Tania non si lascia trarre in inganno e si informa sul menu.
“Avete il mussaka?”
Il cameriere annuisce prontamente.
“…e il baklavas?”
“Certo, abbiamo anche quello!”
Patty, ancora in cerca della sua salsina greca, si fa coraggio e, tutta soddisfatta per la risposta affermativa ricevuta, si siede giuliva al tavolo all’aperto. Il menu è davvero ricco di ogni prelibatezza, ma la loro scelta è rapida e decisa: Sibi e Tà scelgono il mussaka (pasticcio di carne, patate, melanzane e besciamella) e Patty ordina un piatto di carne condita con la sua famosa salsa introvabile.
“Care signorine…”

Il signore che le ha praticamente obbligate a fermarsi a mangiare si avvicina al loro tavolo sorridendo beato, e si presenta loro parlando di sé. Dimitri, questo è il suo nome, ha 77 anni, è greco di nascita ma ha girato letteralmente il mondo imparando ben 12 lingue ed ottenendo due lauree. Sibi, Pat e Tà guardano ammirate quest’uomo d’altri tempi che racconta loro degli aneddoti divertenti della sua vita e che parla della sua patria col cuore in mano. Ogni tanto le lascia per tornare a sedersi al suo tavolino, ma regolarmente torna da loro con qualche perla di saggezza. Si rendono conto di avere davanti un uomo davvero saggio quando lo sentono recitare con naturalezza, come se non avesse mai fatto altro in tutta la vita, qualche verso tratto dalla Divina Commedia oppure, in greco antico, i motti dei filosofi greci come Socrate e Platone. E’ un momento meraviglioso e magico e, per un momento, a Tania sembra di essere tornata indietro nel tempo, all’epoca della classicità. Dimitri è per lei la possibilità di sentirsi, anche solo per pochi minuti, nella vera Atene del passato.
E’ difficile descrivere le sensazioni provate dalle ragazze di fronte a questo nonno così colmo di sapienza e dolcezza; per chi non l’ha provato è impossibile spiegare che cosa le abbia così profondamente toccate e commosse. Forse, semplicemente, non capita più tanto spesso di ascoltare discorsi che parlino dei veri valori della vita, dell’importanza delle cose apparentemente insignificanti. Quel che è certo è che Dimitri parla come un uomo di altri tempi, avendo fatti suoi i pensieri di uomini così lontani dal nostro modo di vedere la vita.
Mentre le tre cenano ascoltando i racconti di Dimitri, passa di là Antonia che, chiuso il negozio, torna finalmente a casa, e lascia loro in dono tre rose.
“Ma può un fiore sollevare un altro fiore?” Chiede Dimitri alla donna.
Ah, che romantici questi Elleni!

Ore 23,36. Durante il tragitto verso l’hotel, chiusa la parentesi Dimitri, le tre menti geniali tornano freneticamente ad elaborare discorsi senza senso e a cercare febbrilmente di ritrovare, dopo la rotonda, la giusta via.
“Allora, sappiamo ormai che non è la prima, bensì la seconda stradina!” Sibilla fa mente locale, o almeno ci prova.
Nonostante conoscano lo stradario come le loro tasche, anzi meglio, riescono a svoltare nella via sbagliata e si trovano nuovamente a percorrere l’odiata Odos Acileos ( Via Achileos). Sibi a questo punto si spazientisce.
“Ma io dico: sabato sera abbiamo girato a vuoto per ore senza trovare la strada giusta, ieri sera, se vogliamo, è andata ancora peggio perché avremmo dovuto conoscere la strada, ma stasera stiamo superando ogni limite!”
Poi guarda le altre due e scoppia a ridere. Sorridi che la vita ti sorride!

Ore 24,00. EVVIVA!
“Miticche! Stavolta ci abbiamo messo solo mezzora! Ma quanto brave siamo?” Patty si esalta per la riuscita operazione di ritorno a “casa”. Nessuna di loro, infatti, avrebbe messo la mano sul fuoco pensando ad un rientro senza traumi.
“Oh, finalmente un bel sonno ristoratore!” Pat si getta sul letto con un triplo carpiato ed affonda nel cuscino perdendo istantaneamente i sensi.
“Beata lei!” S’incupisce la povera Sibilla. “Io devo assolutamente trovare un bagno DESERTO ED INUTILIZZATO dove potermi ambientare…”
“Vai e torna vincitrice!” Tania la saluta poco convinta della riuscita dell’ormai battezzata mission impossible.
La povera Caccofora (dal greco Caccos/kakkos = cacca, Fore/forh = portatrice) torna dopo mezzora, affranta e con il carico intatto.
“Ma perché? Io ce l’ho messa tutta! Ho finto anche di essere a casa mia, per trovare la giusta ispirazione! Mi dicevo: ecco, lì c’è il mio affezionato bidè, laggiù la mia cara lavatrice.. ma, nulla!”
E Tania, imperterrita. “Domani andrà meglio, non te la riporterai mica a Bolzano!”
BUONANOTTE, sciagurate fanciulle!